L’accordo sui migranti finirà per favorire il traffico di esseri umani. Ma l’Italia dovrebbe, e può, opporsi. Perché l’accoglienza oggi è un dovere

Ad agosto del 2008 fu firmato a Bengasi il trattato tra Italia e Libia e nel 2010 il numero di clandestini che raggiunsero le coste italiane diminuì sensibilmente. Secondo Frontex, dal 2008 al 2009 gli sbarchi calarono del 74 per cento. L’infame accordo tra Gheddafi e Berlusconi chiamato “Trattato di amicizia e cooperazione” prevedeva la costruzione di lager commissionati alla Libia che all’Italia sarebbero costati circa 5 miliardi di dollari in 20 anni, prezzo che fu presentato come risarcimento all’ex colonia. Ora assistiamo a un nuovo accordo a Bruxelles tra capi di Stato e di governo europei e Turchia, che riceverà tre miliardi di euro e alcune concessioni politiche in cambio del blocco dei profughi ai confini con l’Europa. Non solo, anche i profughi sbarcati in Grecia saranno condotti in Turchia. E se l’obiettivo è quello di contrastare il traffico di esseri umani, nella pratica si otterrà l’esatto contrario.

Qualche sera fa ascoltavo “Radio Radicale”: la presidente della Camera Laura Boldrini parlava di generazioni e responsabilità. Ha parlato della generazione che ha combattuto l’ultima guerra mondiale, di quella che ha ricostruito materialmente e moralmente l’Italia, di quella che ha lavorato perché si affermassero diritti senza i quali oggi ci sembrerebbe impossibile poter vivere. Ha parlato delle donne che dopo il 1946 hanno smesso di essere madri e mogli e sono diventate cittadine. Ha ricordato che il matrimonio riparatore e il delitto d’onore sono stati aboliti solo nel 1981. E che solo nel 1996 lo stupro è divenuto reato contro la persona e non più contro la morale. Tutto questo ora viene dato per scontato, eppure solo qualche decennio fa un uomo che stuprava una donna, per non essere perseguito, bastava che la sposasse. E un delitto commesso per “vendicare” una relazione extraconiugale poteva godere di sconti di pena.

Alla mia generazione spetta un compito strano, andare indietro nel tempo per recuperare strumenti che ci tornano utili oggi. Spetta dare seguito alla meravigliosa utopia che alcuni visionari antifascisti confinati a Ventotene nel 1941 mettevano per iscritto: l’utopia di poter davvero costruire un’Europa unita, mentre l’Europa era in guerra. Ed è nel rapporto con i flussi migratori la sfida che la mia generazione deve superare. Sulla stessa linea, il consiglio che Riccardo Magi, segretario di Radicali italiani, dà a questo governo. Magi sottolinea come, ancora una volta, la logica dell’emergenza abbia prevalso sulla responsabilità e come, di nuovo, si sia appaltato a un paese che non si distingue per democraticità il controllo delle frontiere. Prima alla Libia di Gheddafi, oggi alla Turchia di Erdogan.

Non so Renzi dove trovi il coraggio di dichiarare, a difesa dell’accordo, che nel testo c’è un riferimento esplicito «ai diritti umani, alla libertà di stampa, ai valori fondanti dell’Europa». Magi propone un approccio differente, rispettoso della nostra storia e di quello che abbiamo vissuto come emigranti e come paese che sa accogliere, che ha competenze ma scarsi mezzi. Chi è in Grecia ora, stando all’accordo, dovrà essere condotto in Turchia. Da lì cercherà nuove strade per l’Europa, ancora una volta affidandosi a trafficanti di esseri umani. Magi suggerisce di stringere un accordo bilaterale Italia-Grecia per evitare che queste oltre 40mila persone cadano nelle mani dei trafficanti. Suggerisce di riconoscere, una volta in Italia, ai profughi provenienti dalla Grecia una protezione umanitaria temporanea che «permetterebbe il rilascio immediato di un permesso di soggiorno». Muniti di permesso di soggiorno, i rifugiati potranno viaggiare e sarà impossibile poterli respingere.

È questo l’unico mezzo che l’Italia ha per esercitare pressioni sui paesi europei, per portare attenzione sull’ennesimo fallimento e l’ennesima violazione dei diritti umani. Del resto, conclude Magi, «i fondi enormi destinati alla Turchia sarebbero più che sufficienti per finanziare programmi efficaci di reinsediamento e ammissione umanitaria a livello Ue». Non abbiamo scelta. Non possiamo decidere se essere solidali o non esserlo. Dobbiamo accogliere, ne va del nostro futuro. Quello che sta accadendo in Francia, decine di migliaia di persone d’inverno, chiuse in lager, nel fango e in tende fatiscenti, se ce lo avessero raccontato dieci anni fa avremmo stentato a crederlo. C’è stata un’accelerazione nella storia che ha reso accettabili questi orrori. Noi, come generazione e in quanto italiani potremmo fare la differenza. Basta avere coraggio e guardare oltre.