Nel nostro Paese l’idea che recarsi alle urne sia una responsabilità oltre che un diritto si è sgonfiata fino a evaporare in una insensibilità generalizzata. E l'altissima astensione è solo uno dei fenomeni che lo dimostra

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Alla vigilia delle elezioni politiche moltissimi sono gli incerti, gli esitanti, quelli che si sentono spaesati come mai era accaduto prima. Non tutti, certo, perché una parte degli italiani andrà a votare senza provare alcun turbamento, solo con una convinzione pregiudiziale un po’ attenuata.

Un’altra parte, decisamente più cospicua, già si asteneva dal voto e questa volta avrà dei motivi in più per tenersi fuori da uno scenario politico che sembra molto lontano dai bisogni effettivi della gente. Tra cui il bisogno di capire con qualche chiarezza il rebus della nuova legge elettorale: che cosa andrà a scegliere se si recasse al seggio e cosa potrebbe produrre in concreto il suo eventuale voto? Le alchimie del dopo e le litigiosità ?di adesso difficilmente saranno rese trasparenti da una campagna elettorale ?che nei prossimi mesi si annuncia al tempo stesso opprimente e confusiva.

Tutti gli altri vivono con incertezza e turbamento il loro compito di elettori. Turbati o almeno incerti sul valore da attribuire all’espressione “diritto di voto”. Andremo a esercitare questo diritto, che è stato acquisito come una indiscutibile conquista sociale ed è giustamente sancito come primario dalla nostra Costituzione, ma – se ci interroghiamo fino in fondo – che ora ci appare vuoto e scarsamente incisivo rispetto ad altri diritti, vecchi e nuovi, più specifici e concreti, qualcosa per cui insomma vale la pena di mobilitarsi e che andrebbe difeso perché non venga messo in dubbio. Si tratta, nientemeno, che del diritto di partecipare alla scelta di chi ci governerà, un tratto fondamentale e decisivo perché da lì discenderà il potere di chi farà le leggi ?e dunque disporrà delle regole senza le quali nessuna società può funzionare.

Dovremmo essere completamente irresponsabili per ignorare la semplice verità che ho appena ricordato, ma dovremmo anche essere del tutto annebbiati per confermare senza esitazioni la nostra fiducia a questo assunto che è il tassello di base di quell’edificio che chiamiamo democrazia. E allora, se siano cittadini responsabili come ciascuno di noi vorrebbe essere, l’esitazione si trasforma in turbamento, in un sentimento di intenso disagio, quasi di impotenza, in un nodo che la nostra coscienza civile ci spingerebbe a sciogliere ma che la nostra consapevolezza critica ci presenta come un blocco che non si lascia maneggiare, a meno che non chiudiamo gli occhi ?ed entriamo in un compromesso insopportabile con noi stessi.

Se poi consideriamo che il voto, oltre a essere un essenziale diritto acquisito, si caratterizza anche come un dovere del cittadino, le riflessioni diventano ancora più amare. L’idea che il voto sia un dovere si è sgonfiata fino a evaporare in una insensibilità generalizzata. Bene o male che sia, questo svuotamento del dovere è oggi un dato fattuale. Un bene se guardiamo al suo aspetto di vincolo che entrava in contrasto con la pienezza della libertà di scelta, un male se consideriamo che esso significava che ci fosse una battaglia politica da combattere per un ideale di società che sembrava disponibile. E credo che il turbamento o la crisi dell’elettore di sinistra si giochino proprio su questo margine di idealità come promessa di un futuro migliore, che un tempo chiamavamo socialista o comunista e che oggi ci accontenteremmo ?di chiamare comunitaria. Il margine è diventato sottile fin quasi a sparire, riassorbito ?in un semplice desiderio che tanti di noi mantengono, ma che tutti riteniamo ?sempre meno fondato.

Già, il futuro. È la dimensione temporale che appare ormai occlusa, come sanno i giovani costretti a segnare il passo e le loro famiglie che devono dimenticare tanti sogni di compensazione personale. E come la politica attuale conferma, non lasciando più spazio a prospettive lunghe per attestarsi invece su una faticosa e miope gestione del presente. Nessuna meraviglia, dunque, se l’elettore è turbato oltre che demotivato a dare il suo voto a chi non gli fornisce alcuna speranza di poter uscire da tale angustia, e certo neppure a chi fa promesse talmente vaghe e inconsistenti ?da risultare manifestamente propagandistiche.