Il fenomeno della “damnatio memoriae” non è nuovo: risale agli antichi Egizi e Romani. Ed anche nei secoli successivi è stata di tanto in tanto praticata. ma oggi non funziona più

La rimozione di una statua dedicata a Lenin a Ulan Bator
Non esiste la Storia come entità reale; esistono tante storie quante sono i racconti che narrano il passato. Queste storie appartengono al genere narrativo e implicano innanzitutto l’adozione di stili narrativi differenti. C’è tutta una gerarchia di attendibilità che si basa sui documenti cui fanno riferimento: si va dalla pura invenzione all’adozione del metodo scientifico, per il quale ogni affermazione deve rimandare ad una fonte.

Wikipedia ha adottato questo criterio aggiungendovi il principio della valutazione: l’enciclopedicibilità. In altre parole, pochi sono degni di enciclopedicibilità: nella sua determinazione conta non tanto quello che uno ha scritto o fatto, quanto quello che gli altri hanno detto di lui. Wikipedia fornisce solo una quantità sterminata di informazioni. Sotto questo aspetto da un lato ha distrutto le enciclopedie tradizionali, dall’altro è stata costruita dal lavoro di una enorme quantità di studiosi, studenti, dilettanti ecc.
La rimozione di una statua dedicata a Francisco Franco in Spagna

Il fenomeno della “damnatio memoriae”, vale a dire la cancellazione di ogni traccia dell’esistenza di una persona, non è nuovo: risale agli antichi Egizi e Romani. Ed anche nei secoli successivi è stata di tanto in tanto praticata. Non so se sia mai stata veramente efficace, ma certo oggi, nell’epoca della comunicazione, non lo è. Inoltre mi sembra piuttosto controproducente. La congiura del silenzio su una persona o su un fatto ritenuti “non grati” lo è molto di più. Per esempio nel periodo compreso tra il 1970 e il 1988 nessuno scriveva di Guy Debord, l’autore di “La società dello spettacolo”. Un altro fenomeno è il vandalismo e il distruzionismo che si manifesta anche nelle arti visuali in modi e con significati differenti.

Il vero e proprio lavoro storico si distingue dalla cronaca perché implica una interpretazione del passato. Dietro il racconto apparentemente più oggettivo si nasconde una trama teorica o almeno una scelta su ciò di cui vale la pena di parlare e in che misura.

Per me la scrittura della storia è sempre stata una grande passione: numerosi miei libri sono costruiti come storie di discipline (l’estetica), di movimenti di avanguardia (i situazionisti), di periodi storici (gli ultimi cinquant’anni), di generi letterari (il romanzo moderno). Lo storico procede come il sarto: la cosa più difficile è il taglio e l’individuazione degli eventi matrice e dei personaggi concettuali, vale a dire di quei fenomeni e di quegli autori la cui influenza si estende per un lungo periodo di tempo. Per esempio, nessuno vorrà negare che il successo della rivoluzione iraniana sia stato determinante per capire ciò che accade oggi nel mondo islamico (le radici del risveglio di questa religione stanno alla fine degli anni Venti in Egitto e in India). Ci sono voluti cento anni per considerare Nietzsche un filosofo di prima grandezza.

La distruzione di una statua di Saddam Hussein a Baghdad
Quanto al cambiamento dei nomi delle strade e all’abbattimento delle statue, si tratta di cose ridicole. Io sono nato in Via Pietro Micca, quel soldato che nel 1706 immolò la propria vita per difendere la città di Torino: considerato per quasi tre secoli un eroe, ho sentito che qualcuno vorrebbe cambiare nome a questa strada perché considera Pietro Micca un kamikaze, un terrorista. E non parliamo di Felice Orsini, che lo è stato veramente (eppure ci sono strade che portano il suo nome a Milano, Forlì, Cesena, Imola). Son tutte cose che creano confusione nel recapito postale, che già funziona malissimo! Propongo una legge che impedisca di cambiare nome alle strade, alle città ecc. Nomi nuovi solo per strade nuove e lasciamo stare i monumenti!

Altra questione è che cosa noi diventiamo senza la percezione della storia, dei fili che legano passato, presente e futuro. Riguarda l’identità e l’eredità. Fintanto che i governanti spacciano per “valori democratici” e per “stile di vita occidentale” il consumismo, la movida, l’edonismo, la distruzione del sistema scientifico-professionale, l’eliminazione di ogni differenza, il livellamento verso il basso, la scuola che promuove tutti, non c’è da meravigliarsi che trionfino l’ignoranza, il ribellismo opportunistico ed egoistico che qualcuno ha ben sintetizzato nella frase: “Viva me! Abbasso gli altri!”.

Mio padre non aveva una formazione umanistica ed esercitava una professione scientifica, credeva nel progresso, sapeva il tedesco e inoltre era ateo. Ma aveva davanti alla sua scrivania la Bibbia in dodici volumi con testo latino, il Corano, i classici greci e latini: sapeva da dove veniva e che cosa trasmettermi. Si sentiva l’anello di una catena non solo familiare, ma anche culturale. Io credo di essere riuscito a fare lo stesso con mia figlia Ivelise. Ma lei riuscirà con i suoi figli? I miei nipoti, Adriano e Graziella, sapranno di appartenere ad una identità, le cui origini risalgono a 2500 anni fa e che sono state vive e feconde ancora per la mia generazione? Oppure precipiteranno nel pozzo dell’infantilismo consumistico?

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