Pace, democrazia, un’economia che cresce in fretta e la maggioranza cristiana che convive fianco a fianco con la minoranza islamica 
e con quella animista. Nel paese non mancano certo i problemi, ma dopo anni difficili è tornata la speranza (Foto di Gabriele Cecconi)

Le previsioni per il 2018 sono ottime: Il Fondo monetario internazionale, ad esempio, si aspetta che l’economia del Paese cresca quest’anno dell’8,6 per cento, più del doppio di tutto il resto della regione subsahariana. Già oggi il Ghana è la seconda economia dell’Africa occidentale, soprattutto grazie alle esportazioni, e la Borsa di Accra inanella record (a gennaio ha fatto un più 19 per cento).

Non male per un Paese che negli anni Ottanta era paralizzato dalla fame dopo una serie di golpe militari, mentre oggi sembra un modello di pacifica democrazia, con libere elezioni che si susseguono dal 1992 fornendo una salutare alternanza tra i due partiti maggioritari, il New Patriotic Party (Npp, di centrodestra) e il National Democratic Congress (Ndc, socialdemocratico). Alle ultime presidenziali - che si sono svolte in tutta regolarità un anno e mezzo fa - ha vinto Nana Akufo-Addo, vecchio leone del Npp e già ministro degli Esteri. È stato lui quindi a guidare i festeggiamenti per i sessant’anni d’indipendenza dalla Gran Bretagna, trionfalmente celebrati in tutto il Paese con orgoglio e senso di appartenenza: il Ghana è stato il primo Stato africano a ottenerla, il 6 marzo del 1957; gli altri sono arrivati dopo.
Un freestyler si esibisce con la sua BMX nella piazza principale di Accra durante i festeggiamenti per il 59° anniversario dell’indipendenza. Uno dei motivi principali che spingono i giovani ghanesi ad emigrare è il sogno di una vita migliore in occidente, sogno alimentato anche dai media che contribuiscono a creare all’interno del paese una cultura emulativa che ben presto cerca di trovare sfogo nei paesi di riferimento.

Anche le questioni religiose - che altrove, in Africa, sono al centro di conflitti feroci - qui non portano a scontri da molto tempo: la maggioranza cristiana (più di due terzi della popolazione) convive fianco a fianco con la minoranza islamica (circa il 17-18 per cento) e con quella animista (5 per cento). Ultimamente la discussione più accanita, per capirci, è stata quella per il rumore che fanno i muezzin quando chiamano a raccolta i fedeli alla moschea. Il governo ha suggerito agli imam di passare alla tecnologia, sostituendo il megafono con una convocazione via WhatsApp. Il capo della moschea di Fadama ha replicato che non tutti i musulmani sono muniti di smartphone collegato a Internet. E la questione è finita lì.

Per tutto questo - pace, democrazia, crescita economica, convivenza interetnica e interreligiosa, scolarizzazione primaria che ha raggiunto il 90 per cento - il Ghana è oggi un’eccezione positiva in un continente che, dopo le promesse di un decennio fa, stenta ancora ad uscire da guerre, carestie, povertà.
Studenti durante una breve pausa all’interno della sala prove della Scuola di giornalismo GH. Le scuole di gionralismo nella capitale sono piuttosto numerose e pure il numero di studenti iscritti sta notevolmente aumentando. Secondo l’organizzazione “Reporter senza frontiere” nel 2015 il Ghana occupava la 25° posizione per quanto riguarda la libertà di stampa nel mondo. Questa favorevole situazione incoraggia sempre più giovani ad intraprendere la carriera economiche.

Poi, naturalmente, anche in Ghana i problemi non mancano. Molti giovani, ad esempio, se ne vanno dal Paese, o almeno ci provano. Solo in Italia ne arrivano circa 4-5000 ogni anno, in cerca di fortuna, sfidando le insidie del Mediterraneo.

I motivi dell’emigrazione sono da ricercare nella cronica mancanza di prospettive occupazionali (secondo la Banca mondiale il 48 per cento dei giovani ghanesi tra i 15 e i 24 anni non ha un’occupazione regolare); nel gap abissale tra l’arretratezza della popolazione rurale e quella urbana, sempre più tecnologica e globalizzata; nell’aumento demografico esponenziale, con tutti i problemi che ne derivano.
Lavoratori scaricano riso nell’area di Tema. Tema è una grande area industria- le che si trova nella regione Grande Accra, a circa un’ora dalla capitale, nel Golfo del- la Guinea. Kwame Nkrumah iniziò la costru- zione del porto subito dopo l’indipenden- za e attualmente la struttura concentra più dell’80% dell’import/export dell’intero Paese.

A questo si aggiungono il forte indebitamento del Paese, lo scarso sviluppo dell’industria e soprattutto l’iniqua distribuzione delle risorse, che abbondano - petrolio, cacao, legnami pregiati, pietre preziose, pesce e frutta tropicale - ma che sono saldamente in mano a poche multinazionali (nello sfruttamento dei giacimenti petroliferi offshore c’è anche il nostro Eni).
Una vista sul mercato centrale di Kumasi. Il mercato Kejetia, situato nel cuore della “città verde” è il più grande mercato all’aperto del West Africa con più di 45000 punti vendita.

L’urbanizzazione, in crescita a ritmi vertiginosi, da una parte conduce al progresso economico-commerciale, ma dall’altra crea nuove sacche di povertà estrema. E una massa di diseredati che si riversa negli slum in condizioni al di sotto della soglia di sussistenza.

Tra questi, emblematico è il caso di Agbogbloshie, sobborgo di Accra comunemente ribattezzato “Sodoma e Gomorra”, dove vivono 80 mila persone: manca l’acqua, circolano droghe e ogni altra sorta di commercio illecito e prostituzione e guerra tra bande sono all’ordine del giorno. Agbogbloshie è tristemente noto anche per essere la più grande discarica di rifiuti tecnologici di tutta l’Africa: qui computer, cellulari, stampanti e altri device arrivano illegalmente o sotto forma di donazioni dagli Usa e dall’Europa (con partenze anche dai porti di Genova e La Spezia) e vengono smontati a mani nude o bruciati per recuperarne i componenti, sprigionando fumi tossici, piombo e metalli pesanti.
Un coro gospel canta durante la messa di Pasqua nella chiesa di San Pietro a Kumasi. La tradizionale religione animista è stata surclassata durante il colonialismo dal Cristianesimo, sfociato poi in peculiari e molteplici forme di sincretismo. Ad oggi la religione più comune è appunto quella Cristiana, molto frammentata in varie chiese. Di questi il 28% è cristiano pentecostale, il 18% protestante ed il 13% cattoico. La religione musulmana si attesta invece intorno al 25% mentre la restante parte può ancora essere considerata animista, culto praticato soprattutto nell’estremo nord del Paese.

Eppure anche la questione della tecnologia ha due facce. Perché, se da un lato produce orrori come la discarica di Agbogbloshie, dall’altro consente al Paese una diffusione ormai capillare di Internet: oggi sono circa 8 milioni i ghanesi connessi alla Rete, contro i 30 mila del Duemila.

È questo uno dei fattori che potrebbe consentire all’anglofono Ghana di diventare davvero il modello per il rinascimento africano. Ma anche qui le contraddizioni non mancano: basta pensare che 7,3 milioni di ghanesi vivono ancora senza elettricità, nonostante le risorse per produrla non manchino (la diga di Akosombo produce grandi quantità di energia idroelettrica, che però viene in gran parte venduta ai vicini Togo e Benin o riservata alle industrie di alluminio, anziché alla popolazione).
Una scena di strada nella zona di Ma- kola, Accra. Il piccolo minibus, chiamato anche TRO TRO, è il mezzo di trasporto più importante e viene usato dalla popolazione per spostarsi capillarmente in tutto il Paese. Il fenomeno migratorio è difatti molto dif- fuso ed è stato stimato che più dell’80% dei migrant ghanesi rimane all’interno del terri- torio nazionale. Circa il 70% si sposta nelle aree urbane e la capitale insieme a Kumasi attraggono più del 50% dei migranti interni

Intanto i ghanesi sognano e guardano il cielo, dove è stato inviato il primo satellite nazionale, mandato in orbita nel luglio 2017, il Ghana-sat1, orgoglio della nazione. Sviluppato dall’All Nations University di Koforidua, con la collaborazione dell’ente spaziale giapponese, sarà utilizzato tra l’altro per mappare la costa, sempre più minacciata dall’erosione causata dall’estrazione della sabbia e dall’uso sregolato del legno di mangrovia.

Altro asset su cui il Paese ripone molte delle sue speranze di sviluppo è quello del turismo: da Kumasi - leggendaria capitale del regno degli ashanti - al Mole National Park, fino alle cattedrali di sabbia delle zone desertiche del nord. Ma c’è anche il Chale Wote Street Art Festival, uno dei più interessanti eventi artistici dell’intero continente, che unisce musica, moda, arte e performance, all’insegna della creatività e stravaganza. Quest’anno sarà dal 20 al 28 agosto, ma ad Accra ci si sta già preparando.

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