“Sappiamo chi è stato ad ucciderla”. Lo affermava nel 2007 Vjacheslav Izmailov, capo redattore di Novaja Gazeta, il giornale su cui Anna Politkovskaja ha pubblicato i suoi articoli fino al 7 ottobre del 2006, quando un sicario l’ha uccisa sulla porta di casa, a Mosca. “La prima conclusione certa è che Anna è stata uccisa per i suoi articoli. Noi non vogliamo dire in modo superficiale che il mandante sia Putin o Kadyrov”, insiste Izmailov, “stiamo cercando esecutori e mandanti”.
Proprio per questo motivo la madre, la sorella e i figli della giornalista sono ricorsi alla corte di Strasburgo nel 2007. Il 13 luglio del 2018 la corte si è espressa così: “lo stato russo ha mancato agli obblighi relativi alla effettività e alla durata delle indagini”, violando in questo modo la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Secondo la corte, le autorità “hanno sviluppato una teoria sull’istigatore all’omicidio, dirigendo la loro indagine su un uomo d’affari russo che risiedeva a Londra, ora deceduto” e ha comminato una multa di 20.000 euro al governo di Mosca.
Il Cremlino avrebbe dovuto studiare altre piste che avrebbero portato agli agenti dell’FSB o all’amministrazione della Repubblica cecena, si legge dal rapporto.
L’uomo di Londra era Boris Abramovic Berezovski, oligarca russo anti-Puti, e a parlarne 11 anni fa era stato sempre Vjacheslav Izmailov. “Cercano di depistare le indagini verso Berezovski”, diceva nel 2007 il capo redattore di Novaja Gazeta. La paura era rivolta all’operato del FSB, ex KGB, che puntava ad ottenere l’estradizione dell’oligarca russo, cercando di coinvolgerlo nell’avvelenamento dell’ex ufficiale del FSB avvenuto a Londra. Secondo Izmailov, “per poi fargli fare la fine di Kodorkovski”, il magnate finito in galera, perché “dai servizi segreti non si esce mai”.
Nel frattempo, durante questi anni, il primo processo nel 2009, si è concluso con l’assoluzione di tutti gli imputati per mancanza di prove. A distanza di tre anni l’inchiesta è stata riaperta: è stata condannato ad undici anni di carcere un ex colonnello della polizia, responsabile della sorveglianza della reporter. Nel terzo processo, quello del 2014, sono stati condannati cinque sicari, esecutori materiali dell’omicidio. I figli di Anna Politkovskaja, Vera e Ilya, non si sono mai accontentati e hanno continuato a chiedere la verità sul mandante dell’omicidio della madre, ancora oggi “ignoto”.