Farhat Horchani: “Un intervento militare straniero in Libia sarebbe disastroso”
Il ministro della Difesa tunisino: “Il terrorismo è un flagello che tutti i paesi del mondo sono costretti a dover affrontare, un fenomeno inevitabile”. Per questo “la Tunisia è aperta alla cooperazione militare con tutti i paesi amici”. Il ruolo di Stati Uniti e Germania
“La Tunisia sta attraversando una fase difficile per quanto riguarda la sicurezza. Le sfide sono molte e complesse e riguardano soprattutto il terrorismo internazionale e il traffico di armi, che prolifera in tutta la regione. Restiamo molto vigili per quanto riguarda possibili attacchi terroristici ed in relazione al fenomeno del rientro in Tunisia di giovani jihadisti. Ma, diciamolo con fermezza, non c'è posto per il terrorismo in Tunisia”.
Farhat Horchani, 63 anni, è un simbolo del nuovo corso politico tunisino. Professore ordinario di diritto pubblico alla facoltà di Legge e Scienze Politiche dell’Università di Tunisi, nel suo lungo e prestigioso percorso accademico ha insegnato anche a Bologna, Palermo, Lille, Parigi. Una vita spesa fra lezioni e studenti, prima di essere nominato dal nuovo governo moderato del presidente Béji Caïd Essebsi, nel febbraio 2015, ministro della Difesa, una delle posizioni più delicate dell’esecutivo.
Professor Horchani, quali sono le operazioni militari più importanti portate avanti dall’esercito tunisino nel corso degli ultimi mesi? “Le forze armate tunisine hanno neutralizzato in febbraio una cellula terrorista di venti estremisti nella regione di Kasserine, altri cinquanta terroristi sono stati arrestati negli ultimi mesi in operazioni che hanno avuto luogo a Ben Guerdane, al confine con la Libia, mentre altre numerose azioni di intelligence stanno smantellando diverse reti logistiche associate a gruppi armati presenti sul territorio. Data la difficile situazione di sicurezza che affligge la Tunisia in questo momento, sono state prese misure severe per combattere tutte le minacce terroristiche. Abbiamo creato delle zone cuscinetto presidiate dai nostri militari, ad ovest, sul lato algerino, nella località di Matrouha e ad est, sul versante libico, al valico di frontiera di Ras Jdir. A Sud invece la zona cuscinetto si estende sino al confine di Borj El Khadhra. In queste zone gli ingressi e le uscite saranno soggetti all'autorizzazione del governo di Tunisi, sia per i turisti che per i residenti”.
Ritiene che la recente costruzione della barriera al confine con la Libia, 200 chilometri di fossati, muri di sabbia e filo spinato, sia effettivamente una misura sufficiente per mantenere il controllo sulle possibili infiltrazioni Daesh? “La barriera costruita al confine con la Libia ed il dispiegamento di forze armate di pattugliamento costituiscono un mezzo rilevante per ridurre il fenomeno del traffico di armi e prevenire le infiltrazioni terroristiche nel paese, pur sapendo che queste misure diventeranno realmente efficaci soltanto quando saranno affiancate da un sistema di controllo elettronico. In ogni caso, è importante sottolineare come a prescindere dalle misure restrittive messe in campo, il terrorismo è un flagello che tutti i paesi del mondo sono costretti a dover affrontare, un fenomeno inevitabile, qualunque siano i provvedimenti restrittivi”.
Parlando del contributo esterno di paesi amici, qual è l’apporto di Germania e Stati Uniti per quanto concerne l’implementazione tecnologica e in termini di intelligence delle difese di confine? “Siamo soggetti a minacce asimmetriche, imprevedibili nel tempo e nello spazio: nessun paese può ritenersi al sicuro ed è in questo quadro che gli Stati Uniti e la Germania, consapevoli del pericolo di questa minaccia, non hanno esitato a sostenere la Tunisia nella sua lotta contro il terrorismo, impegnandosi a fornire il supporto necessario ad implementare un sistema di controllo elettronico della zona di confine con la Libia e a mettere a disposizione delle forze armate tunisine la loro esperienza di intelligence, formazione ed addestramento sul nostro territorio. La Germania, soprattutto, ha sempre sostenuto la Tunisia nel suo nuovo processo democratico ed è molto sensibile circa le sfide della sicurezza con cui deve confrontarsi il nostro Paese. Le forze armate tedesche contribuiranno al rafforzamento delle difese di frontiera e saranno responsabili per l'installazione del sistema di controllo al confine e per la formazione dei militari tunisini”.
Non crede che una cooperazione militare così stretta, con esperti stranieri impegnati direttamente sul campo porti con sé il rischio concreto di ingerenze politiche esterne rispetto alla sovranità tunisina? “La Tunisia è aperta alla cooperazione militare con tutti i paesi amici, il contributo di Stati Uniti e Germania riguarda soltanto l’installazione di sistemi elettronici di controllo, la formazione tecnica e l’addestramento dei nostri uomini. La decisione di costruire la barriera al confine con la Libia e la gestione di tutto il sistema di difesa rimangono completamente ed esclusivamente appannaggio dell’esercito tunisino, non c’è dunque alcun dubbio rispetto alla sovranità politica della Tunisia in questo senso. Abbiamo rapporti di collaborazione con tutti i paesi pronti ad aiutarci, senza che ciò metta in dubbio la nostra sovranità politica e militare”.
La Tunisia considera la possibilità di una soluzione militare in Libia? “La Tunisia è assolutamente contraria a qualsiasi intervento militare straniero in Libia, prima di tutto per ragioni di principio ed in secondo luogo perché siamo convinti che un eventuale impegno militare internazionale non porterebbe alla risoluzione della crisi. Al contrario, creerebbe un danno enorme e potrebbe rendere ancora più profonda la ferita aperta nel paese libico. In questo contesto, riteniamo che lo scenario di un intervento militare Nato in Libia non possa che avere risultati disastrosi. È in questo spirito che la Tunisia invita la comunità internazionale a sostenere con forza il nuovo esecutivo di unità nazionale guidato da Fayez al Sarraj, l’unico in grado in questo momento di riportare l'ordine nel paese e di continuare la lotta contro il terrorismo, con l'aiuto dei paesi amici”.
Qualora la comunità internazionale decidesse comunque di optare per una soluzione militare in Libia, la Tunisia assumerebbe una posizione di collaborazione attiva nell’operazione e sarebbe disposta a offrire basi logistiche per le operazioni militari? “Ribadisco innanzitutto che la Tunisia è contro ogni intervento militare. Nel caso si dovesse andare verso questa decisione, abbiamo però approntato una serie di misure preventive, su tutte la creazione di una commissione nazionale di emergenza che coinvolgerà nella gestione del conflitto l'apparato statale, le organizzazioni politiche e le associazioni sociali nazionali, con la collaborazione delle Nazioni Unite e degli organismi politici internazionali. Bisognerà prepararsi al peggio, purtroppo è ancora vivo per la Tunisia il ricordo del 2011, quando dopo lo scoppio della guerra in Libia il paese venne lasciato da solo a gestire il flusso di milioni di profughi in arrivo da Tripoli: stiamo ancora pagando il conto di quell’emergenza per le promesse non mantenute dalla comunità internazionale”.
Nelle ultime settimane è riesplosa la protesta sociale della popolazione, legata soprattutto al fenomeno della disoccupazione, in crescita nel corso degli ultimi 6 mesi e che interessa principalmente i giovani fra i 20 ed i 30 anni. Come intende gestire la situazione dal punto di vista della sicurezza e per quanto riguarda la salvaguardia del diritto a manifestare dei cittadini tunisini? “La nuova costituzione tunisina, votata nel 2014, garantisce a tutti i cittadini il diritto di protestare pacificamente. Tuttavia, la legge è inflessibile nei confronti di coloro che danneggiano la proprietà pubblica dello Stato. Le forze dell’ordine tunisine non tollereranno alcun eccesso durante le manifestazioni pubbliche autorizzate, con l’obiettivo di garantire la stabilità del paese e il proseguimento del processo democratico: il nostro compito è quello di assicurare la conservazione dello stato di diritto e delle istituzioni. In questo spirito e nel quadro della partecipazione dell’esercito allo sforzo nazionale per frenare la disoccupazione e proteggere i giovani dagli effetti negativi dell’emarginazione sociale, abbiamo deciso di lanciare una campagna straordinaria di arruolamento militare per i ragazzi tunisini fra i 20 ed i 35 anni. Il Ministero della Difesa Nazionale è consapevole del suo ruolo patriottico e per questo abbiamo deciso di portare avanti un grande momento di reclutamento, con l’obiettivo di accogliere fra le fila dell’esercito tunisino tanti nuovi uomini”.
Il presidente Essebsi ha esteso per un altro mese lo stato di emergenza in Tunisia. La situazione nel paese sia ancora di grande allarme? “La Tunisia va avanti lentamente. La transizione verso la democrazia passa attraverso il consenso popolare e per questo il governo lavora per garantire lo sviluppo economico, la sicurezza e la stabilità, condizioni sine-qua-non per portare avanti il nostro percorso istituzionale. È in questo senso, e alla luce delle minacce terroristiche che mirano a destabilizzare il paese e le sue istituzioni e al fallimento del processo democratico, che va considerata la decisione del Presidente della Repubblica di estendere lo stato di emergenza già in vigore dallo scorso novembre (ndr un provvedimento in base al quale le autorità hanno il potere, fra le altre cose, di imporre il coprifuoco, proibire manifestazioni ed assemblee pubbliche, censurare la libertà di espressione, censurare la stampa, stabilire limitazioni al movimento dei cittadini, vietare l’intrattenimento nei locali pubblici): si tratta di un sacrificio di libertà legato strettamente all'urgenza del momento e necessario per procedere lungo il cammino della democrazia”.