Un italiano è stato chiamato all'Ocse per rivoluzionare il sistema di tassazione internazionale. E questo potrebbe portare al "maggior cambiamento della tassazione pre le multinazionali dal 1920

«L’aliquota effettiva pagata dai grandi gruppi multinazionali è tra i 4 e gli 8,5 punti percentuali più bassa rispetto a quella versata da società comparabili che operano in un solo Paese». Raffaele Russo, l’avvocato tributarista italiano chiamato dall’Ocse - l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo - a rivoluzionare il sistema di tassazione internazionale, dice che eliminare questa differenza servirebbe a «ristabilire equità fiscale tra le imprese». Un principio che l’Ocse vuole ristabilire attraverso Beps, il piano che “The Economist” ha definito «il maggior cambiamento della tassazione per le multinazionali dal 1920». Presentato lo scorso 5 ottobre, il Beps consiste in 15 raccomandazioni che ogni Stato è invitato ad adottare. Obiettivo: abbattere la grande elusione fiscale, stimata dalla stessa Ocse tra 100 e 240 miliardi di dollari all’anno. Pari, per capirci, al Pil della Slovacchia (91 miliardi) o a quello della Finlandia (247).

Raffaele Russo, quanto si recupererebbe se tutti gli Stati membri dell’Ocse adottassero le vostre proposte?
«Probabilmente anche più di 240 miliardi di dollari. Le stime citate sono al ribasso, vista la mancanza al momento di dati che consentano un calcolo esatto. Una cosa è certa: una volta attuate le misure Beps, gli Stati vedranno un aumento significativo di gettito derivante dalla tassazione delle multinazionali che svolgono attività economiche e creano valore sul proprio territorio».

Alcuni esperti dicono che uno dei cambiamenti principali sarà ?il cosiddetto “country by country reporting”. È d’accordo?
«Pienamente. Si tratta di una tabella dove dovranno essere indicati, per ogni Paese nel quale la multinazionale opera, indicatori come il numero di dipendenti, i beni, il fatturato, l’imponibile, le imposte di cassa e di competenza».

Cosa cambia rispetto a oggi?
«Immagini un caso nel quale un gruppo ha 2.000 dipendenti ?in Italia che si occupano della produzione e della ricerca, 200 dipendenti in Francia ed in Germania che si occupano di vendite, un dipendente in una giurisdizione a sua scelta che ?si occupa dei finanziamenti intra-gruppo e protezione dei beni immateriali, e nessun dipendente in un’isola caraibica dove ?è localizzata una società del gruppo che contrattualmente assume tutti i rischi derivanti dalle attività delle altre società del gruppo e agisce come proprietaria dei beni immateriali ?del gruppo. Per farla breve, immagini che il 70 per cento dell’imponibile del gruppo venga dichiarato nell’isola caraibica. Con il country by country reporting, tutte queste informazioni dovranno essere fornite all’amministrazione fiscale del Paese nel quale si trova la capogruppo, che a sua volta le invierà alle amministrazioni fiscali degli altri Paesi interessati. Se lei fosse il Ceo di questo gruppo, si sentirebbe tranquillo? Probabilmente starebbe già effettuando delle ristrutturazioni per assicurare che l’imponibile sia dichiarato nei Paesi nei quali viene realizzato».

Il progetto Beps non prevede l’obbligo di pubblicare le informazioni contenute nel country by country reporting, ma di metterle ad esclusiva disposizione delle autorità fiscali dei singoli Paesi. Perché questa scelta?
«Innanzitutto perché questi modelli potrebbero contenere informazioni sensibili per la multinazionale. E poi perché l’obiettivo è quello di fornire alle amministrazioni fiscali uno strumento di valutazione e gestione del rischio che consenta loro di svolgere il lavoro in modo efficace ed efficiente. ?In altre parole, le informazioni fornite consentiranno alle amministrazioni di selezionare i soggetti sui quali concentrare l’attività di controllo, con il duplice effetto di lasciare tranquilli i contribuenti che non presentano un alto livello di rischio e ottimizzare l’impiego delle proprie risorse».

L’obbligo di presentare il country by country reporting varrà solo per le società con un fatturato consolidato superiore ai 750 milioni di euro all’anno, limite che secondo la stessa Ocse lascerebbe fuori dal conteggio 8-9 aziende su 10. Perché un tetto così alto?
«Perché piuttosto che inondare le amministrazioni con una quantità ingestibile d’informazioni che richiedono poi di essere elaborate, e pienamente consapevoli del costo di produzione di tali dati per le imprese, si è scelta una soluzione pragmatica. La soglia fissata escluderà circa l’85/90 per cento dei gruppi multinazionali dall’obbligo di presentare il country by country, ma allo stesso tempo i gruppi obbligati alla sua presentazione rappresentano circa il 90 per cento dei redditi societari a livello mondiale. Secondo una nostra stima non ufficiale, circa 9.000 gruppi multinazionali saranno soggetti all’obbligo del reporting. Ad ogni modo l’adeguatezza della soglia, così come la valutazione della quantità e qualità dei dati forniti, sarà oggetto di valutazione e revisione nel 2020 sulla base delle esperienze acquisite nel corso degli anni».

Nell’ultima legge di Stabilità, il governo italiano ha scelto di non inserire l’obbligo del country by country reporting. Crede sia stato un errore?
«Ogni Stato fa le sue scelte sovrane e se ne assume le conseguenze. Sulla base dell’accordo Beps, nel caso di mancata introduzione del country by country da parte di un Paese, altri possono introdurre l’obbligo di comunicazione diretta da parte di multinazionali straniere. Non introdurlo significherà quindi costringere le multinazionali italiane a fornire tali informazioni direttamente alle autorità estere, ?e senza la possibilità per il fisco italiano di ottenere tali informazioni su multinazionali straniere che operano in Italia. ?A oggi, l’introduzione del country by country reporting è stata già predisposta o è in corso di predisposizione in una serie ?di Paesi: Australia, Belgio, Cina, Danimarca, Francia, India, Irlanda, Messico, Olanda, Polonia, Sud Africa, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti, quindi parliamo di effetti molti concreti già ?a partire dall’anno prossimo. Mi pare di capire che la legge di Stabilità non sia stata ancora approvata. Vediamo che cosa succede e poi ne riparliamo. Io sono fiducioso».

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Il rebus della Chiesa - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso