Orgasmi 2.0: cosa è successo al sesso nell'era di Internet
L'indagine di Emily Witt, in “Future Sex”
Il sesso del futuro non sarebbe stato un modo storicamente irriconoscibile di farlo, ma solo un modo diverso di parlarne... San Francisco, tecno-patria di Google, Fb e vecchie libertà sessuali. Qui Witt comincia la sua ricerca. Muove le dita tra chat room, meditazioni orgasmiche, app per incontri da vicinanza geografica. Witt ha trent’anni, è single eterosessuale femmina mentre cerca di capire cosa sia successo al sesso, soprattutto a quello delle donne nell’era di Internet. Tra OKcupid, LiveJasmin, Burning man, e una nuova-vecchia definizione di poliamore, “Future Sex”, di Emily Witt, (Minimum fax, pp. 252, € 19) scopre perché la gente in Rete inscena orgasmi, esibisce corpi imperfetti, confessa desideri inappagati, si libera di vestiti e tabù in stanze private che diventano pubbliche, in finte stanze di cam-girl per lontani voyeur. Perché nessuno si sogna di giudicare, dice. E tutti, o quasi, ci guadagnano, aggiungiamo noi.
Witt sperimenta droghe sintetiche, mischia sesso e pornografia e ci racconta tutto. Ma è come se aprisse il suo diario. Investiga con l’oggettività cyber di un automa anche quando prova su di sé e scopre con candore che il suo corpo non è un’entità secondaria, o si accorge fintamente naïf che al bar non è agevole andarci come donna (ma dove, cara, a San Francisco?).
Witt semplifica, resta in superficie, la sua scrittura non si emancipa dall’esibizione del proprio o altrui vissuto ombelicale. Guarda senza una visione, quel “modo diverso di parlarne” è solo diventato aperto non nuovo. Come invece quello di Maggie Nelson ne “Gli argonauti” e di Paul B. Preciado in “Testo tossico”, dove se le parole sono vecchie lui le rinnova con ironia, le inventa quando non ci sono. Se si finge e se si simula in Rete, è nella Realtà che ci vuole immaginazione.