Il caso Viganò, scoperto dall’Espresso, ?ha finalmente svelato le profonde divergenze sempre negate dal Vaticano
Una settimana fa, nell’omelia della domenica delle Palme, papa Francesco ha tuonato contro i falsi resoconti «di chi manipola la realtà e crea una versione a proprio vantaggio e non ha problemi a incastrare altri». Perfetto. Senonché proprio una di queste “fake news”, e delle più rovinose, gli era appena scoppiata in casa ad opera del suo artificiere prediletto, monsignor Dario Edoardo Viganò, l’uomo che Jorge Mario Bergoglio ha voluto al comando di tutti i media vaticani e non ha smosso da lì neppure dopo lo sbalorditivo passo falso, che per il papa evidentemente non è tale ma un’opera di bene, anche se ordita a danno del mite suo predecessore di nome Benedetto.
In effetti all’inizio tutto sembrava muoversi nel verso stabilito, come avviene di regola con le “fake news” ben costruite. L’obiettivo di Viganò, su impulso di Francesco, è di promuovere e vendere l’immagine del papa. Un’immagine che è stata fin qui quella del pastore, ma che ora si vorrebbe arricchire con quella del colto teologo. Nelle librerie italiane è in vendita da qualche mese una “biografia intellettuale” di Bergoglio che lo accredita come valente discepolo dei più grandi teologi del Novecento, scritta da un professore di filosofia, Massimo Borghesi, amico da anni dell’attuale papa. E da Natale anche la Libreria Editrice Vaticana è scesa in campo, con una collana di undici volumetti scritti da altrettanti teologi, dedicati ciascuno a magnificare un aspetto del pensiero di Bergoglio.
È a questo punto che Viganò architetta il gran colpo di strappare nientemeno che a Benedetto XVI, teologo di riconosciuta grandezza oltre che predecessore di Francesco sul soglio di Pietro, l’attestazione definitiva della profondità di pensiero dell’attuale papa. A metà gennaio chiede a Joseph Ratzinger di scrivere una presentazione, naturalmente elogiativa, degli undici volumetti. E un mese dopo gli arriva la lettera di risposta. Che però è un no secco. Benedetto XVI non solo rifiuta di scrivere alcunché, ma dice di non aver letto quei libretti e di non volerli leggere neppure in futuro, anche perché tra i loro autori c’è chi, come il tedesco Peter Hünermann, s’è opposto frontalmente agli ultimi papi, da Paolo VI a lui, nel campo della dottrina morale.
Ma Vigano non si arrende. Estrae dalla lettera di Benedetto XVI - incurante che porti scritto sopra «personale riservata» - le poche righe cortesi in cui egli riconosce che Bergoglio ha comunque avuto una «profonda formazione teologica» e la sera del 12 marzo le infila in un comunicato stampa tutto mirato ad esaltare la simil laurea in teologia conferita dal papa emerito al papa regnante. Nel distribuire ai giornalisti il comunicato, Viganò legge loro anche il capoverso della lettera con il triplo diniego di Benedetto. Ma nessuno vi bada. La sera stessa e l’indomani mattina i media italiani cantano in coro la benedizione pubblica data da Ratzinger al nuovo corso di papa Francesco.
Fine della storia, con la “fake news” andata perfettamente a segno? Niente affatto. Perché a scoperchiare la pentola arriva il blog
Settimo Cielo, che dapprima pubblica il paragrafo più scomodo della lettera di Ratzinger, quello del triplice no, e poi anticipa il contenuto dell’ultimo paragrafo, quello contro il teologo Hünermann. Il 17 marzo Viganò è costretto a pubblicare il testo completo della lettera e poi a dimettersi da prefetto della segreteria per le comunicazioni. O meglio, a recitare tale parte, perché il papa non lo congeda affatto, anzi, lo copre di elogi e gli rinnova il mandato di portare a compimento la sua missione. Senza una minima parola di ravvedimento per l’inaudita macchinazione compiuta alle spalle di Benedetto XVI.
Il quale almeno una cosa ha messo in chiaro: che con Francesco sono saliti in cattedra proprio i contestatori della morale cattolica insegnata dai precedenti papi. E quindi, se c’è una continuità tra lui e Francesco, questa è solo “interiore”, mistica, perché nella realtà tra i due c’è una voragine, che nessuna “fake news” può occultare.