Siamo tornati nel quartiere catanese a luci rosse dove si organizzano visite guidate fra trans e prostitute. Con tanto di set fotografici. Ma gli organizzatori sottolineano: "Vogliamo solo rivalutare la zona. E apriremo anche il Museo dell'amore. Con la partecipazione degli abitanti"

Gli unici accenni di una primavera che ha tardato ad arrivare, nel quartiere di San Berillo di Catania, sono le “erbe folli” verdissime che fioriscono di giallo tra le rovine. Sui balconi pericolanti e i tetti diroccati di antichi palazzi abbandonati nel cuore del centro storico, dalle cui finestre ormai si intravedono solo le nuvole. A distanza di tre mesi siamo tornati a San Berillo, stavolta su invito della PanVision, l’associazione che organizza il CataniaSegreta Tour, ovvero il giro turistico guidato del quartiere a luci rosse di cui ci eravamo occupati segnalando alcune perplessità mosse da quanto scritto sul sito promozionale dell’iniziativa e dall’indignazione del regista catanese Edoardo Morabito, autore del documentario “I fantasmi di San Berillo”, vincitore lo scorso anno del Torino Film Festival.
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Durante la visita, San Berillo ci mostra nuovamente tutta la sua anima viscerale, la sua storia dolente e le sue struggenti contraddizioni. Le porte murate con mattoni e cemento, vecchi appartamenti vuoti un tempo sede di case d’appuntamento frequentatissime, strade maleodoranti e stabili fatiscenti, ma anche qualche palazzo ristrutturato, qualche installazione d’arte ed un museo che diventerà residenza per artisti, la casa natia della scrittrice catanese Goliarda Sapienza, autrice de “L’arte della gioia”.

La sua storia viene raccontata ai visitatori durante una delle tappe del tour, le pagine dei suoi libri lette ad alta voce insieme a quelle di Enzo Bianchi, Amira Al Amoudi e Francesco Grasso, conosciuto nel quartiere con il nome di Franchina, autore del libro “Dietro la porta”. Barbara, guida turistica volontaria, ripercorre la storia di San Berillo, mentre Maurizio “Wonder” racconta aneddoti della sua vita di travestito e abitudini del quartiere, come quelle sedie per strada che segnalano la presenza di un cliente in casa se non sono occupate dalle “signore”. Ci sono anche loro, naturalmente. Perché non fa differenza se è sera o mattina, per loro è sempre orario di lavoro. E non sono affatto contente di questa piccola carovana di estranei che si aggira davanti le loro case.
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Manifestano il loro fastidio, si urlano a vicenda di chiudersi dentro per non farsi vedere. Il cortocircuito è evidente e Gaetano Russo Truglio, presidente della PanVision, prova a spiegarci il senso di questa iniziativa. «Gli obiettivi sono tre: realizzare una diversa fruizione del quartiere tramite questi tour culturali scanditi da momenti letterari, storici e di riflessione comune; riscattare la zona tramite l’arte, con interventi artistici che abbelliscano il quartiere: il primo sarà dedicato al dialogo interreligioso e realizzato insieme all’università, il comune, la curia e la moschea di Catania; coinvolgere gli abitanti di San Berillo, in particolare prostitute e travestiti, offrendo loro un’alternativa alla prostituzione, ad esempio quella di accompagnare i tour come fa Maurizio».

Sul sito promozionale del tour per prenotare la visita è richiesto il tesseramento obbligatorio all’associazione con il versamento di un contributo di 10 euro a persona. «Il contributo lo abbiamo abbassato a 5 euro per incentivare la partecipazione e il cinquanta per cento va direttamente a Maurizio per il suo lavoro di guida. È un contributo piccolo ma reale che potrebbe aumentare se riuscissimo ad incrementare i tour e vorremmo con il tempo coinvolgere anche altri abitanti, per aiutarli a guadagnare in modo più pulito, al riparo da freddo, violenze e condizioni igienico-sanitarie inesistenti. Senza dietrologie, strumentalizzazioni o, peggio, idee di sfruttamento».
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In questi mesi, dopo l’uscita del nostro primo articolo, il sito del Cataniasegreta Tour è stato modificato in alcune delle parti che suscitavano le maggiori perplessità sull’iniziativa.

«Il sito è stato ingenuamente messo online nonostante fosse solo una bozza, così le nostre intenzioni sono state travisate e in tanti ci hanno voltato le spalle. Per questo lo abbiamo cambiato, migliorato ed è ancora in lavorazione. Non vogliamo esporre trans e prostitute alla mercé delle opinioni e dei sorrisi della gente, vorremmo invece che la gente fosse attratta da San Berillo per fare una riflessione su cosa c’era, cosa c’è e cosa ci potrebbe essere. E poi quale sarebbe la strumentalizzazione? Non è forse più strumentale usare le loro vite per fare film o documentari?»

A questo proposito, nonostante la reiterata raccomandazione di non fotografare gli abitanti che non amano essere oggetto di attenzione, l’associazione offre però supporto logistico a pagamento a chiunque voglia organizzare set fotografici nel quartiere. «Anche l’iniziativa degli shooting fotografici al momento è stata sospesa – precisa il presidente della PanVision – pensavamo che Maurizio e gli altri suoi colleghi potessero fare da “cuscinetto” per un accostamento soft al territorio evitando ulteriori sfruttamenti di queste persone e garantendo loro una tutela effettiva, ma abbiamo capito che i tempi non sono maturi per il quartiere e non solo». Il fatto di coinvolgere gli abitanti di San Berillo direttamente nel tour, come nel caso di Maurizio, continua tuttavia a legarli a quel passato che sacrifica la loro dignità di persone invece di aiutarli a venirne fuori, magari provando ad inserirli in attività lavorative esterne alla vita di quartiere, anche ai fini di una più effettiva integrazione, piuttosto che invitando la gente a vedere il degrado in cui hanno vissuto e alcuni ancora vivono.

«La questione è oggetto di dibattito interno all’associazione e stiamo valutando possibili soluzioni. Un’idea cui stiamo pensando è quella di realizzare un museo dell’amore per l’educazione ai sentimenti, stiamo costituendo un gruppo di studio per la ricerca delle immagini al fine di realizzare una galleria interattiva e vorremmo coinvolgere gli abitanti nella gestione del museo e nel coordinamento delle attività».

Maurizio “Wonder” fa cenno di sì con la testa. Approva l’idea ed è convinto che con il tempo l’iniziativa potrà portare i suoi risultati. Lui non abita a San Berillo, non ci ha mai abitato ma ci ha lavorato per una vita intera. Almeno fino a quando, cinque mesi fa, già prima di iniziare a collaborare con la PanVision, ha deciso di non prostituirsi più.

«Credo in questo progetto – dice – perché prendere freddo per strada, botte ed insulti non è piacevole. Ben venga la possibilità di non essere più toccato da nessuno. Non ho alcuna difficoltà o fastidio a raccontare la mia storia, anzi è una liberazione per me e per la mia anima. Ho chiesto anche ad altri che lavorano nel quartiere di unirsi al progetto, di partecipare ai tour con me, ma non hanno voluto. E noi li rispettiamo, infatti cerchiamo di non dare fastidio durante il tour mentre lavorano. Anche io, al loro posto, mi arrabbierei. Ma io non ci voglio morire qui, dentro queste quattro mura, loro forse sì. Comunque “Roma non si è fatta in un giorno”. Questo è solo un inizio, speriamo arrivino progetti più affascinanti che possano portare un miglioramento nelle nostre vite».

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