Come si usano i pronomi personali per indicare “a lui” e “a lei” e perché li sbagliamo così spesso

Ho visto Lisa a pranzo e gli ho detto di venire stasera. Passo da Elena e gli porto il modulo da firmare.

Ragazzi, chiariamo una cosa: nel mondo moderno c'è già abbastanza confusione sull'argomento sesso: per piacere, non peggiorate la situazione.
In Italiano esistono due pronomi personali complemento ben distinti per indicare "a lui" e "a lei". Si tratta di "gli" e "le". "Gli" indica però solo ed esclusivamente il maschile (e cioè "a lui"), le il femminile e cioè "a lei".

Chi usa "gli" per indicare una donna, dal punto di vista etimologico, anche se non credo che lo sappia, non avrebbe neppure tutti i torti. "Gli" infatti deriva dal latino illi, che poteva andare bene sia per "a lui" che per "a lei". Tuttavia nel corso dei secoli "gli" si è specializzato, per così dire, nell'indicare il maschile singolare, mentre per il femminile si è scelto di usare "le". Il risultato di questo lungo processo è che oggi se dite una frase come: Ho visto Lisa a pranzo e gli ho detto di venire stasera rischiate che il vostro interlocutore abbia forti perplessità sul genere della povera Lisa. È una femmina, come farebbe pensare il nome, o un maschio, come farebbe pensare il pronome? Onde evitare di suscitare dubbi atroci in chi vi ascolta e imbarazzo alle amiche di cui parlate, usate "gli" solo per indicare un maschio e "le" per una femmina.

L'unico caso in cui la confusione potrebbe risultare comprensibile potrebbe essere quello delle persone transessuali, o nei casi di travestitismo. Con quale pronome personale si deve indicare una persona che magari è nata uomo ma veste e si presenta però ai nostri occhi come donna (e viceversa)? Qui si entra in un vero campo minato e urtare le altrui sensibilità è un attimo. Dove non arriva la grammatica, è utile esercitare il buon senso e la buona educazione. Visto che non siamo ufficiali dell'anagrafe e neppure medici, quindi non siamo in grado di determinare e nemmeno ci deve interessare quale sia la condizione fisica precisa dei nostri interlocutori, quando ci si trova di fronte ad una persona che veste e si presenta come una donna, anche se magari siamo certi che si tratti di un uomo, usiamo il pronome femminile. Se si tratta di una donna che però veste e si presenta come un uomo usiamo il pronome maschile. In fondo, se quella persona ha affrontato un cammino tanto difficoltoso e sfidato i pregiudizi sociali per essere se stessa, non è davvero il caso di umiliarla ricordandole ciò che non vuole più essere o che sente di non essere mai stata.

Già, direte voi, e allora "gli" per "a loro"? Frasi come Ho incontrato Marco e Giovanni e gli ho detto di venire da me a cena sono corrette o errate?

I puristi della lingua al sentirvele pronunciare potrebbero in effetti storcere un po' il naso. La forma corretta sarebbe infatti ho detto loro di venire a cena. Ma in realtà l'uso del pronome "gli" per indicare anche la terza persona plurale è antichissima e diffusa. Per questo oggi le grammatiche e i dizionari registrano la possibilità di usare "gli" per indicare anche "loro" e "a loro". Va detto però che in contesti molto formali sarebbe meglio continuare ad usare "loro" e "a loro". Così, anche solo per tirarsela un po'.