Banca Popolare di Vicenza, quel buco da un miliardo e i controllori distratti

Sindaci, revisori, Bankitalia: nessuno ha segnalato per tempo i guai della banca guidata da Gianni Zonin, ora travolta da un'inchiesta della magistratura. Tra prestiti irregolari, garanzie fasulle e soldi nei paradisi fiscali

Adesso che Vicenza ha fatto il botto, ora che Guardia di Finanza e Procura della Repubblica hanno finalmente deciso di scoperchiare il pentolone maleodorante dei bilanci della Popolare presieduta da Gianni Zonin, tocca alla giustizia penale individuare colpe e colpevoli dell'ennesimo scandalo bancario all'italiana. Uno scandalo annunciato, perché tutto, o quasi, era già chiaro da mesi, addirittura da anni. Perché si sapeva da tempo che nella città del Palladio gli acquisti di azioni da parte dei soci venivano finanziati dalla stessa Popolare. Era noto che la concessione di fidi e mutui era spesso condizionata all'investimento in titoli dell'istituto cooperativo.

L'Espresso ne aveva scritto fin dal dicembre del 2013 con un articolo dal titolo “C'è trambusto a Nordest”. Ed era quantomeno sospetto che una banca come la Popolare di Vicenza, che non è quotata in Borsa, fosse riuscita a raddoppiare il numero dei propri soci, da 60 mila a 116 mila, proprio tra il 2008 e il 2014, nel pieno di una terribile recessione. Tutti in fila a comprare azioni. Certo, ma con la droga dei prestiti facili, addirittura 950 milioni, pari a un quarto del capitale della banca come è emerso dall'ultima relazione semestrale, quella presentata un mese fa dal nuovo amministratore delegato Francesco Iorio, il manager nominato a maggio al posto di Samuele Sorato, che insieme al presidente Zonin e ad altri quattro tra amministratori e dirigenti ora si ritrova indagato dalla procura vicentina.

Le norme contabili prescrivono che quei 950 milioni avrebbero dovuto essere sottratti al patrimonio della banca. Impossibile, ovviamente, perché il provvedimento avrebbe aperto una voragine nei conti. E invece, tra il 2013 e il 2014, la banca di Zonin aveva lanciato ben due aumenti di capitale raccogliendo quasi 2 miliardi proprio con l'obiettivo di puntellare un bilancio sempre più pericolante. I buchi sono emersi solo pochi mesi fa, a primavera, quando la Popolare ha presentato un bilancio affossato da quasi un miliardo di perdite. Per fare chiarezza, però, è stato necessario l'intervento della Vigilanza europea, quella Bce di Francoforte, perché gli ispettori di Banca d'Italia, che a partire dal 2008 avevano più volte fatto visita all'istituto vicentino, avevano sempre concluso le loro verifiche con rilievi marginali, un buffetto o poco più.

Nel frattempo decine di migliaia di risparmiatori, molti di loro grazie ai soldi prestati dalla banca stessa, erano diventati soci della Popolare. Alcuni di loro, come ha rivelato l'Espresso in un inchiesta della settimana scorsa, avevano addirittura ricevuto delle garanzie scritte da parte della banca, che si impegnava a ricomprare quegli stessi titoli.

Non è ancora finita, perché nei prossimi mesi la Popolare di Vicenza dovrà chiedere ancora soldi ai suoi azionisti, con un nuovo aumento di capitale da 1,5 miliardi. Intanto, si spera, le indagini avranno fatto un po' chiarezza sulle manovre sospette del recente passato. Manovre che hanno portato centinaia di milioni di euro, per la precisione 450 milioni, nelle casse di fondi d'investimento ad alto rischio con base in Lussemburgo e a Malta. Queste operazioni, rivelate da un'inchiesta de “l'Espresso” nel giugno scorso, risalgono al 2012 e al 2013, ma non erano mai state segnalate a bilancio. Tutto regolare, secondo i sindaci e i revisori. E perfino per la Banca d'Italia.

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