E' la nuova investigazione sul commercio delle pellicce di cani e gatti in Cina realizzata dall'organizzazione internazionale per la difesa degli animali che conta migliaia di iscritti-sostenitori e circa un milione e mezzo di simpatizzanti.
Ogni anno nella superpotenza vengono uccisi 10 milioni di cani e 4 milioni di gatti. Spesso rubati ai loro legittimi proprietari, tant'è che al martirio vi giungono col collare. In Cina il commercio di pellicce e carne di gatti e cani non è illegale (in Europa sì), anche se fortunatamente la sensibilità dell'opinione pubblica sulla questione sta lentamente cambiando.

Per la prima volta la polizia nazionale intervenne in forze: "Fino a quando il governo cinese non proibirà questo commercio, per la chiusura dei mercati, ristoranti e macelli interessati si potrà far leva solo sul rispetto delle leggi in materia di bio-sicurezza e tassazione". Così è accaduto due anni fa. Così potrebbe accadere ancora oggi.
Ma torniamo all'ultima "investigazione", con annesso video, a tratti davvero cruento e insostenibile (si può vedere a questo link), e non solo per gli amanti degli animali domestici. Grazie alla collaborazione di coraggiosi attivisti locali, il team dell’organizzazione è riuscito a incunearsi in queste industrie-tabu a Jining, Foshan e Jaixing, catturando sequenze in presa diretta sull'olocausto quotidiano vissuto da queste bestioline inermi, immolate per la pelliccia e per qualche yen.
Si vedono cani con occhi grandi e lucidi, da cui scendono lacrime disperate. Forse perché intuiscono il massacro cui andranno incontro di lì a breve. Sono appena arrivati, ancora in gabbia, e vengono prelevati con le tenaglie per essere ammazzati a uno a uno. Con martellate in testa e coltellate alla gola. Nelle immagini si vede sgorgare sangue come in un film splatter. Dopo una breve o lunga agonia, è il momento del rituale primitivo dello scuoiamento.
A quel punto le pelli di cane sono pronte per essere svendute ai grossisti. Finiranno nei negozi e nei centri commerciali cinesi, "ultimo anello di una catena di commercio macabra"; e a volte anche in quelli della nostra Europa "cruelty-free" e "dog&cat friendly".
Perché è molto difficile tracciarne il flusso, in particolare per quel che riguarda gli inserti in pelle e l'accessoristica: occorrerebbe un costoso esame del dna. Basta una semplice falsa etichettatura per farla franca e bypassare le dogane, insomma. Mentre le pelli dei cani procione salpano già tranquillamente dalla Cina, con la dicitura "murasky": il loro ingresso, in occidente, non è vietato.
La videoinchiesta di Animal Equality è iscritta nella campagna globale "Senza Voce", che ha fin qui raccolto quasi seicentomila firme, consegnate pochi giorni fa all'Ambasciata della Repubblica popolare cinese di Madrid.
L'obiettivo è quello di vietare il commercio di carne e pellicce di cani e gatti in Cina, e naturalmente anche nel resto del mondo. "È importante sottolineare come il numero di attivisti e persone di nazionalità cinese che protestano contro queste atrocità cresca velocemente" spiega all'Espresso Matteo Cupi, direttore esecutivo di Animal Equality Italia. Soltanto loro possono sporgere denuncia penale o civile; la loro adesione alla causa è fondamentale. Fermo restando che "in Cina non esistono leggi che proteggono gli animali: la pressione internazionale può perciò svolgere un ruolo nevralgico per spingere il governo nazionale a porre fine a questa crudeltà”.