I pericoli per la formazione di miscele esplosive nei terminali del gasdotto che arriva in Puglia messi in mostra da una relazione. E spunta anche uno scontro tra ministeri sull'applicazione di una normativa europea che prevedeva la consultazione della popolazione locale

I lavori del Tap da far partire in fretta, uno scontro tra ministeri e “l'irrituale" interpretazione di una lettera della Commissione europea per tagliare i tempi. È il retroscena dietro l'inizio della costruzione del terminale del gasdotto adriatico che l'Espresso è ora in grado di svelare.

Tutto ruota intorno alla direttiva europea Seveso che obbliga a rispettare precisi parametri e a consultare la popolazione per la costruzione di stabilimenti “a rischio di incidente rilevante”. Nel 2014 la valutazione di impatto ambientale del ministero dell’Ambiente ne aveva previsto l'applicazione. Ma i ministeri dell'Interno e dello Sviluppo Economico erano contrari. Così il ministero dell'Ambiente aveva chiesto un parere alla Commissione Europea: l'8 ottobre 2014 il dirigente della Direzione Generale per le valutazioni ambientali, Giuseppe Lo Presti, per conto del direttore generale Mariano Grillo, scrive a Thomas Verheye della Commissione Europea una lettera sull'applicazione della Seveso.

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Il 21 ottobre Verheye replica che: «Una risposta di carattere generale al suo quesito non è possibile» perché i terminali «possono variare nel loro disegno. Pertanto, sarebbe necessario eseguire una valutazione caso per caso». Sappiamo, scrive, che «i terminali di ricezione sono spesso parte integrante o collocati entro altri impianti» e se questi sono coperti dalla direttiva, anche il gasdotto deve esserlo. Il parere di Bruxelles è molto cauto, ma il direttore dell'area rischi industriali dell'Interno, Cosimo Pulito, lo riduce così: «Il parere della Commissione afferma sostanzialmente che i terminali non sono assoggettabili alla Seveso se finalizzati al trasporto del gas; quindi si conferma il parere già espresso».

La direttiva è superata. Si attuano «procedure accelerate» per consentire l’inizio dei lavori. «Si tratta di una manovra ministeriale irrituale» come la definisce il professor Dino Borri del Politecnico di Bari. Eppure le linee guida dell’Ue sono impostate su un rigido principio di precauzione nella valutazione del rischio. Il comune di Melendugno e la regione Puglia fanno ricorso a Tar e Consiglio di Stato e poi vanno alla procura di Lecce. Ma i ricorsi vengono respinti perché le questioni tecniche «sono state approfondite dagli organi competenti» e il parere della Commissione supporta le scelte compiute.
 
I rischi però non scompaiono. E ritornano nero su bianco in una relazione sugli scarichi del terminale del Tap di uno dei maggiori esperti di ingegneria energetica, Umberto Ghezzi del Politecnico di Milano. «Rischi estremamente rilevanti. Esplosioni, incendi» spiega l'ingegnere nella relazione inviata al sindaco di Melendugno a giugno, in cui scrive: «Il pericolo è che si formino miscele esplosive che possono essere innescate con conseguenze estremamente rilevanti».

Prima di lui lo aveva affermato l’ingegnere chimico Alessandro Manuelli, denunciando difetti di progettazione negli scarichi durante le operazioni di manutenzione o in casi di emergenza. Persino Tap in un documento valuta medio/alto l'impatto «sull'ambiente e sulla qualità di vita per le famiglie in prossimità delle principali aree di cantiere». E le modifiche sul progetto di cui i vertici della multinazionale hanno parlato recentemente non hanno nulla a che vedere con i pericoli connessi al terminale di ricezione.
 
Ma il governo Gentiloni, come i tre precedenti, supporta il progetto. Il ministro De Vincenti non ha dubbi e neanche Calenda, che pochi giorni fa ha nominato capo di gabinetto il numero due di Tap, Ernesto Somma, professore dell'ateneo di Bari e dal 2012 consigliere per i rapporti con le autorità locali per Tap. Autorità che Somma conosceva perché già componente del Nucleo di valutazione degli investimenti della Regione; incarico che per due anni e fino al 2012 è coinciso con la direzione generale del dipartimento degli Affari Regionali della presidenza del Consiglio. Lo troviamo anche nel cda di Ansaldo e della Fondazione Banco di Napoli e nel comitato investimenti di Invitalia. Ma quella per il gas è una vocazione di famiglia. Impes Service, amministrata dai suoi fratelli Francesco e Michele, ha partecipato alla realizzazione del Centro Olio Val d'Agri dell'Eni in Basilicata, oggetto di un’indagine della procura di Potenza in cui è coinvolta anche la Tecnoparco di Michele Somma. Un quadro da cui emerge come Tap sia l'immagine di un'Italia in cui tutto si confonde in un groviglio di interessi dissimulati nel nome dell’Europa.

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