La tentata strage del neofascita-leghista Luca Traini è il simbolo di un Paese in cui il desiderio di vendetta prevale su quello di giustizia. Un Paese in cui il ministro dell'Interno soffia quotidianamente sul fuoco della rabbia sociale. Dove non mancano soldati pronti a immolarsi per una nazione di soli uomini bianchi

A un mese dalle elezioni politiche, il 3 febbraio 2018, per le strade di Macerata si scatena la furia di Luca Traini. "Il Lupo", così è conosciuto in città, ha 28 anni. Quel giorno dall'auto spara a raffica con la sua Glock, acquistata per l'occasione. Conduce la sua azione con un obiettivo specifico: colpire uomini e donne straniere, meglio se africani, come africano era l'aguzzino di Pamela Mastropietro, l'adolescente uccisa da Innocenti Oseghale, lo spacciatore nigeriano che poi ha mutilato il corpo della giovane per disfarsene e non lasciare tracce.

È questo il fatto di cronaca che trasforma Luca Traini in giustiziere della patria. La sua è stata un'azione di guerra nel centro di Macerata. Guerra allo straniero. Una guerra che quotidianamente si combatte con parole impregnate di odio, rabbia, razzismo. E che a Macerata hanno trovato il prestesto ideale e il militare impavido per tramutarsi in azione. La tentata strage compiuta da Traini é il momento in cui la narrazione sovranità e neofascista si saldano nel gesto criminale venduto dall'autore come prodotto di una vendetta di un singolo. In realtà la caccia allo straniero messa in prarica dal Lupo è molto di più.
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Il processo ha stabilito la colpevolezza di Traini, i giudici lo hanno condannato a 12 anni. Ma c'è un filo nerissimo che lega i fatti di Macerata con il cinismo xenofobo che scorre ormai sulla superficie di un Paese indifferente. Questo legame solo apparentemente invisibile non può essere processato nelle aule di un tribunale, avrebbe bisogno di essere contrastato sul piano politico. Perché è materia politica.

Un mese dopo l'azione di Traini, gli italiani sono andati a votare. Il governo in carica è figlio di quelle elezioni. Uomo forte di questo governo è senza ombra di dubbio Matteo Salvini. Vicepremier, ministro dell'Interno, capo di una forza politica che i sondaggi danno in continua crescita. Salvini ha sdoganato il fascismo che covava nella pancia del Paese. Ha liberato le peggiori pulsioni canalizzandole verso nemici concreti, ben visibili: immigrati e istituzioni europee( queste sicuramente colpevoli di altrettanto cinismo nei confornti delle fasce deboli delle società). Salvini è cresciuto politicamente nel mito del secessionismo, dopo la fine politica di Umberto Bossi, ha trasformato il partito in forza sovranista, altro non è che il rappresentante massimo dei nazionalisti moderni. Ha legittimato movimenti politici che guardano al ventennio di Mussolini come un' epoca grandiosa. Prendendo in prestito non di rado i motti del Duce. Non sveliamo niente di nuovo. Ma per capire Macerata è necessario ribadirlo.

Del resto è la storia di Traini a rivelarcelo. Militante neofascista, poi leghista nella sezione cittadina, infine giustiziere fai da te. La storia politica di Traini segue l'evoluzione della nuova Lega di Mateo Salvini, una calamita strepitosa per chi ha sempre militato nell'estrema destra e oggi trova rappresentanza in Parlamento.

La Lega a destra copia la retorica sovranista, di partiti neofascisti come Forza nuova, loro sono sovranisti dalla nascita e ne portano il vessillo da quando sono nati. Ha preso a piene mani dai programmi dei movimenti di quell'area politica. Forza Nuova è da 15 anni che esprime concetti oggi predicati da Salvini. Si può dire che le battaglie di Roberto Fiore, il leader neofascista ed ex terrorista nero, hanno trovato cittadinanza grazie alla Lega.

L'immigrato è il nemico, per la Lega e per Forza Nuova. Un nemico quindi da discriminare, umiliare, sacrificare nel nome del consenso.

Se questo è il clima dei nostri tempi - l'eredità che il 2018 lascia all'anno nuovo alle porte - non deve sorprendere il fatto che il cosiddetto decreto Salvini sulla Sicurezza abbia avuto il via libera anche dei grillini. Decreto discriminatorio, che restringe il campo dei diritti, una sorta di manifesto della razza dei tempi moderni in cui c'è l'uomo bianco che decide della vita e della sorte di chi emigra disperato dalla propria terra.

Macerata, dunque, non è stato altro che un frammento di ciò che potrà accadere in futuro quando la Lega, grazie al complice silenzio grillino, farà approvare la legge sulla legittima difesa. Avremo molti uomini bianchi, arrabbiati, fomentati da slogan irresponsabili generati dalla "Bestia" social dello staff di Salvini, e armati. Missisipi burnig, appunto, ma a casa nostra.

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