'Milite Ignoto-quindicidiciotto' con Mario Perrotta è una raccolta di piccole storie di singoli uomini che hanno vissuto quei tragici eventi per gettare altra luce sulla grande storia.
Dal web ai libri e al teatro, allo spettacolo di Mario Perrotta in scena giovedì 17 a Roma, all’Argentina. È questo il percorso transmediale di un patrimonio unico, gelosamente conservato in un piccolo paese dell’aretino. Stiamo parlando dei trecento e passa diari, memorie, epistolari che raccontano la prima guerra mondiale e che fanno parte dell’
Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano.
Un patrimonio unico perché consente di rivivere, quasi in prima persona, i terribili anni in cui milioni di uomini vennero uccisi. L’Archivio, il settimanale l’Espresso e i quotidiani locali del gruppo editoriale hanno fatto, due anni fa, la prima mossa. Hanno passato al setaccio migliaia di pagine e ne hanno ricavato, dopo mesi di lavoro, un database molto particolare intitolato
“La Grande Guerra, i diari raccontano”. Sono più di mille brani estratti dai diari e catalogati, spiegati, collocati su una grande mappa, collegati alle biografie degli autori. Un modo mai sperimentato prima per viaggiare nei luoghi delle battaglie insieme ai soldati e alle loro emozioni.
Dai “Diari raccontano”, com’era prevedibile che fosse, l’Espresso ha tratto quattro libri dal titolo comune,
“Cronache dal fronte” che costituiscono anche loro un prodotto unico. In ciascun libro, uno per ogni anno della guerra italiana, c’è un ulteriore selezione di lettere e diari presentati in ordine cronologico, giorno per giorno, in modo da consentire al lettore un percorso temporale che riserva grandi emozioni. I libri sono usciti a giugno, allegati al settimanale.
Da tutto questo e da un altro prezioso libro che attinge alle stesse fonti,
“Avanti sempre” di Nicola Maranesi, un attore molto bravo e sensibile,
Mario Perrotta, ha fatto nascere uno spettacolo teatrale, Milite Ignoto, che in poco più di un’ora regala un pacchetto di emozioni e conoscenze che restano dentro.
Perrotta, in una serata organizzata dalla presidenza del Consiglio dei ministri, sarà sul palco del Teatro Argentina giovedì 17 settembre in una sorta di anteprima del
premio Pieve, l’annuale festival della memoria organizzato dall’Archivio dei diari, che inizia il giorno dopo nella cittadina toscana. Poi,
a dicembre, le repliche.
“Milite ignoto” è una storia delle storie. Un unico, immaginario soldato che riassume tutti i soldati, come, appunto, il milite ignoto. “Ho scelto questo titolo”, spiega Perrotta, “perché la prima guerra mondiale fu l'ultimo evento bellico dove il milite ebbe ancora un qualche valore anche nel suo agire solitario, mentre da quel conflitto in poi - anzi, già negli ultimi sviluppi dello stesso - il milite divenne, appunto, ignoto. E per ignoto ho voluto intendere "dimenticato": dimenticato in quanto essere umano che ha, appunto, un nome e un cognome. E una faccia, e una voce”.
Perrotta fa iniziare il viaggio del suo milite nell’inferno della guerra nel momento in cui il soldato salta giù dal treno che lo ha portato al fronte. La sua vita da combattente inizia in quel momento e si sente, da subito, proiettato da un’altra parte, in un mondo che non è suo, di cui fa fatica a cogliere i nessi logici e dove si sente nella parte del burattino.
Ad ascoltare le prime parole di Perrotta in scena potrebbe sembrare che il soldato venga dalla Sicilia. Poi si colgono le sue inflessioni napoletane, gli scappa una parola in milanese, una vocale strascicata potrebbe far pensare a un romano. Ma non è niente di tutto questo perché Perrotta, con “Milite Ignoto”, ha messo in cantiere e realizzato un progetto del tutto originale.
È partito dalla semplice considerazione che le trincee della Grande Guerra misero accanto, per la prima volta, siciliani e milanesi, baresi e fiorentini, genovesi e abruzzesi. E che, proprio per questo, costituirono una sorta di acceleratore dell’unità nazionale e della condivisione di una lingua comune. Questa lingua Perrotta è andato a cercarla con passione e puntiglio e l’ha donata al “Milite ignoto” che parla una lingua tutta sua, un dialetto dei dialetti che tutti capiamo. L’effetto è immediato perché senza dircelo, ma con il solo fatto di usare questa lingua, Perrotta ci trasmette una serie di messaggi che vanno oltre il significato delle singole parole. L’impatto linguistico è così forte e diretto che la lingua sembra diventare quasi la trama del monologo. Ci dice dei lunghi viaggi in tradotta dalla casa al fronte. Della difficoltà di capirsi con chi comanda. Dell’immediata condivisione dei gesti di chi, da un’altra parte d’Italia, vive come te. Delle vite che, di fronte alla morte, diventano tutte uguali.