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7 marzo, 2016Mentre Matteo Renzi e gli alleati discutono dell'intervento armato, nella capitale inglese inizia un processo fondamentale per il Paese. Un tribunale britannico deve decidere chi ha il diritto di spendere i soldi della Lia, il fondo sovrano più ricco d'Africa. La vittoria di Tripoli o di Tobruk può determinare l'esito della guerra
Il futuro della Libia si decide a Londra
Nel caos libico finora c'è stata solo una certezza: nessuno dei contendenti ha potuto utilizzare in autonomia i soldi della Libyan Investment Authority, la Lia, il fondo sovrano più ricco d’Africa, grazie ai guadagni realizzati negli anni passati con la vendita di gas e petrolio. Il forziere creato da Muhammar Gheddafi, secondo i dati ufficiali, racchiude circa 67 miliardi di dollari.
Soldi utili per vincere la guerra, in teoria, ma che finora non sono stati usati dalle fazioni. Il motivo è semplice: nessuno potrà spenderli liberamente finché non si deciderà chi né è legittimo gestore. Quasi il 90 per cento delle attività del fondo sovrano è stato infatti congelato dalle sanzioni imposte da Onu e Unione europea dopo l’inizio della crisi libica. Presto, però, le cose potrebbero cambiare. E il primo passo è proprio quello di decidere chi comanda alla Lia.
UN GIUDICE ECCELLENTE
La battaglia legale fra i due litiganti inizia oggi, 7 marzo, all'Alta Corte di Londra, chiamata in causa visto lo stallo delle trattative fra le varie fazioni locali sul futuro governo libico. Sarà William Blair, fratello dell'ex primo ministro britannico Tony, a decidere chi è il legittimo gestore della Lia.
Da una parte c’è Hassan Bouhadi, ingegnere che ha studiato a Londra e ha lavorato per diverse multinazionali occidentali. Bouhadi rappresenta il governo di Tobruk, forte dell’appoggio di Egitto, Emirati Arabi e Arabia Saudita, ma anche di Francia e Regno Unito, le potenze europee che avevano spinto per la caduta di Gheddafi nel 2011.
Dall’altra parte c’è Abdulmagid Breish, uomo di finanza, una carriera trascorsa tra banche arabe e istituzioni libiche fra cui proprio la Lia. Breish rappresenta la Lia di Tripoli ma dice di non avere alcun legame con il governo basato in città, quello sostenuto da Turchia e Qatar e attivo in un territorio importante soprattutto per l’Italia, visto che in Tripolitania si trova buona parte dei pozzi petroliferi dell'Eni, oltre al gasdotto che collega l'ex colonia con la Sicilia.
LE BANCHE TREMANO
I giudici inglesi ascolteranno le parti fino al 14 marzo e la decisione è attesa entro fine mese. Il verdetto dell'Alta Corte di Londra avrà un primo effetto rilevante per due grandi banche internazionali, l'americana Goldman Sachs e la francese Societe Generale. La Lia le accusa infatti di aver gestito in modo improprio 3 miliardi di dollari dello stesso fondo sovrano. Le due banche hanno respinto le contestazioni, ma la decisione dell'Alta Corte londinese sulla “proprietà” del fondo sovrano aprirebbe la strada al processo contro i due giganti della finanza internazionale.
I RISCHI PER L'ITALIA
Il verdetto dei magistrati inglesi potrebbe avere conseguenze importanti anche per l'Italia. La Lia è infatti azionista di 550 società sparse per il mondo, ma è nel nostro Paese, con 3 miliardi di dollari, che dice di aver investito di più. Il fondo si dichiara socio di parecchi colossi tricolore: Eni, Enel, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps, Finmeccanica, Fiat-Chrysler, Telecom, Juventus, Banca Popolare di Milano, Buzzi e Saras. Il legittimo gestore di queste quote, una volta stabilito, potrebbe anche venderle, con effetti rilevanti per Piazza Affari. Una decisione che potrebbe dipendere anche dalle scelte del governo italiano sulla guerra in Libia.
Soldi utili per vincere la guerra, in teoria, ma che finora non sono stati usati dalle fazioni. Il motivo è semplice: nessuno potrà spenderli liberamente finché non si deciderà chi né è legittimo gestore. Quasi il 90 per cento delle attività del fondo sovrano è stato infatti congelato dalle sanzioni imposte da Onu e Unione europea dopo l’inizio della crisi libica. Presto, però, le cose potrebbero cambiare. E il primo passo è proprio quello di decidere chi comanda alla Lia.
UN GIUDICE ECCELLENTE
La battaglia legale fra i due litiganti inizia oggi, 7 marzo, all'Alta Corte di Londra, chiamata in causa visto lo stallo delle trattative fra le varie fazioni locali sul futuro governo libico. Sarà William Blair, fratello dell'ex primo ministro britannico Tony, a decidere chi è il legittimo gestore della Lia.
Da una parte c’è Hassan Bouhadi, ingegnere che ha studiato a Londra e ha lavorato per diverse multinazionali occidentali. Bouhadi rappresenta il governo di Tobruk, forte dell’appoggio di Egitto, Emirati Arabi e Arabia Saudita, ma anche di Francia e Regno Unito, le potenze europee che avevano spinto per la caduta di Gheddafi nel 2011.
Dall’altra parte c’è Abdulmagid Breish, uomo di finanza, una carriera trascorsa tra banche arabe e istituzioni libiche fra cui proprio la Lia. Breish rappresenta la Lia di Tripoli ma dice di non avere alcun legame con il governo basato in città, quello sostenuto da Turchia e Qatar e attivo in un territorio importante soprattutto per l’Italia, visto che in Tripolitania si trova buona parte dei pozzi petroliferi dell'Eni, oltre al gasdotto che collega l'ex colonia con la Sicilia.
LE BANCHE TREMANO
I giudici inglesi ascolteranno le parti fino al 14 marzo e la decisione è attesa entro fine mese. Il verdetto dell'Alta Corte di Londra avrà un primo effetto rilevante per due grandi banche internazionali, l'americana Goldman Sachs e la francese Societe Generale. La Lia le accusa infatti di aver gestito in modo improprio 3 miliardi di dollari dello stesso fondo sovrano. Le due banche hanno respinto le contestazioni, ma la decisione dell'Alta Corte londinese sulla “proprietà” del fondo sovrano aprirebbe la strada al processo contro i due giganti della finanza internazionale.
I RISCHI PER L'ITALIA
Il verdetto dei magistrati inglesi potrebbe avere conseguenze importanti anche per l'Italia. La Lia è infatti azionista di 550 società sparse per il mondo, ma è nel nostro Paese, con 3 miliardi di dollari, che dice di aver investito di più. Il fondo si dichiara socio di parecchi colossi tricolore: Eni, Enel, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps, Finmeccanica, Fiat-Chrysler, Telecom, Juventus, Banca Popolare di Milano, Buzzi e Saras. Il legittimo gestore di queste quote, una volta stabilito, potrebbe anche venderle, con effetti rilevanti per Piazza Affari. Una decisione che potrebbe dipendere anche dalle scelte del governo italiano sulla guerra in Libia.
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