Una giovane donna sconosciuta può conquistare il Campidoglio. E cambiare gli equilibri politici nazionali. Chi è e che cosa vuole la candidata del Movimento 5 Stelle (Foto di Augusto Casasoli per l’Espresso)

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Operazione dama. È partita più di un anno fa, quando è apparso chiaro che Marino non avrebbe retto all’onda d’urto di Mafia Capitale. «Se riusciremo a spiegare che la rivoluzione a Roma sta nell’ordinario andiamo a dama», spiega Virginia Raggi all' “Espresso”, che dedica alla candidata sindaco del Movimento 5 Stelle a Roma la copertina, un lungo servizio e un colloquio, la radiografia completa dell'incognita Capitale che può sconvolgere la politica italiana: Raggi X. «Non so se sono adeguata a guidare la Capitale d’Italia. Posso dire che mi sento pronta».

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Il nuovo volto di M5S inaugura la stagione della normalità: «Per Roma la vera rivoluzione è la normalità». «Da studente non ho mai partecipato alle manifestazioni», racconta. «Ho votato nel corso degli anni l’Ulivo, quelle cose lì, forse il Pd è più recente, non ricordo bene. Ero di sinistra, in famiglia sono cresciuta con un ideale che non ho visto rispettato, sono stata delusa».


Normale la professione di fede: «Sono cattolica, non praticante». Normalissimi i gusti culturali: «L’ultimo libro che ho letto? Non me lo ricordo. Ultimo film? “Revenant”, con Leo DiCaprio. La musica? De Gregori e i Subsonica. E un tempo avevo fatto l’abbonamento a teatro». Il chiodo fisso sono le due ruote: la bicicletta, un giro dell’Austria nel 2008, e la moto. Prima una Honda VF 400, poi una Sv 650. «Vivo di passioni», s’illumina la centaura quando ne parla. 

«All’inizio volevo seguire la carriera accademica, poi ho fatto due colloqui, dopo essermi rotta una gamba. Pieremilio Sammarco che avevo conosciuto all’università mi chiese se volevo lavorare con lui, all’epoca si appoggiava lì, da Previti. C’erano quindici avvocati e due o tre praticanti, facevamo le file e le copie degli atti. Previti lo incontravo in corridoio. Sapevo dei suoi processi, ne parlavo con gli amici, ma facevo il mio lavoro».

L’imbarazzante vicinanza con l’avvocato berlusconiano condannato per corruzione in atti giudiziari è stata omessa nel curriculum della Raggi, lei sfodera gli artigli: «Per accusare me hanno attaccato un’intera categoria, gli avvocati, e poi i ragazzi normali che dopo la laurea cercano uno studio in cui fare pratica». 

«Il sindaco deve amministrare in nome di tutti», spiega la Raggi. I dipendenti comunali e delle aziende partecipate (Atac, Ama, Acea)? «Bisogna riallacciare i rapporti con i dipendenti capitolini onesti e farli sentire parte di una squadra. Non vedo un problema di sovrabbondanza». E l’Atac, con i suoi 11 mila dipendenti, la voragine del debito (tra 1,4 e 1,6 miliardi di euro), il servizio peggiore d’Europa? «Gli autisti sono seimila, non è colpa loro, gli autobus sono rotti e restano in deposito. Bisogna tagliare gli sprechi, le consulenze, parentopoli», concede la candidata. Lo stadio della Roma, oggetto del desiderio della grande speculazione? «Sono favorevole, ma non a Tor di Valle». E le Olimpiadi? «Se vinco io non si faranno». 

Una massiccia dose di tranquillante per il corpaccione della Capitale stressato da inchieste, sindaci marziani, commissariamenti. Senza mettere paletti, nessuna fetta di elettorato è preclusa: «A me fa piacere vedere nei miei confronti apprezzamenti trasversali, da sinistra e da destra», riconosce. E già si rivolge al premier: «Se sarò eletta voglio avere con lui un rapporto franco. Matteo Renzi si auto-proclama presidente del Consiglio di tutti gli italiani, che gli piaccia o meno dovrà parlare con il sindaco di Roma».  I sondaggi ora danno in testa lei.

A Milano, invece, corrono centro-sinistra contro centro-destra, il classico degli anni Novanta e Duemila. E a Milano Giuseppe Sala e Stefano Parisi si sono scontrati già in passato, per un appalto della pubblica amministrazione in cui gareggiavano Telecom (direttore generale Sala) e Fastweb (amministratore delegato Parisi). Vinse Parisi.

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