Teo Mammucari sta conducendo su Canale 5 ?Lo scherzo perfetto. Una trasmissione che conferma quanto in tv sia difficile divertire

Il mistero della comicità e del conseguente riso è, dentro e fuori dalla televisione, un tema alto e oscuro. Non serve farsi belli, a proposito, evocando nel merito Henri Bergson e il suo celeberrimo saggio di inizio Novecento. Per cogliere quanto sia complesso il mestiere del divertire è sufficiente accedere ai palinsesti delle principali reti pubbliche e private. Non ci sono, in questo caso, mediazioni o raccomandazioni che possano agevolare il successo di un artista. E neanche importa, alla resa dei conti, il supporto invadente degli agenti di spettacolo, potenti nell’atto di imporre i propri clienti alle reti ma impotenti quando uno di loro sul palco scatena non risate ma imbarazzi.

Certo: se un essere umano si chiama Checco Zalone, e la natura gli ha donato l’istinto e il talento per apparire in video e illuminare le folle in automatico, la questione non sussiste. Ma non sempre è così. Anzi, non lo è quasi mai. Si è visto fin troppo bene grazie a quei programmi che, da Zelig in giù, hanno messo in scena battutisti privilegiando il ritmo - tre minuti e pedalare - al livello dell’esibizione. Una deriva suicida, nell’insieme. Una scelta che ha contribuito a lanciare, è vero, alcuni fuoriclasse come Zalone, ma ha anche sepolto l’essenza del ridere sotto le macerie del ragionare a cottimo.

Nulla di innaturale, sia chiaro, bensì il risvolto mediatico di un pubblico sempre meno disposto alla complessità e alla creazione di umorismi non ortodossi. L’apoteosi dello sghignazzo usa e getta, insomma, che niente aveva e ha in comune con fenomeni in stile Corrado Guzzanti (di nicchia, oggi, per vocazione psico-antropologica e vizio cronico della raffinatezza), o anche con la paesaneria di proposte come Made in Sud, in cui risorge su Rai2 l’avanspettacolo e lo sfruttamento categorico del campanilismo.

Il fatto è che tv e qualità insistono troppo spesso a guardarsi storto e sospettare una dell’altra, e ciò riguarda non soltanto alcuni spazi di informazione (vedi quelli pomeridiani, incapaci finora di riformare le proprie modestie) ma anche l’intrattenimento leggero. Tant’è che proprio in questo campo Italia1, invece di osare una volta tanto il meglio, propone il giovedì sera quello presentato come “il primo talent show per scherzatori”. In teoria, la sfida tra otto concorrenti che presentano burle girate con la complicità tecnologica di Mediaset, in pratica il nipote poco dotato di Scherzi a parte. Qualcosa che è quasi faticoso definire un programma, dal momento che il conduttore Teo Mammucari (a dire il vero incolpevole, dopo essere già stato altrove paladino di spettacoli inutili) si limita a smistare gli inganni che dovrebbero divertire e invece sprizzano malinconia da ogni immagine. Non basta, accanto alla giurata Alessia Macari (nota come la Ciociara di Avanti un altro), la presenza del maestro surrealista Gene Gnocchi, unico punto di forza in questa mareggiata di déjà vu, a innescare la santa miccia del riso. Se Bergson dovesse per caso risorgere, ci resterebbe male.

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