Radi è stato salvato al largo della costa libica. Era partito a luglio dal porto di Sabrata con solo i vestiti che indossava. Non era l’Italia la sua meta, bensì Francoforte. Per uno come lui, però, l’Europa della libera circolazione si è ormai trasformata in fortezza. L’unica strada che gli è concessa per raggiungere la città tedesca è quella illegale. Rispetto a tanti suoi compagni, ha avuto fortuna. L’ha salvato l’incontro con un medico, “passeur” per umanità. Che ha scelto un insolito tragitto per aggirare i controlli di frontiera in Svizzera: i traghetti che navigano il Lago Maggiore e attraversano il confine senza controlli. Un viaggio che ha permesso di superare i blocchi della polizia elvetica, durissima nel rispedire indietro gli immigrati. Ecco il racconto di questo incredibile viaggio.
[[ge:rep-locali:espresso:285226305]]UN ANGELO IN CAMICE BIANCO
Tutto ha inizio in mezzo al mare, a metà luglio. Alla deriva per dodici ore, fino all’arrivo di una nave della Marina Militare italiana che trae in salvo Radi con altre duecento persone. Complice il bel tempo, in quei giorni monta l’onda di arrivi: a migliaia risalgono la Penisola fino ai confini del Nord per continuare verso Francia, Germania e Gran Bretagna. E sbattono contro i divieti di ingresso imposti da Parigi, Berna e Vienna. Più di tremila bloccati a Milano, 450 in stazione a Como, mille a Ventimiglia dove si danno appuntamento i manifestanti “No borders”. Nei tafferugli di sabato 6 agosto muore d’infarto un poliziotto. In pochi giorni sale la tensione, si diffonde la paura. In mezzo a questo caos, Radi non perde però la speranza. Ha 25 anni e vuole ricominciare lontano dalla Libia in piena guerra civile. Orfano e con un piccolo negozio ormai chiuso, ha racimolato 1.500 dollari per raggiungere Lampedusa. Così affronta il mare e dopo alcuni giorni viene tirato a bordo della fregata Vergottini, una nave da guerra impegnata nel salvataggio degli immigrati in mare.
Bagnato, impaurito e solo, al riparo nella pancia della nave, chiede aiuto ad un medico, Rosa Maria Vitale, una volontaria che per quattro settimane è a bordo e presta cure sanitarie. «L’ho incontrata mentre era all’opera, ascoltava e aiutava. Lo faceva con tutti, era il nostro medico. Ho immediatamente sentito la sua umanità», racconta Radi. Dopo pochi giorni le loro strade si separano. Lui sbarca ad Augusta, mentre lei torna nella sua città, Milano. E qui Radi la cerca e la ritrova. È scappato dal centro di accoglienza perché vuole andare in Germania. Ha un compagno di viaggio, Abdoulaye anche lui libico, pochissimi soldi e nessuna voglia di fermarsi.
«È un paese bellissimo il vostro. Mi ha accolto, aiutato e sfamato ma qui ci sono poche opportunità per lavorare». Rosa Maria Vitale lo ascolta, capisce i suoi sogni e vuole dargli una mano. Così pensa come aggirare i controlli via terra. Non vuole metterlo in mano ai passeur, gente senza scrupoli che approfitta del dramma per arricchirsi imponendo tariffe esose, trasbordi attraverso i boschi o viaggi tremendi stipati a bordo di furgoni. C’è una rete informale, qualcuno le consiglia di passare dal Piemonte. «Quattro settimane a curare donne, bambini e uomini sono state così intense e mi hanno segnato che mi sembra ingiusto non dargli la possibilità di un nuovo inizio. Lo so, è solo un piccolo contributo ma non ho paura di rischiare un’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Hanno l’età dei miei figli e io mi aspetto che nella stessa situazione qualcuno faccia lo stesso», dice il medico.
Decide allora di sfidare il destino, aggirare i controlli e spacciarsi per turista, insieme ai due profughi. Destinazione Francoforte. Sono 850 chilometri da Milano. Vitale decide di provarci passando dal Lago Maggiore. Preso d’assalto da 4 milioni di turisti ogni anno, ci si muove a bordo di traghetti per visitare le isole Borromee, Arona, Stresa, Angera e Cannobio. Mete che hanno un grande pregio: collegano le due sponde (Lombardia e Piemonte) con la cittadina elevetica di Locarno senza bisogno di mostrare il passaporto. Durante la guerra, ?la Svizzera era un miraggio di salvezza per oppositori e intere famiglie di ebrei. Chi accompagnava i gruppi in fuga tra le montagne lo faceva per convinzione antifascista o per solidarietà umana. Settanta anni dopo, lo stesso tragitto viene fatto per salvare gli immigrati in fuga dai loro paesi in guerra.
LA “GITA” SUL LAGO MAGGIORE
È giovedì 11 agosto. Si parte alle 8 del mattino da Milano. Fino a mercoledì non ci sono traghetti da Arona per Locarno durante la mattina. Poi il servizio è invece regolare: 4 ore e 15 minuti per risalire tutto il lago e arrivare fino in Canton Ticino. Mancano 76 chilometri per sbarcare nella terra promessa e continuare il viaggio. Qui non ci sono barconi, come nel Mediterraneo: solo turisti desiderosi di bellezza e paesaggi mozzafiato. Basta poco a confondersi tra gruppi di pensionati in gita, famiglie con tutto il necessario per il pic-nic. Radi e Abdoulaye hanno due piccole borse con qualche vestito donato dai volontari. Ai piedi hanno entrambi un paio di infradito, indossano pantoloncini e maglietta. Sono arrivati fin qui con niente e continuano senza mangiare e bere. I biglietti li paga il medico: andata e ritorno per tutti, per non destare sospetti. Costa trenta euro e cinquanta. A bordo anche i due ragazzi fanno le foto di rito, come se fossero turisti in gita.
TRA SELFIE E TURISTI
L’arrivo a Locarno è nel primo pomeriggio. Come previsto. allo sbarco nessuno chiede i documenti. Non c’è neppure la polizia. Solo il personale della società di navigazione. La città è un trionfo di sole e colori. Fino al 13 agosto va in scena il film festival, uno degli appuntamenti clou dell’estate che attira migliaia di appassionati nelle
proiezioni en plein air della centralissima piazza Grande. Poco distante c’è la stazione, la meta di questa operazione umanitaria. I biglietti costano cari per raggiungere la Germania: 182 euro a testa. E un solo treno.
Non c’è altra scelta. Come per voli i low cost le tariffe migliori vanno acquistate con un pò di tempo di anticipo. La spedizione non ha tempo da perdere. Rosa Maria Vitale ne prende due distinti e separati: in caso di controlli a Radi non hanno preso le impronte ad Augusta mentre ad Abdoulaye a Lampedusa è stato schedato. E quest’ultimo rischia di essere rimandato in Italia, primo paese di arrivo in Europa ?e dove dovrebbe aspettare lo status di rifugiato. Mancano ancora 7 ore e mezzo di viaggio. Seicento chilometri. ?Cambio a Basilea e poi dritti fino alla capitale finanziaria ?della Germania. Arriveranno prima di mezzanotte. Hanno ?un contatto con la cugina di Abdoulaye, le ha scritto via Facebook e attende risposta. «Good luck, Inshallah», salutano commossi i ragazzi. Poi salgono in carrozza senza voltarsi. All’una di notte arriva un messaggio: «Siamo arrivati. Ce l’abbiamo fatta».