Il presidente Guy Verhofstadt stoppa l’ingresso al MoVimento: «Troppe le differenze». La replica di Grillo: «L’establishment ha fatto di tutto per fermarci». Intervista all’europarlamentare grillino Piernicola Pedicini: «Ora il rischio concreto è finire nel gruppo misto tra i non iscritti»

Né con Nigel Farage, né con Guy Verhofstadt. Il Movimento 5 Stelle dice addio al gruppo “Europa della libertà e della democrazia diretta” per passare tra i banchi del liberale Alde (Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa) ma il leader Guy Verhofstadt fa un passo indietro.

«Sono arrivato alla conclusione che non ci sono sufficienti garanzie di portare avanti un’agenda comune per riformare l’Europa», ha dichiarato l'ex premier belga aggiungendo che «non c'è abbastanza terreno comune per procedere con la richiesta del Movimento 5 Stelle di unirsi al gruppo Alde. Rimangono differenze fondamentali sulle questioni europee chiave».

Lo schiaffo al Movimento è arrivato dopo il voto online che ha approvato la proposta del leader Beppe Grillo: il 78,5 per cento dei votanti (40.654 iscritti) ha detto Sì al trasloco dei 17 europarlamentari eletti in Italia.

Questa la reazione a caldo di Beppe Grillo: «L’establishment ha deciso di fermare l’ingresso del Movimento 5 Stelle nel terzo gruppo più grande del parlamento europeo. Questa posizione ci avrebbe consentito di rendere molto più efficace la realizzazione del nostro programma. Tutte le forze possibili si sono mosse contro di noi. Abbiamo fatto tremare il sistema come mai prima».

Cosa succederà ora lo abbiamo chiesto all’europarlamentare grillino Piernicola Pedicini.

«Sono sconvolto, sarebbe per noi una grande sconfitta. I termini dell’accordo erano fissati, noi aspettavamo il voto online per ratificare ogni decisione. Per domani mattina era già in programma un incontro per i dettagli ma è tutto sfumato. Ora il rischio concreto è di rimanere a piedi e finire nel gruppo misto tra i non iscritti a nessun gruppo».

Cosa non andava più con l’Ukip di Nigel Farage?
«È nato come un gruppo tecnico per fare azione politica con l’ambizione comune della democrazia diretta, ma dopo il voto di giugno sulla Brexit tutte le differenze sono emerse: sul programma delle politiche ambientali noi contro le fonti fossili e loro per il nucleare. E tante posizioni non conciliabili sul campo dei diritti umani. Infatti avevamo una corrispondenza al voto molto bassa: solo al 20 per cento tra noi e i colleghi inglesi».

Non si poteva fare questa scelta prima ed evitare scossoni?
«All’inizio della legislatura, nel 2014, non avevamo altre possibilità: i Verdi non ci hanno voluto e i contatti con gli altri gruppi ha portato solo a porte sbattute in faccia. Il motivo è semplice: noi eravamo dipinti come anti-europeisti e di destra che però non corrisponde alla nostra idea politica».

Cosa è cambiato dopo il successo della Brexit a Bruxelles?
«Nel gruppo Efdd gli inglesi di Ukip hanno cominciato a lavorare per uscire dall’Unione europea nei prossimi due anni con l’unico obiettivo di rompere gli accordi e portare a Londra i maggiori vantaggi possibili. Noi invece ci siamo candidati per stare in Europa con l’idea di sostituire i politici di professione con cittadini che entrano nelle istituzioni».

Hanno vinto i falchi di Alde come la parlamentare Sylvie Goulard che vi considera «pericolosi», «nazionalisti» e «anti Ue»?
«Sono poco informati: abbiamo parlato con i vertici e se ci sono mal di pancia non sono problemi nostri. Invito ad informarsi cosa sono i cittadini portavoce del nostro Movimento. Nessuno di queste accuse ci tocca».

È stata una mossa azzardata in previsione del voto di settimana prossima che deciderà il futuro presidente del Parlamento?
«Sì c’era anche questo: prima del voto e del passaggio mancato io era candidato di bandiera alla carica di presidente. E anche la decisione di dare più potere al leader di Alde Guy Verhofstadt era una cosa seria».

Al ballotaggio tra il popolare Antonio Tajani e il socialista Gianni Pittella chi votereste?
«C’è libertà di voto come delegazione del M5s. Su entrambi ho una mia idea ma non la dico».

Si apre una nuova fase nel parlamento Ue con nuovi equilibri in gioco. Che cosa sperate di portare a casa dopo cinque anni?
«Abbiamo dato il nostro contributo su file e dossier molto importanti: per la migrazione la questione di superamento di Dublino 3 per la ripartizione delle quote nazionali è una nostra proposta. Abbiamo tenuto la posizione per contrastare l’uso delle fonti fossili e continuare con la linea comune di decabornizzione e la battaglia contro l’ingresso della Cina nell’economia di mercato. L’abbiamo introdotta noi ed è diventata battaglia comune contro il dumping di Pechino che fa concorrenza sleale alle nostre economie locali».