Passa alla Camera lo stesso testo approvato dal Senato. Senza adozioni e senza riferimenti al matrimonio, per consolare Alfano, ma adesso le unioni e le coppie di fatto sono legge. I 5 stelle si astengono, esulta il Pd

 372 sì, 51 no, 99 astenuti. «Le famiglie sono tutte uguali, sono luoghi meravigliosi, di amore», dice Monica Cirinnà per festeggiare l’approvazione della legge che porta il suo nome, la legge sulle unioni civili e sulle coppie di fatto. Tutte uguali non è proprio vero, come nota chi critica la legge da sinistra, tipo Giuseppe Civati, Sinistra Italiana e alcuni onorevoli del Pd, come Sergio Lo Giudice, perché non è certo il matrimonio egualitario quello approvato dal parlamento. Però è un grosso passo avanti: «Usciamo dal Medioevo», dice ancora Cirinnà. E questo lo riconoscono un po’ tutti, non solo nel fronte progressista. Elemento curioso del voto della Camera è infatti che pure gli alfaniani (con l’eccezione di Binetti, Cera e Pagano, che si autosospende dal partito) si dicono contenti e persino orgogliosi della legge.



E sono le loro dichiarazioni di voto, infatti, a far arrabbiare ulteriormente gli ultra cattolici del Family Day che hanno già annunciato di voler raccogliere le firme per un referendum abrogativo (oltre a voler «fermare» Renzi al prossimo referendum costituzionale), aiutati in questo dai parlamentari rimasti contrari: quasi tutto il gruppo di Forza Italia - che però ha lasciato libertà di coscienza -, la Lega, i più cattolici Roccella e Giovanardi. Dopo l’intervento di Fabrizio Cicchitto («Voto questa legge perché tutela il diritto degli omosessuali di poter realizzare un rapporto di coppia ma è nettamente marcata la distinzione fra matrimonio tradizionale e unioni civili», dice l’alfaniano), fa del sarcasmo, Mario Adinolfi, il direttore de La Croce che si presenta in oltre 300 comuni alle prossime amministrative come leader del Popolo della famiglia. Matteo Salvini, invece, sulla scia di Alfio Marchini, invita i sindaci leghisti all’obiezione di coscienza, a non curarsi dell’articolo 328 del codice penale sull’omissione di atti d’ufficio.



Ha retto benissimo dunque l’accordo interno alla maggioranza, ancora una volta allargata ai verdiniani che votano anche la fiducia al governo (sono 369 i sì, un record). Ma alla fine - visto che il regolamento della Camera prevede due voti diversi, uno per la fiducia e uno sulla legge, a differenza del Senato - anche dall’opposizione sono arrivati dei sì. Quello di Daniele Capezzone, tanto per cominciare, e di alcuni più liberali di Forza Italia: come Stefania Prestigiacomo, Mara Carfagna, Elena Centemero, Nunzia De Girolamo, Elio Vito, Renata Polverini e Laura Ravetto. Vota sì Mara Mucci, l’ex grillina oggi radicale nel gruppo misto. Sinistra Italiana ha poi votato a favore delle unioni, pur confermando che la legge introduce «insopportabili discriminazioni». Come detto, Giuseppe Civati e i cinque deputati di Possibile hanno invece votato no alla fiducia e si sono astenuti sul testo: «Votiamo contro la fiducia, ovviamente», ha spiegato Civati all’Espresso, «e astenendoci sulla legge non vogliamo certo fermarla ma segnalare che non è questa la legge di cui ci sarebbe stato bisogno e che anzi si corre adesso il rischio che tutto si blocchi così per altri trent’anni».



I 5 stelle non hanno votato la legge, invece, indicando come motivazione l’impossibilità, causa fiducia che ha fatto cadere tutti gli emendamenti, di corregge alcuni punti. Parlano di problemi tecnici, i 5 stelle annunciando l’astensione, poi però è lo stesso Luigi Di Maio a dire che per il Movimento, ad esempio, è un problema che anche per le coppie di fatto, per le semplici convivenze certificate da uno stato di famiglia, si introducano gli alimenti. «È un principio di civiltà già applicato dalla corte di Cassazione», è la replica «sbigottita» della senatrice Monica Cirinnà, madre della legge, che vede nell’astensione dei 5 stelle la conferma che con i grillini nessuna legge migliore di questa si sarebbe potuta fare.Cirinnà, che è senatrice, arriva in tribuna a godersi il momento, e rispetto alla preoccupazione diffusa sul fatto che dopo questa legge, imperfetta, per ulteriori passi aspetteremo molto, assicura che «adesso si andrà avanti» e torna sull’idea di riformare la legge sulle adozioni, rimediando lì allo stralcio della stepchild adoption, tributo pagato ai cattolici nel Pd e ad Alfano. Vedremo. Il Pd, da Matteo Renzi in giù, minoranza e maggioranza per una volta unite, per ora però si concentra sulla portata storica del voto. Sono giorni, a proposito di storia, che il sottosegretario Ivan Scalfarotto twitta usando l’hashtag #MakingHistory. Lo fa anche quando si scontra con l’ex compagno di partito Civati che insiste a dire che una legge migliore si sarebbe potuta fare coinvolgendo veramente le opposizioni invece di prediligere il dialogo con Alfano e, con la fiducia, «di ricondurre tutto nei confini della maggioranza». «Scendi sulla Terra», è l’attacco di Scalfarotto.La fiducia votata prima della legge, comunque, è la numero 54 per il governo Renzi che così segna il record, staccando persino Mario Monti che in un anno e mezzo - quindi un po’ meno tempo, sì - ne ha chieste 51. Il Pd, un tempo, accusava Berlusconi di mortificare il parlamento, ponendo la fiducia su leggi che non avevano nessun carattere di urgenza, esattamente com’è per le unioni civili. E l’ultimo Berlusconi ne chiese solo 45 in tutta la legislatura.