I pronomi femminili “lei” e “le” sono casi atipici: infatti sono gli unici che possono indicare anche un maschio. Pillole di grammatica per salvare la nostra lingua maltrattata. Segnalateci nei commenti gli svarioni che più vi infastidiscono o sui social con l'hashtag #italianoEspresso

Di solito tutto quanto è femminile viene discriminato nella storia, perché il maschile ingloba anche il femminile, in italiano, ma  i pronomi femminili “lei” e “le” sono casi atipici. Infatti “lei/le” sono gli unici femminili che possono indicare anche un maschio. Nelle frasi come Egregio dottor Rossi, Le porgo i miei saluti “Le” indica indubbiamente un uomo, il dottor Rossi, tuttavia è sicuramente un pronome femminile. E al dottor Rossi si dà sicuramente del Lei. Perché?

In questo caso, in realtà, “Lei” più che pronome personale è un pronome di cortesia. Indica infatti una maniera cortese ed educata per rivolgersi ad una persona con cui non siamo in confidenza. Il sesso di questa persona è del tutto ininfluente. Che sia un uomo o una donna è sempre “lei”, anche se si trattasse del macho più testosteronico del mondo.

La storia dell’uso del “lei” è piuttosto complicata e a tratti oscura. Nell’Italiano del ‘300 il lei non esisteva: quando ci si doveva rivolgere ad una persona di riguardo si usava il “voi”, cosa che ancora accade in quasi tutti i dialetti. Nel ‘600, invece, in quasi tutte le lettere e le relazioni formali il lei deborda: non c’è eccellenza, ministro, ufficiale, funzionario che non voglia essere indicato con il pomposo “lei”, che all’epoca era addirittura un “ella”.

Italiano Espresso
Gli o le: niente confusione sul sesso
20/3/2017
Siccome nel ‘600 l’Italia era dominata dagli Spagnoli, per lungo tempo si è detto che l’uso del “lei” come forma di cortesia fosse dovuto alla loro influenza. L’idea era così radicata che Mussolini, nel ventennio fascista, per ripristinare l’antica virtù italica vietò il “lei” spagnolesco ed imbelle, ordinando a tutti di usare il maschio “tu” o il reverenziale “voi”. Visto come è finito il fascismo, pare che la virtù italica avesse bisogno di qualcosa di più per rinsaldarsi che il divieto di uso di un pronome personale. In ogni caso, il buon Benito aveva sbagliato anche sul “lei”. L’origine non è affatto spagnola. Fin dal ‘400 il “lei” come formula di cortesia per rivolgersi a persone di rispetto e autorità varie è testimoniato nelle lettere ufficiali delle corti italiane. Erano missive diplomatiche che venivano lette nelle stanze del potere, e questo spiega perché invece il popolino continuò allegramente ad usare solo il “tu” o il “voi”.

Italiano Espresso
No, non possiamo mandare in pensione il punto e virgola
13/3/2017
Oggi l’uso del “lei” subisce delle battute di arresto. È sempre più frequente che gli sconosciuti si diano velocemente del tu, e persino chi dovrebbe avere un approccio formale con il cliente, come i commessi e le commesse dei negozi, spesso e volentieri usano immediatamente il “tu”. Il “lei” però presidia felice tutte le occasioni formali e alle volte per questo risulta poco simpatico. Anche se è il protagonista di una delle più fulminanti battute di Totò, che passata al “tu” perderebbe tutta la sua vis comica. Quella che recita: “Lei è un cretino, si informi!”