La Camera discute le mozioni contro l'utero in affitto, già argomento-bandiera dei cattolici sulle unioni civili. Presenti: dieci deputati. E i dem non hanno ancora presentato un testo

Notizia numero uno: la maternità surrogata, argomento-bandiera del Family day contro le unioni civili solo un paio di mesi fa, adesso che è stata svincolata dal ddl Cirinnà, in Parlamento non interessa nessuno. A seguire il dibattito alla Camera sulle mozioni per contrastare tutte le forme di utero in affitto, in effetti, c’è un numero variabile di deputati: da un minimo di otto a un massimo di dodici. Più che una seduta a Montecitorio, pare una riunione di condominio. Piccolo.

Notizia numero due: sulla gestazione per altri, il Pd non ha una posizione definita. Anzi, a voler essere proprio pignoli, per ora è spaccato. Certo, ha già presentato una sua mozione al Senato, e non si dispera trovare una quadra, nei prossimi giorni la troverà: ma, per ora, non ha presentato alcuna mozione, come invece hanno fatto in Ap, Forza Italia, Cinque stelle, e si appresta a fare Si-Sel. Né alcuno si azzarda ad annunciarla in Aula, questa mozione: al massimo c’è chi tra i dem “auspica” che “il Partito Democratico si impegni in una mozione”. Ottimo.

Di fatto, tra una Binetti e una Roccella il centrodestra fa la ruota con le proprie consolidate posizioni: si parla di “mercenari”, “affitto e vendita di pezzi di corpo”, “persone che si siedono a un tavolo a discutere di profitti”, di “due madri biologiche e una terza che sappiamo in molti casi non esiste”, e tutto l’armamentario del caso.

Nel Pd invece pare domini la confusione. Il risultato è strano. Il dibattito, invece di essere il trionfo dei catto-centristi, è occupato per gran parte proprio dagli interventi dei democratici: nessuno (per ora) firmatario di una mozione, nessuno in perfetta linea con gli altri.

La Pd Fabrizia Giuliani, per esempio, tra le firmatarie dell’appello contro l’utero in affitto di “Se non ora quando”, non è poi molto distante dalle posizioni delle catto-centriste Binetti e Roccella. A proposito di maternità surrogata, Giuliani – citando Kant e la Finocchiaro - parla di “un arretramento profondo sul terreno della dignità della persona umana e dei diritti”, di “mercificazione”, “sistema globalizzato di produzione”, “la riduzione dei corpi a merce”, e via così. Aggiunge, forse consapevole del rischio di spiazzare una parte del popolo dem, che questa “contrarietà, condivisa dai pronunciamenti di molti dei vertici più alti del Partito Democratico”, “non deve in alcun modo meravigliare, dato il Dna politico e culturale del Partito Democratico”, frutto “di una originale elaborazione di tradizioni diverse”.

Non si fa questi problemi il dem Marco Bergonzi, che – citando pure lui Kant e la Finocchiaro - parla di “paradosso giuridico e ontologico” insito nella surrogacy, respinge “l’approccio realista alla questione” - cioè quello per cui si dovrebbe regolamentare un fenomeno che “esiste e sta diventando sempre più massiccio” - e dichiara spiano: “Dobbiamo lavorare insieme perché si prenda una posizione netta e in un'unica direzione: la messa al bando di tale pratica, proprio mediante un trattato internazionale”. Anche “per evitare di trovarci a dover tutelare i minori” nati con la maternità surrogata. E quelli già nati? Ah già: l’approccio è troppo realistico.

Bisogna arrivare alla dem Michela Marzano, che peraltro sulle unioni civili è arrivata a un passo dal lasciare il Pd, per veder comparire l’idea che la maternità surrogata possa essere anche una libera scelta, da distinguere dalla surrogacy lucrativa e frutto di sfruttamento; così come per vedere comparire un concetto di maternità e paternità diverso da quello soltanto “biologico”. “Dobbiamo dare ai bambini un quadro giuridico che non li discrimini”, e forse “ispirarci anche a quei Paesi in cui queste pratiche sono legalizzate in maniera tale che non permettono né sfruttamento né alienazione incondizionata dell'autonomia personale”, dice Marzano.

Michaela Campana, responsabile diritti del Pd e relatrice delle unioni civili alla Camera, è più prudente. Illustra sì con dovizia di particolari le diverse legislazioni negli altri Paesi, dice che “bisogna tenere a mente” le “diversità di modelli”, che “non si deve cadere nelle semplificazioni”, e che la soluzione “non si trova facendo ricadere sulle spalle dei bambini le scelte degli adulti”. Ma, al dunque, una soluzione non la indica: schiera nettamente il Pd soltanto sul no allo sfruttamento. “Quello che è sicuro è che l'Italia, il suo Governo, il Partito Democratico non possono tollerare né in alcun modo legittimare situazioni di sfruttamento della donna come del bambino. Su questo fronte l'impegno deve essere chiaro”. Sul resto, ancora non si sa. Del resto, il dibattito sulla surrogacy è stato piazzato di lunedì (in un lunedì post referendario peraltro), e il voto dell’Aula è rimandato a un’altra seduta. Non si sa quando, di certo dopo il voto sulle unioni civili.