Doveva essere approvata con il consenso più ?largo possibile. Ora è una scelta di minoranza. ?Ma correggere gli errori è ancora possibile

Gli spagnoli votano con lo stesso sistema elettorale da 35 anni; i francesi da 50; i tedeschi da 60; gli inglesi da un paio di secoli. E comunque i principi che li ispirano affondano le radici in tempi ancora più lontani. L’Italia no, l’Italia dei mille campanili e della piccola impresa diffusa che non fa sistema ha già sfornato dodici leggi elettorali dall’Unità a oggi, e si appresta a varare la numero 13, l’Italicum firmato Renzi-Boschi, dando via via a ciascun sistema di voto finalità e caratteri diversi, perfino spericolatamente mescolati: proporzionale, maggioritario, con o senza premio di maggioranza… Perché, evidentemente, lo scopo non era darsi un regolamento di gioco duraturo e accettato da tutti, ma procurarsi un vantaggio contingente. E quando vince questo istinto, va a finire che ogni maggioranza rovesci poi ciò che ha fatto quella precedente.

Potrebbe essere il destino anche di questa legge, all’inizio scritta con Berlusconi secondo i principi del patto del Nazareno, ma ora ridotta a proposta di minoranza, visto che l’accordo non c’è più e che infuria lo scontro dentro la maggioranza e nello stesso Pd. Certo, dal momento che una legge elettorale oggi non ce l’abbiamo proprio (succede anche questo), una cattiva è meglio di nessuna, ma questo non deve impedirci di vederne i limiti. È anche vero che ci lamentiamo da anni dei parlamenti ingovernabili, dei provvedimenti che vanno e vengono dalla Camera al Senato; ma ora che questa legge e la parallela riforma del Senato si apprestano a porvi rimedio, è bene vedere come e valutarne le conseguenze.

Nonostante il can-can di questi anni, quella che verrà sarà ancora una Camera di nominati più o meno per la metà, a cominciare dai capilista bloccati. Il fatto è che Matteo Renzi, come gli altri capipartito, non vuole gruppi parlamentari rissosi, frantumati, freno alla rapida approvazione delle leggi. La minoranza Pd protesta perché teme di perdere così seggi e potere di veto, e siamo alle solite, ma il confronto di posizioni diverse è pur sempre il sale della democrazia rappresentativa, o no? E poi ci si meraviglia se cresce il partito dell’astensione.

Secondo punto, il premio di maggioranza alla lista, non più alla coalizione. Buona idea, perché rendendo inutili alleanze raccogliticce, il meccanismo spinge verso una semplificazione del sistema (e mette in grande difficoltà Berlusconi e la sua destra a pezzi); ma il 55 per cento dei seggi andrebbero a chi ha raggiunto il 40 per cento dei voti: sessant’anni fa, ma erano altri tempi, De Gasperi proponeva di premiare chi avesse ottenuto il 50 per cento dei voti più uno, e fu chiamata legge truffa. Senza contare che l’impianto bipolare è contraddetto dal fatto che, per aiutare il partitucolo di Alfano, la soglia di sbarramento è stata abbassata al 3 per cento: così si rischia un parlamento ancora più frammentato e senza una forte opposizione.

Al netto di pasticci e contraddizioni, infine, il progetto Boschi prefigura, senza dircelo, l’elezione diretta del premier, chiamato a governare con maggiori poteri appoggiandosi su un’unica Camera più divisa e vanamente bellicosa. Per questo Laura Boldrini ha parlato di “un uomo solo al comando”, e altri di “deriva autoritaria”. Non vogliamo usare queste parole che rimandano ad altre stagioni e realtà che proprio non c’entrano, né affermare che la democrazia è in pericolo, ma non si sbaglia dicendo che essa per esprimersi dovrà trovare forme diverse.

C'è ancora tempo per correzioni? Guardate un po’ come siamo combinati: bisognerebbe mettere nel conto nuovi passaggi tra Montecitorio e Palazzo Madama dove però, sciolto il patto del Nazareno, potrebbe svanire la maggioranza necessaria: effetti nefasti del bicameralismo! Ma domani, una volta approvata la riforma del Senato che lo declassa a Camera delle autonomie senza il potere della seconda lettura delle leggi, questa possibile àncora di salvezza non ci sarebbe nemmeno più. Ecco perché forse sarebbe meglio migliorare qualcosa adesso senza smentire l’impianto di fondo: una legge elettorale si fa per dare un governo stabile al paese, non per offrire nuovi spazi di democrazia. Questa piuttosto si manifesterebbe qualora si mostrasse più disponibilità che il viso dell’arme. Per varare una legge destinata a durare un po’ di più.

Twitter @bmanfellotto