Creano socialità reale e non virtuale. Fanno alzare ?i videogamer dal divano, mandandoli in giro per la città. ?E divertono. Quindi, benvenuti mostriciattoli

Per le strade delle città di mezzo mondo - Italia compresa - migliaia di persone di ogni età camminano con aria concentratissima e fissando lo schermo del proprio smartphone. A volte sono sole, a volte a gruppi. A volte vere fiumane, come è successo a Central Park a New York, nella sera del 15 luglio, quando erano così tante da bloccare il traffico.

Cosa fanno, tutte queste persone? Ormai si sa: cercano di catturare, con un clic sulla videocamera del cellulare, i mostriciattoli virtuali di Pokemon Go, l’applicazione creata da Nantiac che in una sola settimana dal lancio negli Usa ha raggiunto 7 milioni e mezzo di iscritti, superando in tre giorni gli utenti giornalieri di Twitter.

Al 13 luglio l’app ha raccolto un picco giornaliero di 21 milioni di utenti, perfino più del record del videogioco “Candy Crush”, di 20 milioni. E il valore di mercato dell’azienda di videogiochi Nintendo, che possiede una quota di Nantiac, è aumentato di 7,7 miliardi di dollari nell’arco di due giorni.

Pokemon Go al museo di Palazzo Madama a Torino
Ma il videogioco è riuscito a catturare, oltre all’attenzione del pubblico, anche gran parte del suo tempo: con una media di 43 minuti al giorno spesi dagli utenti sull’app (per gli smartphone Android), secondo quanto riportano i dati del web analyst Similar Web. Si tratta del doppio dei 22 minuti di media di Snapchat, l’app di video per cellulare, e più dei 30 minuti di WhatsApp, il servizio di messaggistica. Significa che circa il 60 per cento di chi ha installato Pokemon Go lo usa ogni giorno: e si tratta, ad esempio, del 3 per cento della popolazione degli Stati Uniti, per il momento.

È il «più grande videogioco della storia per il cellulare», secondo i magazine americani. E dopo il debutto negli Usa, l’app è stata appena lanciata in Italia, Germania e Regno Unito.

Tendenze
Fare causa a Pokemon Go è impossibile. Lo hanno deciso gli utenti, a loro insaputa
18/7/2016
Ma cosa sono i Pokemon? La parola significa “mostri tascabili”, traducendo dall’unione delle parole inglesi “pocket” e “monster”. Il videogioco Pokemon Go riporta sul mercato i cartoni animati giapponesi di una serie televisiva molto nota alla fine degli anni Novanta, anche in Italia, che furono già protagonisti di un videogioco di successo.

I Pokemon sono animaletti di fantasia dotati di poteri con cui sono in grado di lottare fra loro. Il più famoso, il roditore giallo di nome Pikachu, lancia scosse elettriche per bruciare gli avversari. Poi c’è Bulbasaur, che getta radici e foglie dal dorso, o Squirtle, la tartaruga che spara potenti getti d’acqua. L’elenco comprende oltre 720 creature immaginarie, e circa 150 di queste ora si trovano in giro per le strade delle città. Chi installa l’app di Pokemon Go ha il compito di uscire di casa per catturarli con la propria Pokeball, una specie di sfera magica capace di contenerli.

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Com’è possibile che i Pokemon si trovino in giro per le città del mondo? L’app del gioco include due tecnologie: geolocalizzazione e realtà aumentata. La prima, è la maniera con cui un dispositivo (smartphone, tablet o computer) viene localizzato su una mappa e nei suoi spostamenti, generalmente grazie alla tecnologia Gps. È la maniera con cui operano servizi come Google Maps o i navigatori per automobilisti. Non a caso John Hanke, fondatore di Nantiac, è stato anche Ceo di Keyhole, azienda rilevata nel 2004 da Google per diventare Google Earth, il software di immagini satellitari del pianeta.

La realtà aumentata invece è la maniera con cui si può vedere un luogo reale, attraverso lo schermo di uno smartphone o del computer, “aumentato” dalla sovrapposizione di elementi virtuali (siano audio, foto, o elementi di testo). Mentre la realtà virtuale crea simulazioni di luoghi, la realtà aumentata semplicemente aggiunge in tempo reale. Così, un quadro al museo, può essere implementato da una spiegazione audio, oppure la mappa di un luogo può spiegarci la storia di un edificio grazie a un testo in una finestrella.

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C’è un Pokemon in sala operatoria
22/7/2016
Pokemon Go grazie alla geolocalizzazione ricrea sul cellulare la mappa della propria città. E sui luoghi reali aggiunge i Pokemon, sparsi un po’ ovunque. Individua le “palestre”, ovvero i luoghi in cui i giocatori possono recarsi per far combattere i propri Pokemon, e i Pokestop, dove si trovano degli oggetti utili al gioco. Basta prendere il proprio smartphone e aprire l’app: la videocamera del cellulare riprenderà automaticamente ciò che abbiamo davanti - una strada, una stanza, un parco - e sovrapporrà all’immagine reale la figura virtuale di uno o più Pokemon.

Per iscriversi la procedura è semplice, basta inserire i propri dati o connettere il gioco al proprio account Google. Si scelgono i connotati dell’avatar, cioè la persona virtuale che ci sostituisce dentro il gioco: io ho scelto un uomo dai capelli castani, zainetto giallo e scarpe da tennis nere. Infine si inserisce il proprio nome, reale o di fantasia.

Una volta nel gioco, una figura virtuale che si è presentata come Prof. Willow mi ha chiesto: «Che ne dici di darmi una mano nella ricerca dei Pokemon?». A quel punto, a pochi metri di distanza, è comparso il Pokemon di nome Bulbasaur ed è bastato cliccare sulla sfera magica per catturarlo. Tutto questo, ovviamente, è avvenuto nell’immagine ripresa dalla camera del mio smartphone. A pochi minuti dall’iscrizione avevo già catturato il primo animaletto, concessomi per incoraggiamento e allenamento.

Poi la mappa mi ha indicato la vicinanza di una palestra virtuale: il gioco ha trasformato il cortile della mia vecchia scuola elementare in un campo di battaglia per Pokemon. Fortuna che le scuole sono chiuse e che vivo in una piccola città di provincia, altrimenti questo sarebbe potuto diventare un luogo affollato in pochi giorni.

Già, perché i ragazzini e gli adulti che in America giocano a Pokemon Go sanno che la caratteristica forte del videogioco sta nell’uscire di casa e socializzare con altri utenti. A differenza delle ore spese sui social media senza spostarsi dal divano. Quello di Pokemon Go è un «intrattenimento localizzato», secondo la definizione che ne ha dato sulla rivista “Scientific American” Ken Perlin, direttore del Media Research Lab della New York University.

La rivoluzione di Pokemon Go, dunque, sta nella sua esperienza fra virtuale e reale, videogioco e socialità. Si unisce il carattere immersivo di un videogioco all’opportunità di conoscere altre persone in spazi aperti.

Ma non è l’unica ragione del successo di questa app. C’è anche - non secondario - l’aspetto psicologico della nostalgia, quel processo che sfrutta la mancanza di un tempo e un luogo del passato che si ricorda più felice, specialmente nell’infanzia. È la stessa ragione per cui oggi tanti vecchi franchise cinematografici vengono ripresi in mano dai produttori: Star Wars, Star Trek, perfino Indiana Jones.

In questo senso Pokemon Go è anche e soprattutto una grande operazione di marketing per millennial, e cioè quei giovani e adulti nati dalla seconda metà degli anni Ottanta fino ai primi 2000. Loro che da ragazzini vedevano in tv i cartoni animati giapponesi: «La nostalgia riguarda tanto il futuro quanto il passato», spiega alla rivista “Time” Clay Routledge, professore di psicologia all’Università del North Dakota, che da 10 anni studia gli effetti psicologici della nostalgia. «Non deve sorprendere che Pokemon Go crei relazioni sulla base di memorie condivise», conclude.

Insomma, chi passeggia nei parchi alla ricerca dei Pokemon cerca soprattutto il contatto umano con chi è cresciuto con gli stessi cartoni animati. Come dei moderni Ulisse, con lo smartphone al posto della bussola, navigatori in cerca di una casa che non esiste più: quella della propria infanzia, di prima degli attentati terroristici, prima della crisi finanziaria e dell’insicurezza globale. Si cerca un mondo che, almeno nella memoria, sembra più semplice rispetto ad ora.

Chi installa l’app Pokemon Go, dunque, oltre a chiedersi se il gioco lo diverte, starebbe chiedendosi se giocare potrà fargli rivivere le esperienze della propria infanzia.

Un successo basato anche su motivazioni psicologiche e generazionali, insomma: a cui è stata applicata la tecnologia della geolocalizzazione e della realtà aumentata.

Non mancano, come in ogni successo, anche i margini di miglioramento e i problemi. La tecnologia del gioco non è perfetta, ad esempio: gli animaletti sono solo disegni spesso di dimensioni sfasate rispetto a ciò che li circonda. I server dell’azienda reggono a fatica i 9,5 milioni di utenti giornalieri attuali - la stima è del magazine americano “Recode” - nell’ultimo fine settimana l’app si è bloccata per due volte.

C’è poi la questione sostenibilità economica: per Nintendo, Pokemon Go dovrebbe generare tra i 150 e i 200 milioni di dollari al mese per creare profitti, e potrebbe essere necessario inserire inserzioni pubblicitarie. E ci sono già tanti rapporti di incidenti subiti dagli utilizzatori del gioco: da chi è andato con l’auto contro un albero mentre usava Pokemon Go, ai due giocatori caduti in un precipizio durante un’esplorazione.

Comunque vada, Pokemon Go rappresenta il primo case history di massa di utilizzo della realtà aumentata sul cellulare.

Ma il videogioco è importante anche per un’altra ragione: ha mostrato che la tecnologia cambia assieme alle abitudini delle persone, e ora gli utenti sembrano sempre più stufi di usare smartphone e social media in maniera passiva - come si trattasse di televisione.

Perché il web e i videogiochi, spesso criticati perché narcisisti e solitari, ora ribaltano il paradigma: ci si connette per socializzare ed esplorare la città. Spesso scoprendo zone, strade, parchi, monumenti che fino al giorno prima ci erano ignoti. È un gioco anche didascalico, quindi, o almeno può esserlo. Oltre che sociale. E che va in senso contrario rispetto al luogo comune del videogiocatore sdraiato sul divano.

“Catturali tutti”, dice lo slogan del videogioco. E di certo questa nuova app ha già catturato l’attenzione di milioni di persone in tutto il mondo. Oltre che degli sviluppatori, che stanno già pensando a come declinare la realtà aumentata in altre forme, altri giochi, altre idee.