Il Movimento fondato da Beppe Grillo interpreta un Paese senza più classi, cresciuto con l’immaginario delle tv berlusconiane. L'analisi del politologo

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Per capire quale sia la cultura del Movimento 5 Stelle, cosa leggono, che film vedono, quali canzoni ascoltano, quali videogiochi usano, i militanti, i dirigenti e i leader, bisogna partire da un dato sociologico: gli elettori e gli eletti di questo movimento appartengono, salvo rare eccezioni, alla piccola borghesia. Ovvero a quella classe sociale la cui continuità attraversa la storia italiana degli ultimi 100 anni, dal fascismo alla Dc passando per Berlusconi sino ad arrivare a Renzi. Come ha detto una volta Giovanni Boccia Artieri, parlando dei pentastellati, per comprenderli a fondo bisogna ricostruire la storia italiana e insieme quella del Web. Una più lunga, l’altra più corta, tuttavia il risultato è comunque questo. Oggi che le classi sociali sembrano non esistere più, non tanto come classi di reddito, quanto come classi con un profilo e un’identità socioculturale, 5 Stelle attinge a piene mani dalla marmellata sociale del Bel Paese.

In Italia anche i ricchi oggi sono dei piccoli borghesi, con le loro manie, fissazioni, desideri. Notava qualche decennio fa Enzensberger, a proposito dell’Europa, che era più facile incontrare un tassista che conosceva a memoria Dante, che non un ricco, o super-ricco, con la medesima cultura. La marmellata sociale, ovvero la piccola borghesia, in Italia non legge neppure un libro all’anno. Cinquant’anni fa molti dei pentastellati sarebbero stati abbonati a “Selezione dal Reader’s Digest”, acculturati dalle pubblicazioni a fascicoli e dal “Club del Libro”. Oggi hanno sicuramente letto Harry Potter e “Cinquanta sfumature di grigio”, e i più giovani di loro i volumi a fumetti de “La schiappa”. La loro formazione culturale è avvenuta attraverso la televisione berlusconiana. Grillo è l’epitome di questa formazione, non solo perché è un comico, ma perché nasce e cresce con la televisione, e grazie alla televisione è vissuto sino all’incontro con Casaleggio.

La sua predicazione è imparentata strettamente con quella del Gabibbo, di “Striscia la notizia”. La sua volontà di trasformarsi da giullare in re, come scrive Oliviero Ponte di Pino in “Comico & Politico” (Cortina), è il frutto della cultura del risentimento e del rancore coltivata in quello spazio culturale. “La Casta” è senza dubbio uno dei riferimenti culturali del grillismo. Non importa averlo letto, basta averne annusato l’atmosfera. Del libro-denuncia resta impressa in loro la denuncia medesima e poco altro. Parlare al negativo, usando il non per ogni affermazione anche positiva, è il risultato di un lungo allenamento all’indignazione, dove prevale l’emozione e quasi mai i contenuti. Ben poco in positivo. Il berlusconismo con la sua politica del desiderio ha contrabbandato insieme al sole in tasca il suo contrario. Non c’era nessuna utopia positiva in lui, se non quella del consumo; ma per consumare bisogna avere soldi. Tutta questa strategia del marketing quotidiano ha promosso un populismo di fondo, dove destra e sinistra non si distinguono più. Qual è l’utopia dei 5 Stelle? L’onesta. È il mito della trasparenza. Nelle prime righe delle “Confessioni Rousseau”, autore di riferimento del movimento, citato da Fo come un Vangelo (si chiama così la piattaforma grillina della democrazia diretta), comincia dicendo che racconterà tutto, con sincerità, in modo trasparente. Un mito. Non è possibile esserlo. Grillo per primo è opaco.

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Critica della Ragion Grillina
12/10/2016
Perché è un essere umano, perché è un giullare, perché è ricco, perché come Berlusconi promette a sua volta onestà e trasparenza. Anche lui appartiene alla zona grigia, è compromesso con il potere, con il denaro, con l’ambizione. Cosa leggerà mai la classe dirigente di 5 Stelle? Che libri ci sono sugli scaffali di Di Maio, Di Battista, della Raggi? Il Codice da Vinci, i romanzi di consumo, qualche best seller, la manualistica? Probabilmente tutto questo, e anche i tascabili letti alle medie e alle superiori, i libri di testo dell’università, per chi l’ha fatta e anche per chi invece l’ha interrotta. Il complottismo tiene un posto importante e spiega molte delle loro letture. Non è tipico solo dei 5 Stelle, ma anche della cultura di gran parte della piccola borghesia: dal complotto per far cadere Mussolini a quello contro la sindaca di Roma.

Di Casaleggio sapevamo parecchio attraverso le sue dichiarazioni e il video apocalittico Gaia: ecologismo catastrofista, New Age, Philip Dick, Ron Hubbard, la fantascienza come i manuali di Dianetics. Non credo che questa classe politica che aspira a dirigere lo Stato abbia letto Max Weber, Pareto, o anche solo Sorel oppure Malaparte. Alla sera, al ritorno dagli incontri politici o dal Parlamento, invece di aprire la Tv come i berlusconiani di un tempo, che stanchi si appisolavano sul divano, i giovani leoni di 5 Stelle si mettono al computer, aprono Facebook, chattano, leggono il blog del Capo. Sono adolescenti di lungo corso, cresciuti in un mondo che va alla deriva su una zattera malconcia. Non hanno remi, usano le mani. Ne vedremo sicuramente delle belle.