Se quando scrivete ve lo dimenticate, chi vi legge resta perplesso: non sa se deve restare lì ad aspettare o se la vocale se n’è andata per sempre e ciao. Segnalateci nei commenti gli svarioni che più vi infastidiscono o sui social con l'hashtag #italianoEspresso

Avete presente quando andate in un negozio, trovate la porta chiusa e sulla vetrina il post it con su scritto: “Torno subito”?

Bene, l’apostrofo in italiano funziona nello stesso modo. Quando una lettera, o meglio, una vocale, se ne va a prendere un caffè, siccome è una lettera educata, lascia un piccolo promemoria al lettore: “Guarda, sono uscita un attimo, ma non ti preoccupare, appena posso mi ritrovi qui.”

Se quando scrivete vi dimenticate gli apostrofi il vostro povero lettore resta perplesso. È smarrito: non sa se deve restare lì ad aspettare o la vocale se n’è andata per sempre e ciao. Peggio di una puntata di Chi l’ha visto, insomma.

Quando la vocale se ne va per un po’ ma poi ritorna, il fenomeno si chiama elisione. Di solito le vocali spariscono temporaneamente per motivi ben precisi e in casi ben determinati: non è che vi piantano in asso senza un perché.
Italiano Espresso
Quando il centra non c’entra
10/4/2017

Tanto per cominciare, le vocali se ne vanno solo quando sono alla fine della parola e dopo di loro c’è una parola che comincia anch’essa per vocale. Si può dire sull’altalena ma non nell’giardino, l’insalata ma non l’bistecca. Questo perché l’elisione è un fenomeno nato per facilitare la pronuncia e la lettura delle parole. Si può anche dire sulla altalena, per carità, ma il nostro orecchio un po' si schifa, e quindi mettiamo l’apostrofo per chiarire che quelle due lettere “a” non vanno in realtà pronunciate e ne resta una sola, quella di altalena. La "a" di sulla si prende una pausa e va a fare un giretto per i fatti suoi, ché ogni tanto un po’ di libertà è una mano santa pure per le lettere dell’alfabeto.

I casi in cui le vocali si possono concedere una boccata d’aria sono:
  • Con gli articoli determinativi lo e la: l’albero e l’agenda, e anche in tutti i casi in cui lo e la formano preposizione articolata dell’albero, nell’agenda, all’artista. Attenzione, però: l’articolo la perde la sua a solo al singolare. Posso dire l’agenzia, ma non l’agenzie. Lì devo scrivere le agenzie, le industrie. Per il lo il problema del plurale nemmeno si pone, perché al plurale lo fa gli, perciò in ogni caso non si elide;
  • L’aggettivo bello ci tiene a essere pronunciato bene, quindi di fronte a vocale vuole suonare al meglio e perde la o. Si scrive infatti bell’affare, bell’uomo;
  • Anche con santo e santa c’è elisione. Si scrive infatti Sant’Agostino e Sant’Agnese. Con l’apostrofo, mi raccomando, oppure i santi che cominciano per vocale si arrabbiano come se gli aveste tolto l’aureola;
  • Con l’avverbio di luogo ci davanti alle voci del verbo essere: c’è, c’erano, c’era.  Attenzione, anche qua lo potete fare solo quando il ci è un avverbio di luogo (ci era equivale a era qui). Quando invece si tratta del pronome personale complemento ci (come in ci ama, ci ha invitato), che quindi vuol dire a noi, non potete elidere mai. Del resto c’ama non si può sentire: vi fareste odiare subito. Inoltre il ci  non può essere eliso davanti alla acca. C’ho non si può scrivere. La regola infatti dice che il ci si elide solo con le vocali. La acca è una vocale? No. Quindi c’ho, c’hanno non si scrive, o l’Accademico della Crusca vi mena con l’apostrofo stesso a mo’ di scudiscio.
  • In alcuni modi di dire e frasi fatte come tutt’al più, quant’altro, senz’altro, nient’affatto, d’ora in poi, quand’anche, d’altra parte e d’altronde. Sì, d’altronde si scrive con l’apostrofo e non dal tronde, non esistendo la parola “tronde” in italiano. Voi resterete magari stupiti che esista invece la parola altronde. Eh, invece esiste, anche se viene usata esclusivamente, in pratica, in questa locuzione. Alle volte la lingua sembra bizzarra assai.
Italiano Espresso
L’avventurosa storia del piuttosto (e del piuttosto che)
3/4/2017
Non si possono elidere invece le vocali finali quando li e le sono pronomi personali: le aspetto, li interpello. E se mai vi venisse in mente, no, non si possono elidere mai le vocali finali degli avverbi di luogo lì e là, perché si possono togliere, elidere e far sparire solo le vocali non accentate. Quelle accentate devono restare dove sono, perché l’accento segna il punto dove la voce si appoggia, se glielo togliete la voce sbarella e casca tutto.

In tutti gli altri casi in cui avete una parola che finisce per vocale e una che inizia per vocale sta a voi decidere. Potete scrivere anch’egli o anche egli, lo ascoltò  o l’ascoltò, un’arancia o una arancia.  È una questione di scelta stilistica, o anche di come vi gira al momento. L’importante è che non dimentichiate di mettere l’apostrofo nei casi in cui è obbligatorio, o il vostro povero lettore è destinato a restare lì chiedendosi se la vocale tornerà, se si è persa, se mai la rivedremo. Il che, per carità, può generare una certa suspense, ma non è il caso di scatenare il panico a vuoto, nemmeno se state scrivendo un thriller.