Il mandante era già stato condannato. Era un capo della 'ndrangheta piemontese. L'inchiesta è proseguita e ha portato all'arresto del presunto esecutore del magistrato "incorruttibile", condannato a morte dai clan calabresi negli anni '80. Il primo e unico omicidio "istituzionale" deciso dai boss fuori dalla Calabria
L'hanno incastrato con uno stratagemma degno della fiction Csi. Rocco Schirripa, uno dei presunti killer del giudice torinese Bruno Caccia, è stato arrestato trentadue anni dopo quell'esecuzione. Con il mandante, Domenico Belfiore, già condannato per l'omicidio. Il caso non è ancora chiuso.
Gli investigatori sono arrivati a Schirripa dopo avere inviato una lettera anonima ai sospettati del delitto, in allegato c'era una fotocopia di un articolo che riportava la notizia dell'uccisione del procuratore di Torino con scritto a penna il nome del presunto killer, Rocco Schirripa appunto. Quella missiva a portato i sospettati a confidarsi l'uno con l'altro.
Hanno inziaito, così, a fare supposizioni su chi di loro avesse parlato. Le intercettazioni hanno fatto il resto. Parola dopo parola, confidenza dopo confidenza hanno condotto gli inquirenti della procura antimafia di Milano, coordinata da Ilda Boccassini, con la squadra Mobile del capoluogo lombardo e di Torino sulle tracce di Schirripa, panettiere di 64 anni nella periferie torinese, imparentato tra l'altro proprio con Belfiore.
Bruno Caccia è stato ucciso il 26 giugno 1983, con 14 colpi di pistola a pochi passi da casa, in via Sommacampagna. Il procuratore Caccia guidava la procura torinese. Secondo uno dei boss era «uno con cui non si poteva parlare». Assassinato mentre portava a passeggio il suo cane da almeno due sicari che lo finirono con un colpo alla testa.
Caccia era impegnato in importanti indagini sul terrorismo perciò le prime ipotesi investigative puntavano a quell'ambito. Solo qualche tempo dopo grazie ad alcune inchieste sui clan catanesi a Torino, si è arrivati alla 'ndrangheta piemontese. Che già da tempo aveva messo radici nel territorio. I magistrati arrivarono così a Domenico Belfiore, punto di riferimento della 'ndrine del Nord.
Secondo l'accusa era lui il mandante dell'omicidio Caccia. La prima e unica volta che la 'ndrangheta ha colpito un uomo delle istituzioni fuori dalla Calabria. Proprio negli anni in cui stava crescendo enormemente. Nel periodo in cui stava prendendo forma l'impero che conosciamo oggi. Un segnale ben preciso, di potenza, di forza, di organizzazione.
Eppure, il sangue di Caccia, purtroppo, pian piano, negli anni è stato dimenticato. Così come il suo esempio. Rimuovendo la sua storia, è stata rimossa anche la presenza delle cosche in Piemonte. Dodici anni dopo l'uccisione del giudice incorruttibile, sempre la provincia di Torino emerge per questioni mafiose. Il comune di Bardonecchia verrà sciolto per 'ndrangheta, il primo del Nord Italia.
Ventotto anni dopo, invece, centinaia di arresti porteranno alla sbarra le cosche calabresi trapiantate tra Torino e la Val di Susa. È l'operazione Minotauro: un'inchiesta e un processo storici. Davanti ai giudici hanno sfilato boss, imprenditori, politici, professionisti. Da quell'indagini partirono anche le ispezioni in alcuni Comuni della cintura torinese per valutarne lo scioglimento.
«Come torinese e come magistrato che da Bruno Caccia ha imparato tutto, esprimo il ringraziamento e l'apprezzamento più convinto per l'ottimo lavoro della procura di Milano e della squadra mobile di Torino, che con pazienza e intelligenza sono riuscite ad aprire una nuova pista di indagine sull'omicidio dopo più di trent'anni», ha dichiarato Gian Carlo Caselli, ex procuratore capo di Torino, che era giudice istruttore ai tempi di Caccia. Entrambi, negli anni Settanta, si erano occupati dell'inchiesta sui capi storici delle Brigate Rosse.
«L'arresto di oggi», ha commentato Cristina Caccia, figlia del magistrato assassinato «è un tassello importante per gli sviluppi futuri dell'inchiesta. Ci auguriamo che possa far luce su tutti i risvolti rimasti oscuri di questa vicenda, a partire dagli altri mandanti».
Dall'omicidio Caccia, dunque, a Minotauro, c'è sempre lo stesso sfondo criminale che fa da cornice. Come un romanzo criminale, di cui ancora non si conosce la fine. Con molti capitoli ancora da scrivere. E i protagonisti già noti.