È giunta l'ora della secessione per le due regioni? Il referendum è il coronamento del sogno della Padania indipendente? Niente di tutto questo. I due governatori – leghisti – chiedono ai loro concittadini se sono favorevoli a una maggiore autonomia delle due regioni. E se vincerà il “Sì”, Lombardia e Veneto acquisteranno l'autonomia? No, non si aggiungeranno automaticamente alle cinque regioni a statuto speciale già esistente. Il referendum, infatti, è consultivo e non vincolante. E allora quali sono le ragioni del voto? Ecco tutte quello che c’è da sapere.
PERCHÉ SI VOTA
Il referendum è consultivo e avrà solamente un valore politico. Roberto Maroni e Luca Zaia vogliono utilizzarlo come arma di pressione sul tavolo delle trattative con il governo per chiedere maggiore autonomia – in particolar modo fiscale – per le due regioni. I due leghisti non avrebbero bisogno di alcun mandato popolare, ma vogliono sfruttare l’eventuale vittoria del “Sì” e l’alta partecipazione popolare per dare alla loro iniziativa maggiore peso.
COSA PREVEDE LA COSTITUZIONE
I due referendum consultivi chiedono la concessione di una maggiore autonomia dallo Stato, guardando al modello delle cinque regioni a statuto speciale (Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta). Nessuna secessione, né violazione dell’ordinamento costituzionale: solo una consultazione popolare. È previsto il quorum solo in Veneto.

La Costituzione prevede che tutte le regioni possono chiedere al Governo più materie di competenza. E su questo si fondano i due referendum. La norma è prevista dall’articolo 116 del Titolo V, quello inerente l’ordinamento dello Stato e il rapporto con le Regioni. È in assoluto la prima volta che viene utilizzato: finora nessuno vi aveva mai fatto ricorso.
La procedura per la richiesta di maggiore autonomia può essere avviata da qualsiasi Regione. Dopo il raggiungimento di un accordo con lo Stato, questo deve essere approvato da Camera e Senato a maggioranza assoluta.
IL QUESITO REFERENDARIO
In Lombardia, il quesito posto agli elettori è: «Volete voi che la Regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione e con riferimento a ogni materia legislativa per cui tale procedimento sia ammesso in base all’articolo richiamato?».
In Veneto, la domanda è più breve: «Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?».

COME SI VOTA
Sarà il referendum del tablet. In Lombardia la vecchia scheda cartacea sarà sostituita dal voto elettronico. È la prima volta che in Italia si sperimenta il sistema di E-voting. Verrà utilizzata la piattaforma digitale dell’azienda statunitense Diebold-Nixdorf, che si occupa di produzione, installazione e gestione di apparati self-service per il mondo bancario. L’agenzia interinale Manpower ha avuto l’incarico di ricercare, selezionare, formare e assumere, oltre 7 mila Digital Assistant per le 12 provincie della Regione Lombardia. Questi assisteranno presidenti di seggio e scrutatori per qualsiasi problema relativo all’uso dei dispositivi elettronici.
QUANTO COSTA IL REFERENDUM
Il referendum in Lombardia costerà quasi 50 milioni di euro. Come indicato nel bilancio di previsione 2017 per lo svolgimento della consultazione, 24,6 milioni di euro andranno a coprire le spese dei Comuni e a pagare il personale di seggio. A questi vanno aggiunti 11,1 milioni per l'acquisto delle macchine per il voto elettronico, 4,4 milioni per il software di Diebold-Nixdorf, e altri 4,4 milioni per il servizio di assistenza tecnica e per la formazione del personale addetto ai tablet. Altri 3,3 milioni verranno spesi per attività di comunicazione (1,7) e promozionali (1,6).
COSA SUCCEDE SE VINCE IL SI
Se la maggior parte degli elettori voterà “Sì”, non cambierà nulla: Lombardia e Veneto non avranno subito più autonomia. Ma i due governatori Roberto Maroni e Luca Zaia potranno utilizzare la carta del mandato popolare sul tavolo delle trattative con il governo per una maggiore autonomia.
COSA SUCCEDE SE VINCE IL NO
Se la maggior parte degli elettori voterà “No”, Maroni e Zaia non potranno presentarsi al tavolo delle trattative con il governo investiti da un forte mandato popolare. Un’eventuale vittoria del “No” non potrà comunque impedire ai due governatori di portare avanti trattative con Palazzo Chigi. La vittoria del “Sì” sembra scontata: la partita si giocherà sul numero di astenuti. E l’astensione può ostacolare il percorso verso l’autonomia soprattutto in Veneto, dov’è previsto il quorum.
LE INDICAZIONI DEI PRINCIPALI PARTITI
In entrambe le regioni, quasi tutte le formazioni politiche stanno invitando a votare “Sì”. Subito dopo l’istituzione dei referendum, il segretario leghista Matteo Salvini ha benedetto la consultazione dichiarandosi «orgoglioso di essere il segretario della Lega che fa». «Era ora» ha dichiarato Umberto Bossi «sono la conseguenza di una lunga lotta». Entusiasta anche Giovanni Toti, governatore della Liguria, dove il M5s ha presentato una mozione per un referendum sull’autonomia: «Dal grido di libertà di Lombardia e Veneto dipenderà il grido di libertà della mia regione e dell'Italia intera».
«Questo non è un tema che appartiene alla Lega, ma un po’ a tutti» ha affermato il sindaco di Milano Giuseppe Sala: «Consiglierò a tutti di votare positivamente». Anche il presidente di Anci Lombardia Virginio Brivio, esponente del Pd, si è schierato per il "Sì": «Ho aderito al Comitato dei sindaci per il Sì al referendum perché penso che questa sia una sfida da cogliere per ridisegnare un rapporto tra Roma e Milano e anche tra Milano e i territori lombardi». Il Pd però non ha ancora preso una posizione netta, sembra spaccato su posizioni politiche (astenersi) e di opportunità (votare).
Il Movimento 5 Stelle ha appoggiato il referendum e ha dato indicazione agli elettori per il Sì
Contraria invece la sinistra. «La Lega sta apparecchiando un vero imbroglio ai danni dei cittadini» ha dichiarato Chiara Cremonesi di Insieme per la Lombardia, il nome del gruppo di Sel in consiglio regionale «questa consultazione non consentirà di trattenere più risorse in Lombardia». Per Giuliano Pisapia il referendum «è un inganno politico, una presa in giro: il voto proposto da Maroni non avrà nessuna incidenza».
Contraria anche Giorgia Meloni. «Noi sosteniamo un federalismo patriottico. Lo dico chiaramente: i referendum di Lombardia e Veneto non ci appassionano. La ricchezza del Nord è effimera al di fuori della coesione nazionale» ha dichiarato la leader di Fratelli d’Italia. Ma non tutta la destra ha la stessa posizione. «Giorgia Meloni ha sostenuto un'idea pericolosa e sbagliata: che i referendum per l'autonomia della Lombardia e del Veneto possano essere uno strumento contro l'Unità nazionale» hanno scritto in una nota congiunta Gianni Alemanno e Francesco Storace di Movimento per la sovranità «è vero esattamente il contrario: il vero rischio per l'unità nazionale, e anche per il suo sviluppo economico, è continuare a disconoscere l'enorme residuo fiscale che viene versato da queste due regioni allo Stato centrale».