Il mercato del lavoro, con i padri, non ha nessun problema, anzi. Il 91,5% è occupato, contro il 77,8% degli uomini senza figli. Per le madri è il contrario: il tasso di occupazione delle donne senza figli è del 68,9%, con figli scende al 62,3%. Il divario occupazionale tra padri e madri è di quasi 29 punti percentuali. È la child penalty, la penalizzazione economica e lavorativa che le donne subiscono dopo la nascita di un figlio.

Il dato è contenuto nel rapporto “Le Equilibriste, la maternità in Italia” di Save the Children, che racconta tutte le acrobazie, tra rinunce e compromessi, cui sono costrette le donne che scelgono di diventare mamme in Italia. "La scarsità di servizi per l’infanzia nella mia zona e i loro costi elevati mi hanno costretta a licenziarmi per potermi occupare di mio figlio", spiega Isabella, una delle protagoniste del video di presentazione del rapporto. Come lei, il 20% delle donne smette di lavorare dopo la maternità. Le cause riportate sono l’assenza di servizi, le scelte del datore di lavoro e la iniqua condivisione dei compiti di cura all’interno del nucleo familiare.
Dal report emergono anche forti disparità territoriali. Al Nord il tasso di occupazione delle madri con figli minori è del 74,2%, al Sud precipita al 44,3%. L’Indice delle Madri, elaborato dall’Istat per Save the Children, stila una classifica delle Regioni italiane dove per le mamme è più facile vivere. Al primo posto la Provincia autonoma di Bolzano, seguita dall’Emilia-Romagna e la Toscana. Calabria, Puglia, Campania e Basilicata si confermano agli ultimi posti dell’Indice generale, senza variazioni rilevanti rispetto allo scorso anno.
"L’Indice fotografa ancora una situazione frammentata e fragile del nostro Paese che non riesce a garantire il benessere per le donne che diventano madri", commenta Antonella Inverno, Responsabile Ricerca e Analisi Dati di Save the Children Italia. "Tra loro", prosegue, "le madri sole con figli minorenni devono superare gli ostacoli maggiori, con divari di reddito e di condizioni abitative rispetto ai padri molto ampi, su cui è necessario intervenire per evitare che queste mamme e i loro bambini sprofondino in una situazione di povertà dalla quale è difficile riemergere".

Il rapporto le chiama le “equilibriste tra le equilibriste” e sono una delle tipologie familiari più esposte al rischio di povertà. Le madri single con figli minori percepiscono in media 26.822 euro l’anno, a fronte dei 35.383 euro dei padri nella stessa condizione. Una madre sola su tre vive in affitto, mentre solo il 53,2% possiede un’abitazione.
Tra le soluzioni politiche invocate da Antonella Inverno c’è il rispetto dell’obiettivo europeo di garantire, entro il 2030, al 45 per cento della popolazione tra 0 e 3 anni un posto all'asilo nido. "Chiediamo", aggiunge, "un congedo di paternità equiparato a quello di maternità per ricalibrare i carichi di cura all’interno della famiglia". Misure simili sono state individuate come cruciali in molti Paesi per provare a invertire la tendenza sulla bassa natalità. In Svezia, il congedo parentale dura 480 giorni (in coppia, 240 giorni ciascuno), di cui almeno 90 non trasferibili. In Norvegia, sono 15 le settimane riservate obbligatoriamente ai padri, così da neutralizzare il vantaggio occupazionale degli uomini. Secondo una stima del Think-Tank Tortuga, una riduzione del 30% dei costi per l’infanzia a carico delle famiglie porterebbe a una riduzione della child penalty e incentiverebbe il lavoro a tempo pieno per le madri.
Nel 2024, l’Italia ha toccato un nuovo minimo storico, con appena 370.000 nuovi nati, segnando un calo del 2,6% rispetto al 2023. L’età media delle madri al momento del parto è salita a 32,6 anni, mentre il tasso di fecondità totale è sceso a 1,18 figli per donna, un dato persino inferiore al precedente record negativo di 1,19 registrato nel 1995. Per le equilibriste, la fune è sempre più logora, serve una rete di sicurezza.