C'era una storiella che Claudio Rinaldi amava ripetere con orgoglio. Primi mesi del 1990: Silvio Berlusconi è appena divenuto patron della Mondadori (fraudolentemente, come avrebbe appurato in seguito la magistratura) e lo accoglie a braccia aperte nel suo studio di Segrate. Rinaldi è direttore di "Panorama" e non vede di buon occhio la concentrazione di potere che l'imprenditore milanese sta assumendo. Berlusconi lo sa e a un certo punto, pensando si tratti di una questione prettamente economica, per mettere fine alla discussione mette il libretto degli assegni sul tavolo: «Claudio, scrivi tu la cifra che vuoi per rimanere».
Il resto è storia nota: Rinaldi non accettò e dopo un anno divenne direttore dell'Espresso, al cui timone rimase fino al 1999. Attraversando la crisi della Prima Repubblica, l'effimera stagione di Mani pulite e - ironia del destino - il successo politico di quel Berlusconi del quale, in tempi non sospetti, fu tra i primi a comprendere la "pericolosità" morale e culturale prima ancora che democratica.
Il giornalista del "gran rifiuto" se n'è andato a 61 anni nell'estate del 2007. Per ricordare la sua lezione nei mesi scorsi, su impulso della moglie Loredana, i suoi più stretti compagni di strada hanno dato vita all'associazione Claudio Rinaldi onlus. A questo "giornalista combattente" (copyright Massimo Mucchetti, altra firma storica dell'Espresso) sarà dedicato un premio rivolto agli studenti delle scuole di giornalismo: il lavoro migliore - avente come oggetto temi di impegno civile - diverrà poi un libro, pubblicato dalla Feltrinelli.
L'intento è di realizzare un concorso simile anche per gli studenti delle medie e delle superiori, chiamati a interrogarsi sulla sfida di "Crescere cittadini". Ma per loro ci saranno pure una serie di incontri, pensati per fornire ai più giovani gli strumenti per una lettura critica dei mass media e stimolare lo spirito critico. Un compito ineludibile ma quanto mai difficile nell'era del web e dell'informazione in tempo reale, spesso non mediata né meditata. Del resto, come ha riconosciuto il presidente del Senato Piero Grasso intervenendo alla presentazione dell'attività della onlus a Palazzo Madama, "una informazione corretta è il presupposto indispensabile per una partecipazione consapevole alla vita democratica del Paese".
Tanti rivoli, insomma, per mettere a frutto il lascito di Rinaldi, in cui l'aspetto professionale ha sempre avuto una forte connotazione civile e morale, come ha ricordato Bruno Manfellotto. A testimonianza di un mestiere - quello del giornalista - che ambisce a porsi come coscienza di un Paese anche quando il fiume sembra scorrere in tutt'altra direzione. E anche se questo vuol dire rinunciare a un assegno in bianco.