La città è uno dei simboli della nuova vitalità del paese balcanico, amministrata da un sindaco giovane e creativo. Ma resta ancora inquinata dagli intoccabili del narcotraffico

Come cantava Guccini, bisogna saper scegliere. «L’Italia offre un ricco menù, lezioni eccellenti, ma non ogni città sa fare tutto: in ciascun campo decidiamo qual è il partner migliore con cui fare accordi e imparare». Erion Veliaj ha 38 anni, da due e mezzo è sindaco di Tirana, alle 7 di mattina è già in giro a controllare ciò che non va su segnalazioni da una app scaricata in tutti i cellulari della città.

Con un budget annuo di 100 milioni, quanto un medio Comune italiano, deve fornire i servizi a una capitale di 980 mila abitanti, quintuplicati dalla fine del regime, 70 nuovi abitanti al giorno, «una continua iniezione di giovani e talenti». Per feste, concerti e film s’è inventato la figura del “sindaco di notte”, affidando l’incarico a un saxofonista con piercing e tattoo. È stato, Veliaj, anche ministro del Lavoro, «ma è questo il più bel mestiere che potessi sperare, rimettere a nuovo la città dove andavo a scuola, giocavo a pallone, ho dato il primo bacio. Una sfida continua, adrenalina pura».

Scegliere, dunque. Prendiamo lo smaltimento dei rifiuti. «Era gestito da privati, Tirana era come Roma, montagne d’immondizia ovunque». Infatti non è a Roma che vola, ma a Verona: e nel settembre 2016 nasce Eco Tirana, 49 per cento della veronese Agsm Holding, 51 della capitale. Altro incubo delle grandi città, i trasporti: «Due mesi fa ero a Firenze, a studiare col sindaco Dario Nardella il loro sistema di bike sharing: con trecento giorni l’anno di sole faremo una rivoluzione. Con una partecipata fiorentina installiamo anche la nuova illuminazione a led. Funziona così: ci si intende tra sindaci, poi entrano in gioco le aziende, joint venture fifty-fifty. Per l’acqua lavoriamo invece con Bari, il mese scorso era qui Michele Emiliano, assieme a Israele loro sono i migliori perché l’acqua non ce l’hanno e sanno quanto vale...».

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I sindaci magari fanno da sé, e pure lo sport: Gianni De Biasi è il mister che per la prima volta ha condotto la nazionale albanese alla qualificazione alla fase finale degli Europei, Christian Panucci l’uomo che a luglio ne ha raccolto l’eredità. Ma è tra i governi che funziona una fitta rete di rapporti e collaborazioni. Non solo tra premier, Renzi a Tirana nel dicembre 2014, Edi Rama da Gentiloni nell’ottobre 2017, ma tra vari organi dei due Stati. A cominciare dalla nostra Guardia di finanza. Che periodicamente sorvola il territorio albanese con velivoli attrezzati ad hoc e ora anche con droni, a caccia di piantagioni di cannabis: «Ancora nel 2016 ne vennero individuate oltre duemila, nel 2017 la produzione è crollata all’uno per cento», spiega l’ambasciatore d’Italia Alberto Cutillo; «nella sua visita nel novembre scorso ?il ministro dell’Interno Marco Minniti è stato chiaro: adesso bisogna colpire gli intoccabili».

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Dove il diplomatico si ferma continuiamo noi: ci sono capi del narcotraffico noti a tutti, alcuni nascosti altri che girano indisturbati. E il sistema giudiziario ha a lungo favorito una spontanea inattività delle procure, spesso in contrasto col governo: «Di ogni singolo magistrato e procuratore sono ora sotto esame qualità delle sentenze, amicizie e connessioni, beni propri e dei parenti fino al secondo grado», precisa l’ambasciatore Cutillo. Il primo a cadere però, chiamato in causa in un’inchiesta sul traffico di stupefacenti del Gico Guardia di Finanza di Catania, è stato l’ex ministro dell’Interno, Saimir Tahiri. «Abbiamo dato via libera a una piena investigazione e avviato noi stessi un’indagine», risponde il premier Edi Rama, «lo abbiamo espulso dal partito ?e dal gruppo parlamentare, dicendo chiaro che ci auguriamo sia innocente ma che dovrà provarlo».

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