Attualità
15 gennaio, 2018

Altro che Yuppie, fare il venditore di auto oggi è un incubo

Festivi non pagati, ferie cancellate, straordinari regalati: i dipendenti dell'automotive sempre più spesso schiacciati tra le necessità dei brand a quattro ruote e le furberie dei proprietari delle concessionarie. Ecco cosa racconta chi lavora nel settore. Prosegue la nostra inchiesta sul lavoro degli italiani: inviateci la vostra segnalazione a espressonline@espressoedit.it

Eleganti, seduti dietro una scrivania splendente, auto da mille e una notte in comodato d’uso permanente: nell’immaginario collettivo i venditori delle concessionarie sono cristallizzati così, ultimi tra gli yuppie. E invece oggi sono spesso senza contratto, a partita Iva, inquadrati come agenti Enasarco ma senza autonomia, con stipendi che tra fisso e provvigioni raramente si avvicinano ai mille euro netti.

«Le case automobilistiche parlano tanto di qualità, dell’esperienza unica da regalare al cliente. Ma non si chiedono in che condizione versino i diritti di chi rende possibile tutto questo. Noi, venditori e responsabili delle concessionarie», spiega Matteo, nome di fantasia, nel settore da quindici anni e consulente alla vendite di un noto marchio del lusso tedesco.

Matteo gestisce i clienti a tutto tondo, anche dopo l’acquisto, e il quadro che fa di questo settore che impiega quasi 200mila persone nella penisola è molto poco radioso e "glamour".

«Si lavora anche 10 ore al giorno, perché se il cliente si presenta alle 12.50 e la trattativa finisce alle 14.30, tu hai lavorato un’ora e mezzo in più ma nessuno ti riconoscerà questo extra. Per non dire dei weekend lavorativi, dei giorni festivi e delle feste comandate sempre soggette all’incognita-acquirente: se qualcuno vuole venire a vedere una macchina in sede, che sia il 25 aprile o la ricorrenza del patrono cittadino, che fai, non corri ad aprirgli gli uffici? E perciò lavori gratis».

Sì, perché c'è anche la spina dei frequentissimi open weekend, i fine settimana in cui i saloni di auto sono appannaggio della clientela potenzialmente pagante e di semplici curiosi. «Gli open weekend sono decisi direttamente dal brand e dai vertici, soprattutto quando si tratta di presentare un nuovo modello, ed è impossibile non uniformarsi alla volontà paracadutata dall’alto, lasciando la saracinesca abbassata. Ci sono concessionarie che non chiudono mai, che stanno aperte tutto il mese».

Il 31 dicembre di ogni anno inoltre, ci racconta ancora questo veterano delle concessionarie: «Spariscono le ferie non godute, e senza nessun rimborso». Un reset totale, basato su escamotage come questi: «L’azienda decide di star chiusa il sabato estivo? Allora ti toglie di soppiatto un giorno (pieno) di ferie, benché il sabato si lavori mezza giornata. Sommando tutte queste sottrazioni arbitrarie, ci si ritrova a fine anno senza ferie».
L’ascensore socio-economico dei lavoratori di base dell’automotive è bloccato, come in molti altri settori: «Il mio stipendio è sempre quello, circa 1.300 euro perché ho il contratto nazionale. Non si bada alla tua storia, ma alla tua età e al tuo costo, se a buon mercato è molto meglio».

Capitolo provvigioni. «Scattano solo al raggiungimento degli obiettivi. Ma questi traguardi non risultano definiti in nessun accordo, e noi siamo contrattualizzati per provare a vendere. E così tu vendi, e alla metà del mese ti comunicano che devi piazzarne un tot in supplemento, pena la perdita del premio, del monte-provvigioni integrale. Oppure sei riuscito brillantemente a vendere una berlina o un fuoristrada, ma non è passato il finanziamento e la tua provvigione è rimasta un’astrazione».

Machiavellico il sistema escogitato per contenere le spese risparmiando sul lavoro. «Le case automobilistiche erogano delle provvigioni, già tassate, ai venditori. Ma cosa si sono inventati? È la concessionaria che le incamera, per poi inserirle come importo figurato in busta paga. Ed è qui che si nasconde il dettaglio diabolico, perché quei soldi a noi consulenti alle vendite non arriveranno mai. A fine trimestre, il concessionario manda alla casa automobilistica una manleva a firma falsa che autorizza la stessa finanziaria a non erogare il 100% sul codice venditore, ma una minima parte, in certi casi il 10%. Il resto della somma finisce nelle tasche del titolare o di un suo parente».

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