Ecco come è nata e come opera l'Ong israeliana impegnata a denunciare gli abusi dell'IDF in Cisgiordania. Tra appoggio internazionale e accuse di disfattismo e scarsa affidabilità
L'organizzazione non governativa israeliana
Breaking the Silence (in ebraico
Shovrim Shtika) è stata fondata da tre ex soldati dell'IDF (l'esercito israeliano), Avichai Sharon, Yehuda Shaul and Noam Chayut per raccogliere le testimonianze di militari israeliani che hanno svolto il servizio militare nelle zone dei Territori Occupati, della Striscia di Gaza e di Gerusalemme Est fin dal periodo della seconda intifada.
Lo scopo esplicito dell'organizzazione è di fornire ai soldati la possibiltà, una volta tornati alla vita civile, di “mettere a nudo la distanza tra la realtà che si sono trovati ad affrontare e il silenzio che incontrano una volta tornati a casa”.
Dal 2004, la Ong porta avanti un progetto chiamato "Soldiers Speak Out", che ha raccolto alcune centinaia di testimonianze tra coloro che “nel corso del loro servizio militare nell'IDF, nella guardia di confine e nelle forze di sicurezza, hanno svolto un ruolo nei Territori Occupati” al fine di rendere la società israeliana più consapevole della “realtà che ha creato” e “degli abusi nei confronti dei palestinesi”.
In Israele, l'ong è stata criticata per aver fornito testimonianze non verificabili ma è stata al tempo stesso difesa da alcuni appartenti di spicco dell'IDF,
incluso l'ex generale Amiram Levin.
Tuttora, l'organizzazione suscita con le sue campagne grosse polemiche nell'opinione pubblica e sui media dei paesi. Il quotidiano Haaretz definisce
Breaking the Silence “il gruppo più odiato del Paese”, mentre un altro importante quotidiano nazionale, il Jerusalem Post, in un
editoriale di Douglas Altabef l'ha recentemente tacciata di portare avanti 'il trionfo dell'ipocrisia', deligittimando l'operato delle forze armate.