I nuovi manager della compagnia dell'Eni annunciano 8.800 licenziamenti: "Colpa del petrolio", dicono. Ma documenti giudiziari e bilanci mostrano che la crisi dipende anche da alcuni contratti. I cui guadagni sono stati gonfiati, permettendo ai manager di incassare bonus da record. E facendo perdere milioni ai piccoli azionisti  

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Non c'è solo il crollo del prezzo del petrolio ad aver mandato in crisi la Saipem, una delle aziende più grandi e strategiche d'Italia, che ha appena annunciato il licenziamento di quasi un dipendente su cinque. Analizzando i bilanci degli ultimi anni e alcuni documenti giudiziari, “l'Espresso” in edicola da venerdì 14 agosto e già online su Espresso+, ha ricostruito gli altri motivi che hanno fatto esplodere perdite e debiti del gioiello industriale italiano, per il cui salvataggio ora si ipotizza l'ingresso diretto dello Stato.   

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Nata come costola dell'Eni ai tempi di Enrico Mattei, la Saipem negli anni ha costruito in giro per il mondo decine di raffinerie, impianti petrolchimici, oleodotti e gasdotti. Una capacità tecnologica così sviluppata che, secondo alcuni osservatori, anche la Russia di Vladimir Putin ci ha messo gli occhi addosso ora che l'azienda è in difficoltà. I problemi dipendono dal calo del greggio, ripetono da tempo i vertici del gruppo. Ma è una verità parziale.

I conti economici dimostrano che la crisi è iniziata ben prima del crollo del petrolio, e le cause sono da ricercare in alcune commesse i cui margini di guadagno sono stati gonfiati dagli stessi manager: “l'Espresso” ne dà conto rivelando alcuni particolari inediti, come i margini di guadagno gonfiati per 200 milioni di euro in un grande appalto da realizzare in Kuwait. L'inchiesta racconta di come la multinazionale italiana sia passata da guadagnare a perdere centinaia di milioni di euro nel giro di un solo anno, dal 2012 al 2013, dopo che i magistrati della Procura di Milano hanno ipotizzato il pagamento di tangenti per alcuni lavori da svolgere in Algeria. Un buco che si è aperto e che da allora non ha fatto che allargarsi. A pagare di più finora sono stati gli azionisti della Saipem, che per questo hanno fatto causa all'azienda, ma non i manager che allora la guidavano. Anzi: proprio grazie alla crescita straordinaria dei margini di guadagno, loro hanno incassato bonus da record.

Per il colosso ingegneristico italiano i guai potrebbero non essere finiti qui. La società continua ad essere monitorata dalla Consob. La Procura di Milano ha aperto un’inchiesta contro ignoti per insider trading e aggiotaggio. La magistratura brasiliana sta controllando alcuni contratti firmati con la Petrobras. E le svalutazioni potrebbero proseguire, visto che il gruppo a fine luglio ha detto di aver in bilancio ancora 800 milioni di euro di “pending revenues”, cioè ricavi che non sa se riuscirà ad incassare.

L'inchiesta integrale sull'Espresso in edicola da venerdì 14 agosto e online su Espresso+