Ecco quali sono i punti di forza e le limitazioni della bozza di legge sulla protezione dei whistleblower appena approvata dalla Camera dei deputati

Un salto culturale. La proposta di legge approvata la settimana scorsa dalla Camera per la protezione dei whistleblower non si può non definire una conquista culturale per un paese dove, storicamente, dilaga l'omertà che è una delle radici dei tanti mali italiani: dalla corruzione alla mafia. Un paese in cui, cosa interessante e rivelatoria, non esiste neppure un termine che traduca in modo soddisfacente il concetto.

Il “whistleblower” è un individuo che, facendo parte di un'organizzazione o lavorando per un'azienda e scoprendo che questa fa qualcosa di sporco, di profondamente contrario alle regole della legalità o comunque della civiltà, fa scattare l'allarme, denunciando, pur sapendo di rischiare una devastante rappresaglia. Il termine include di tutto: dall'impiegato del piccolo municipio che viene a sapere di abusi e corruzioni che ruotano intorno al piano regolatore e cerca di denunciarle, al manager della grande azienda privata o di stato che rivela come l'impresa si faccia largo nel mondo degli appalti milionari a suon di stecche, dal semplice bancario che denuncia ordinarie storie di usura all'analista dell'intelligence Chelsea Manning, che ha passato a WikiLeaks centinaia di migliaia di documenti segreti sul vero volto delle guerre in Afghanistan e in Iraq, o al contractor Edward Snowden, che ha rivelato i piani di sorveglianza di massa della più potente e tecnologicamente avanzata agenzia d'intelligence del mondo: la Nsa.

Con la proposta di legge appena approvata dalla Camera, grazie al lavoro del Movimento Cinque Stelle - e, in particolare della deputata Francesca Businarolo, che tanto ha creduto in questo progetto, il whistleblowing avrà una piena legittimazione sociale anche in Italia, se anche il Senato approverà il provvedimento, che diventerà quindi una legge dello Stato. E allora è importante capire punti di forza e limiti del testo.

RIVOLUZIONE CULTURALE

La conquista più importante è di carattere culturale. Con questa proposta di legge il whistleblower non è più un delatore, una “talpa”, come si dice usando un termine dalla connotazione sinistra che fa riferimento al mondo delle spie e della criminalità organizzata. E' un individuo che agisce “in buona fede”, “nell'interesse dell'integrità della pubblica amministrazione” e quindi della collettività. Pertanto merita una tutela sociale, tant'è vero che il provvedimento approvato dalla Camera stabilisce che «non può essere sanzionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione».

A proteggere il whistleblower da ritorsioni è l'Anac, l'Autorità nazionale anticorruzione, che può adottare sanzioni amministrative fino a 30mila euro contro il responsabile delle eventuali rappresaglie. Non solo: la segnalazione del whistleblower è sottratta alla legge sulla trasparenza nella pubblica amministrazione, la 241/90, in modo da evitare che quella stessa trasparenza venga usata per risalire ai dettagli della denuncia. E la proposta di legge non tutela solo il whistleblower che sia un dipendente pubblico, ma anche quello che lavora o anche solo collabora con un'azienda privata. Questi i punti di forza, ma ci sono anche serie limitazioni.

INCERTEZZE E PROBLEMI

Purtroppo, la proposta di legge riesce a proteggere la riservatezza dell'identità del whistleblower nei limiti delle leggi e del codice di procedura penale italiano. Come spiega efficacemente Raffaele Cantone, presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, a Gianluca di Feo nel libro che hanno scritto insieme “ Il male italiano”, se il whisteblower «svela un'ipotesi di reato noi siamo obbligati a rivolgerci alla procura. E nei processi penali la riservatezza non può esserci, perché nel nostro sistema garantista l'accusatore deve testimoniare». Una volta che l'identità di chi denuncia abusi e corruzioni è nota, le tutele previste dalla proposta di legge saranno sufficienti? Le sanzioni amministrative, pur salatissime, riusciranno comunque a scongiurare il calvario che troppi whistleblower, a tutte le latitudini del mondo, vivono: mobbing, licenziamenti, gravissime minacce? E' proprio l'assenza o comunque l'insufficienza di queste tutele che ha spinto Julian Assange e il suo team a creare WikiLeaks, un sistema di protezione dei whistleblower che si fonda sul totale anonimato, anziché sulle garanzie offerte dalle leggi di paesi anche con solide tradizioni democratiche.

Altro aspetto delicato della proposta di legge è quello per cui il whistleblower perde ogni tutela nel caso in cui «sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o di diffamazione». Perché, in questo caso, è sufficiente una sentenza di primo grado?

Infine, un altro grande problema sarà quello tecnologico. La proposta di legge prevede che l'Anac adotti delle apposite linee guida che specifichino le procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni. «Le linee guida», recita il testo, «prevedono l'utilizzo di modalità anche informatiche e promuovono il ricorso a strumenti di crittografia per garantire la riservatezza dell'identità del segnalante e per il contenuto delle segnalazioni e della relativa documentazione». Basta fare una visita sul sito ufficiale dell'Anac per capire i problemi che incontrerà l'Autorità anticorruzione in questo settore. Sul sito, infatti, è presente il link “segnalazione di illecito – whistleblower” che permette di accedere a un modulo per denunciare all'Anac un episodio di corruzione. Purtroppo, l'accesso al modulo non è protetto in alcun modo, ad esempio manca anche una semplice connessione “https”, ovvero quel tipo di connessione che ci offre garanzie minime, per esempio, quando usiamo i dati delle nostre carte di credito per fare un pagamento o quando accediamo ai nostri dati sanitari.

QUESTIONE SICUREZZA

Interpellato da “l'Espresso”, uno tra migliori esperti internazionali di comunicazioni sicure che ha lavorato ai file di Snowden e che pretende l'anonimato, ci spiega quanto sia profondamente sbagliato che l'Autorità nazionale anticorruzione abbia un modulo così delicato su una pagina web priva delle protezioni più basiche: «E' una grave irresponsabilità per un sito come quello non avere una connessione “https”», ci dice, aggiungendo che è vero che una connessione https non sarebbe sufficiente a proteggere il whistleblower, perché non impedirebbe per esempio a un datore di lavoro che monitori la connessione internet di vedere che siti web stia visitando un suo dipendente. «Anche il solo fatto che un dipendente si connetta al sito www.anticorruzione.it è un forte indicatore della possibilità che quell'impiegato stia considerando di segnalare una corruzione», continua l'esperto. Tuttavia, anche se la connessione “https” non è sufficiente, perlomeno impedirebbe al datore di lavoro di vedere ciò che il dipendente segnala all'Autorità, spiega l'esperto, aggiungendo che è altresì importante che il sito web dell'Anac pubblichi istruzioni minime per proteggere il whistleblower, come l'indicazione di usare il software di navigazione anonima “Tor” e di non collegarsi assolutamente al sito dell'Anac da un computer dell'ufficio in cui lavora.
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Le piattaforme informatiche criptate per l'invio di segnalazioni da parte dei whistleblower pongono sfide molto complesse e sarà importante vedere come si muoveranno l'Anac e le pubbliche amministrazioni in questo contesto. In circolazione c'è di tutto e succede perfino di trovare aziende che usano piattaforme di whistleblowing create da imprese che vendono tanto le piattaforme che permettono al lavoratore del pubblico impiego o dell'azienda privata di inviare segnalazioni di illeciti quanto il software che permette al datore di lavoro di spiare i dipendenti e quindi anche di poter scoprire chi fa le soffiate: una situazione rischiosa. Come può il dipendente fidarsi di piattaforme del genere?

La partita insomma è tutta da giocare. Ma la proposta di legge approvata dalla Camera è un passo nella giusta direzione. «Il whistleblowing è una vera arma contro la corruzione», racconta a l'Espresso Francesca Businarolo, ricostruendo le difficoltà che ha dovuto attraversare il suo progetto. E a giudicare dalle reazioni di Forza Italia in aula, questa proposta di legge sul whistleblowing sembra già far paura.