Poco prima di morire, a 82 anni, Leonard Cohen ci ha regalato un altro splendido e struggente contributo all’arte della canzone, “You Want it Darker” (il suo 14mo album in studio). La voce dorata ?del poeta canadese, costretto da qualche anno su una sedia a rotelle, si è fatta scura e profonda come una notte senza stelle: «Sono pronto, mio Dio» canta nella title track accompagnato dal coro celestiale della sinagoga di Montreal.

Il Nostro sembra rivolgersi all’Altissimo chiedendo conto del suo operato: «Non sapevo ?di avere il permesso di uccidere e mutilare…». Versi che penetrano l’anima con la forza di una preghiera e colpiscono allo stomaco come un pugno. Per non parlare dell’incanto della lingua e del ritmo. La musica non è da meno.
Perfino le canzoni più semplici, come notava Dylan, il suo più grande fan, ruotano attorno a linee di contrappunto geniali. Neppure la fede però sembra dare conforto in questa Terra desolata e senza giustizia: «Alza questo calice di sangue e prova a dire una preghiera di ringraziamento» (“It Seemed the Better Way”). «Abbandono il tavolo, sono fuori dai giochi» (“Leaving The Table”), «Combattevo la tentazione, ?ma non volevo vincere» (“On the Level”). Nessuno ha saputo cantare la vecchiaia, la perdita del desiderio e della morte con la stessa poetica e spietata sincerità.