Il professore di politica europea all'University College di Londra, non ha dubbi. "Con la sua elezione il sistema tradizionale è crollato. È successo quello che da voi accadde con l'avvento di Forza Italia che spazzò via tutto il vecchio perché era ormai molto screditato"
Philippe Marlière, professore di politica europea all'University College di Londra, non ha dubbi: Emmanuel Macron è un riformista. Qualunque sia il significato di questa parola. «Vuole cambiare le cose», spiega al telefono da Londra: «Anche se non è sempre chiaro il come. Ma ciò che è chiaro è che con la sua elezione il sistema tradizionale è crollato. Abbiamo una nuova Repubblica. È successo quello che da voi accadde con l'avvento di Silvio Berlusconi che spazzò via tutto il vecchio. Perché il vecchio era ormai molto screditato».
Cominciamo dalla politica interna: come cambieranno le cose?«Macron vuole trasformare un handicap, quello di essere stato il ministro dell'Economia di un presidente detestato come Francois Holland, in un punto di forza. E sostiene che Hollande non ha avuto il coraggio di andare abbastanza lontano con la sua riforma del lavoro. Sostiene che avrebbe dovuto rendere il lavoro ancora più flessibile ma unirlo a dei chiari e automatici meccanismi di solidarietà come avviene in Nord Europa. Mi sembra evidente che voglia mettere fine al sistema complicato di negoziazioni sindacali e trovare invece degli automatismi che tutelino i lavoratori senza intermediari».
Le sembra dunque un vero liberale?«Mi ricorda molto il Tony Blair prima della guerra in Iraq, quello che funzionava, e mi fa pensare al vostro Matteo Renzi che certamente ha una personalità molto diversa ma che come lui cerca di prendere il meglio a destra e a sinistra senza troppo fare caso alle ideologie tradizionali, prediligendo i tecnocrati. Però un'altra grande differenza è che Renzi ha scelto di appartenere a un partito e invece Macron lo sta creando da zero. E fa bene. Si può andare al potere senza un partito ma non ci si può restare. Anche il movimento 5Stelle è diventato partito».
Cosa vuol dire oggi essere liberale in Francia?«Innanzitutto vuol dire rompere con la tradizione. Il liberismo non fa parte della tradizione francese. Poi vuol dire prendere dalla sinistra i suoi valori progressisti in campo sociale, rompendo con la tradizione di destra, conservatrice e religiosa, e da destra alcuni valori economici. Mi sembra chiaro che Macron non sia un vero uomo di sinistra ma un ibrido».
Eppure piace a molte minoranze etniche...«Certo. A differenza dei partiti di destra non vuole insegnare loro come vivere o a riconoscere il giusto dallo sbagliato. Non li vede dall'alto di una tradizione strettamente francese. È molto più aperto al diverso e la nuovo. Così risulta interessante a persone che votano a sinistra».
Passiamo alla politica estera: quale potrà essere il suo atteggiamento verso l’Europa?«Viene vissuto come al continuazione di Hollande, che non voleva opporsi alla Merkel, ma io credo che sarà molto più coraggioso nel rilanciare l'Europa e potrebbe presentarsi come il nuovo leader europeo, una casella che la Francia ha lasciata scoperta per troppo tempo. Però non è ancora chiaro in che direzione si muoverà».
Seguendo le aspirazioni dei francesi...
«I francesi vogliono un'Europa che rechi beneficio alla gente normale, non alle élites. Chiedono lavoro, protezione, pace e per farlo credo che Macron dovrà obbligare la Germania a scendere a compromessi. La speranza è che sia abbastanza leader per dire “vogliamo un'Europa più solidale”».
Eppure le critiche a suo carico sono molte...«Come per Renzi: da una parte della popolazione è considerato un genio, dall'altra un cretino. Vedremo».