Oggi i discendenti degli dei vivrebbero qui in Riviera... si legge sfogliando un giornale nella hall. Il paragone con l’Olimpo è azzardato ma rende l’idea del tipo di persone che frequentano l’Astir Palace Resort, albergo cinque stelle sul mare a sud di Atene. Sono loro i nuovi Zeus, Apollo e Poseidone: ricchi (arabi, russi, statunitensi ma anche molti greci) che alla faccia della crisi vivono in un mondo dorato, dal quale le gesta di Tsipras, Merkel e compagnia paiono l’eco di conflitti lontani.
«Siamo a venti minuti da Atene e pare di essere su un’isola dell’Egeo», esordisce Lefteris Varelis, manager dell’hotel. «Ecco perché molti uomini facoltosi della capitale scelgono l’Astir Palace come residenza estiva. Certo, il referendum ha avuto un effetto psicologico negativo, alcuni clienti stranieri hanno rinunciato. Eppure qui da noi la crisi non si sente». Poi aggiunge: «Si ricordi una cosa, noi greci amiamo troppo la bella vita. Magari non acquistiamo una casa e non mettiamo i risparmi in banca, ma i soldi per uscire la sera li troviamo sempre».
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Gli dei dell’Olimpo però li riconosci. Pranzano da Nobu, girano in Porsche e fanno il bagno all’Astir Beach, 25 euro l’ingresso. Nella crisi di oggi è questa l’Atene che non piange, perché i soldi li ha e continua a spenderli. Una borghesia ricca che vive nei quartieri di Glyfada, Ekali o Vouliagmeni, frequenta spiagge riservate e la sera cena sulla terrazza dell’Island.
Il luogo dove i vip greci arrivano per osservare e per essere osservati», spiega Chrysanthos Panas, 46 anni, villa a Vouliagmeni e studi all’American College of Greece. Chrysanthos ha ragione, anche se c’è un leggero conflitto di interesse: è lui, insieme al fratello (la società è la Panas Group), il padrone della discoteca più “in” di Atene. «Meryl Streep ha fatto qui il suo party», continua, «e Valentino viene ogni anno a trovarmi. È stato lui, quattro anni fa, a suggerirmi di usare il termine Riviera per indicare la splendida costa a sud di Atene. Ho anche registrato il marchio ma non voglio farci i soldi, il mio interesse è promuovere la zona».
L’imprenditore siede al bancone di un’altra sua creazione, il City Bar, caffé-enoteca a due passi da piazza Syntagma: «Da un anno a questa parte chi ha i soldi tiene un profilo basso anche se quello che sta succedendo può rappresentare un’opportunità, l’inizio di una nuova era, in Grecia. Le tasse devono pagarle tutti, il settore pubblico deve cambiare e soprattutto devono cambiare i greci, troppo individualisti. Dobbiamo imparare a lavorare in team».
Il City Bar è al centro di un nuovo distretto del lusso, il City Link, progetto alimentato nei mesi scorsi dalla Panas Group grazie al capitale della Piraeus Bank: gioiellerie, boutiques, ristoranti di qualità, cinema e teatri (la chiamano la nuova “Broadway di Atene”), il tutto non distante da Voukourestiou Street (la via Montenapoleone greca) e dal quartiere bene di Kolonaki. Dove avvocati, attori, banchieri e uomini d’affari al termine del lavoro si danno appuntamento all’Holmes Place Spa, la più esclusiva palestra di Atene, tremila metri quadrati di sale attrezzate, saune e piscine.
«In questo periodo» spiega Dimitris Papadimitriou, il giovane club manager, «l’attività fisica serve ai greci anche come antistress, è una medicina. Anche se sei disoccupato. In fondo il nostro pacchetto minimo costa cinque euro al giorno, meno di due caffè». Sono in tanti quelli che cinque euro al giorno non possono permetterseli ma nell’Atene di oggi la corsa alla dolce vita locale sembra non essersi fermata. Anzi: è come se molti greci provassero quasi gusto, la sera, a sbeffeggiare la crisi danzando fino tardi.
«E cosa devono fare? Restare chiusi in casa?», attacca la giovane barista dell’Ark, bar sul mare con divani bianchi in pelle e stampe italiane alle pareti, dove un cocktail arriva a costare quindici euro: «Qui noi la crisi non la sentiamo. Per i nostri clienti non è cambiato nulla». L’Ark è uno dei tanti locali su viale Poseidonos, venti chilometri di lungomare che guarda le isole di Salamnia ed Egina, pieni di caffè, discoteche e marine di lusso. Il sabato sera viale Poseidonos è una lunga colonna di auto dirette in centro o nei club di Glyfada e Vouliagmeni. Ma il ritrovo preferito dell’alta borghesia di Glyfada è il Golf Club, un 18 buche da sogno.
Da sempre i greci abbienti hanno costruito ville e seconde case sulle colline di Kifissia, a nord della città. Ancora oggi questo distretto è uno dei più ricchi, con negozi frequentati dall’alta borghesia. Come Manolo, atelier di moda gestito da Konstantinos Manolopoulos. Interni chiari, linee morbide, pochi vestiti costosissimi appesi a due stand. «Sentiamo la crisi, la clientela è diminuita», ammette Konstantinos, «anche se quelli che vengono continuano a spendere». Kifissia è un quartiere vivo, dinamico, con gallerie d’arte, musei e bistrot come il Buba, in stile tailandese, o il più sofisticato Bellini.
Seduto al tavolo c’è Ciro Foggia, designer di barche mezzo greco e mezzo italiano che non usa mezzi termini per descrivere la sua visione pessimistica: «La Grecia sta diventando come il Brasile, con una classe sociale di ultra ricchi e una, vastissima, di gente sempre più povera. Chi ha i soldi li sta portando via, e chi ha attività le sposta a Cipro, a Malta o addirittura in Bulgaria. Qui resteranno solo pensionati e impiegati statali».
Fra i ristoranti migliori c’è sicuramente Il Salumaio (ispirato a quello di via Montenapoleone), dal quale sta uscendo l’elegante Niccolò Benvenuti, armatore che vive tra Montecarlo e Amburgo. «Tsipras? Qui non lo vuole nessuno». Non la pensa così la proprietaria del ristorante, Evanthia Dimou: «Non l’ho fatto prima, ma se Tsipras andrà alle elezioni con una coalizione senza l’estrema sinistra, lo voterò. Può diventare il nuovo George Papandreou, ma migliore. È tempo di cambiamenti, di lavorare per una Grecia nuova, lo dobbiamo ai nostri figli».
Evanthia è contenta, in tempo di crisi Il Salumaio ha fatto più dieci per cento, ma è al tempo stesso realista. Ha quattro figli con situazioni lavorative precarie, e sa che quello che vede a Kifissia non è la vera Grecia: «È come se fossimo nella terza guerra mondiale, senza morti né sangue, ma in guerra. E in guerra i nodi vengono al pettine. Due in particolare: quello del settore pubblico, che lavora poco e male, e quello dei ricchissimi, che non pagano le tasse e portano i soldi all’estero».
I loro soldi saranno pure all’estero ma i ricchi (soprattutto armatori) ci sono, e molti vivono a Ekali, vera Beverly Hills di Atene, un quartiere residenziale asettico senza negozi né semafori (solo rotonde), dove alte aiuole isolano dal mondo le ville e il circolo più esclusivo della città, l’Ecali Club. È fra queste colline che sorge uno degli alberghi più raffinati di Atene, il Life Gallery, con un design interno curato dalla proprietaria, l’imprenditrice e collezionista d’arte Gina Marmidakis che vuole ricordare il suo ultimo progetto, LoveGreece. Sorto due anni fa, LoveGreece (www.lovegreece.com) è nato per promuovere l’immagine del Paese all’estero grazie ai suoi talenti: ricercatori, artisti, intellettuali, musicisti. E se avesse ragione lei? Se la rinascita della Grecia passasse di qui?