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Teho Teardo: "Così i miei sogni diventano musica"

Un nuovo disco e un tour. E poi performance, colonne sonore. Sempre con un rapporto stretto tra immagini e note. Parla uno dei compositori italiani più noti all’estero

Un giorno stavo facendo un pisolino sul divano del mio studio e ho sognato Man Ray in piedi che mi faceva segno di quaranta con la mano. Il progetto era già concluso e pronto a essere portato in scena e mi sono chiesto cosa volesse dire quel numero. Ho pensato che quaranta potevano essere le chitarre che avrei utilizzato alla fine dello spettacolo. E così è stato». Nel suo studio romano, a due passi dal teatro Ambra Jovinelli, Teho Teardo compone musiche e dà suono alle immagini: quelle che gli passano per la testa e quelle dei film di cui firma la colonna sonora.

Tra questi “Diaz”, “Lavorare con lentezza”, “L’amico di famiglia”. E “Il Divo” con cui ha vinto il David di Donatello nel 2009. Musicista, compositore, sound designer, sin dai primi anni Novanta Teardo ha dato vita a un’infinità di progetti (Meathead, Here, Matera, Operator) e intessuto relazioni con nomi importanti della scena alternativa internazionale.

Un vulcano di idee e progetti, l’ultimo dei quali è la rinnovata collaborazione con il musicista tedesco Blixa Bargeld, già complice di Nick Cave nei Bad Seeds e leader degli Einstürzende Neubaten. Una collaborazione nata nel 2009 per lo spettacolo teatrale “Ingiuria”, realizzato assieme alla Socìetas Raffaello Sanzio e al violinista rumeno Alexander Balanescu, servita per gettare i semi di nuovi progetti artistici.

«Un po’ di tempo dopo aver portato in scena “Ingiuria” mi sono ritrovato a scrivere la colonna sonora di “Una vita tranquilla”. Alla fine delle riprese il regista Claudio Cupellini voleva inserire una canzone che, secondo me, non funzionava per niente. Così ho pensato di chiamare Blixa per vedere cosa potesse saltare fuori. Ne è nato “A Quiet Life”, un pezzo che ancora oggi ottiene un riscontro fantastico quando lo suoniamo dal vivo. Dopo questa canzone abbiamo pensato che avremmo potuto estendere la nostra collaborazione e fare un intero album. Dopo “Still Smiling”, il nostro primo disco del 2013, abbiamo iniziato a suonare dal vivo, cosa per noi irrinunciabile, e continuato a scrivere della musica per poi portarla in giro. Finora abbiamo tenuto una sessantina di concerti in tutto il mondo, realizzato il nuovo album e stiamo già pensando a un terzo Lp assieme».
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Oscuro, a tratti ostico nelle sue parti più sperimentali, “Nerissimo” è da un lato un disco di canzoni. Dall’altro un flusso cinematico, d’atmosfera. «Ho sempre pensato alla capacità della musica di evocare delle immagini, alla sua componente visionaria. E poi c’è l’altro aspetto: il cinema che cerca la musica per enfatizzare le immagini. Per me la musica è la porta che serve a collegare un mondo con l’altro ed è quello che ho sempre cercato di fare. Da ragazzino ero molto affascinato dalla musica sperimentale e industrial che rappresentava il corrispettivo sonoro delle zone grigie, delle aree industriali delle nostre città, era la poetica di quei luoghi. Ci ho sempre visto una componente descrittiva, la possibilità di raccontare le immagini con i suoni. Un approccio del genere alla musica mi è sembrato naturale e anche in questo caso è stato così».
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Tra le decine di progetti realizzati negli ultimi anni spicca la sonorizzazione di tre film muti del genio dadaista Man Ray. «Uno dei miei supereroi di gioventù», sorride Teardo. «A diciotto anni chiamai la mia prima band Rayogramma. Quando mi hanno contattato per realizzare questo progetto la cosa mi ha piacevolmente divertito perché era come se il legame con Man Ray tornasse nella mia vita».

Un lavoro che ha portato a un disco di struggente bellezza, “Le retour à la raison”, e alla scommessa creativa di reclutare in ogni città dove si tiene lo spettacolo quaranta chitarristi locali per dar vita a un gran finale. «Ho tenuto all’incirca una trentina di concerti per questo progetto, quindi sono stati coinvolti milleduecento chitarristi». L’azzardo e la ricerca costante di nuove vie espressive sono da sempre nel Dna del musicista di Pordenone.
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Dalle collaborazioni, nei primi anni Novanta, con nomi del rock alternativo internazionale quali Cop Shoot Cop, Zeni Geva, Bewitched, Lydia Lunch al recente progetto con Blixa Bargeld. «Mi piace tentare cose che non ho ancora fatto partendo da basi che già esistono: l’azzardo parte sempre da un progetto, da un’idea che ha un suo fondamento. Non mi interessa sorprendere o “farlo strano” a tutti i costi. Ci si dà delle regole molto rigide per costruire un progetto e poi, non appena incomincia a prendere forma, si contraddicono completamente tutte le regole che ci hanno portato fino a quel punto. È uno dei miei modi di scrittura».

Dalla dimensione underground dei Meathead, il suo gruppo rock in attività negli anni Novanta, alla vittoria del David di Donatello per la colonna sonora de “Il Divo”, la carriera di Teho Teardo è costellata di progetti molto diversi tra loro. «A me però non interessa la distinzione ideologica tra underground e mainstream. Quello che conta è la musica», ci tiene a sottolineare.

Nel mondo del cinema la firma di Teho Teardo è in calce a decine di colonne sonore di film prestigiosi. Ha lavorato con registi importanti come Gabriele Salvatores, Paolo Sorrentino, Guido Chiesa, Daniele Vicari. Soprattutto con quest’ultimo è scattata una scintilla. «C’è stata sin da subito un’ottima intesa musicale. Daniele ha una grande fascinazione per il mondo rock o punk-rock, cosa che per certi versi ci accomuna. Alla fine ci siamo trovati a lavorare soprattutto con quartetti d’archi ma il nostro background comune era sempre presente. Sono particolarmente fiero del lavoro che ho fatto con lui per “Diaz” e “Il passato è una terra straniera”».

Per un artista abituato a confrontarsi con una dimensione internazionale vivere in un paese che presta poca attenzione a chi opera nel campo della cultura e dell’arte non deve essere semplice. «L’Italia è un paese tremendamente corrotto a tutti i livelli e dalla politica ciò si riverbera altrove. Siamo uno degli ultimi paesi per libertà di stampa e la musica passa anche attraverso la stampa. Questa decadenza investe tutti gli ambiti del sociale e della cultura ed è difficile operare in questi contesti. Non ho mai pensato alla musica in una dimensione soltanto italiana e credo che questo sia il vero problema del paese. C’è un’autoreferenzialità mostruosa. La maggior parte degli artisti che vengono lanciati sul mercato nazionale non suonano mai oltreconfine e se lo fanno è per degli eventi costruiti apposta per gli italiani che vivono all’estero, non per un pubblico internazionale.

Gran parte della musica che viene prodotta qui ha dei connotati italiani. In altri paesi non è così. Penso al Belgio che ha artisti conosciuti in tutto il mondo come i Deus o i Soulwax. Io mi sento europeo, la mia musica ha dei legami forti con l’Europa. Tra maggio e giugno saremo in tour con Blixa Bargeld per presentare “Nerissimo”: suoneremo da Istanbul a Helsinki passando per Londra. Per me questa dimensione è importante».

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