Le cliniche specializzate, le donne che vengono dall’Europa dell’est e si offrono in Rete, gli artigiani dei finti pancioni: ad Atene e dintorni dove la pratica della Gpa è accessibile anche agli stranieri

Ogni fase della gravidanza ha la sua pancia: c’è un modello per il terzo mese, uno per il quinto e uno per quello finale. Al tatto deve sembrare vera e Katerina sa come fare. Modella la microfibra con cura fino a ottenere la forma giusta, e quando è pronta la cuce dentro uno slip a vita alta, così che nessuno possa accorgersi che si tratta di una protesi. Siamo alla periferia di Atene, tra le case basse di un quartiere residenziale battuto dal sole, dove il rumore del traffico si mescola alle voci del cortile di una scuola elementare. Qui un’anziana artigiana originaria della Tracia realizza pance finte su misura. Le sue clienti sono donne che per avere un figlio hanno fatto ricorso alla maternità surrogata, ma che non vogliono renderlo pubblico: «Ta en oiko mi en dimo», dice Katerina, citando un proverbio greco che invita a risolvere i problemi familiari all’interno delle mura domestiche. «Le ragazze che portano avanti la gravidanza per altre donne sono bulgare, albanesi o rumene: vengono in Grecia per fare questo lavoro e una volta che il bambino è nato tornano nel loro Paese». Katerina lavora nel settore dell’intimo da quando aveva quattordici anni: prima delle pance era conosciuta per le protesi al seno. «Ho iniziato adattando le imbottiture dei reggiseni, modellandole con la pistola a caldo e aggiungendo il giusto peso a seconda della cliente che l’avrebbe indossato. Con il passare del tempo sono arrivate le prime richieste di pance su misura. Ne avrò realizzate almeno quaranta».

A partire dal 2014 in Grecia la maternità surrogata è diventa legale anche per gli stranieri. A richiederla possono essere coppie eterosessuali e donne single a cui siano stati diagnosticati problemi di infertilità. Kostantinos Pantos, chirurgo specializzato in ginecologia, direttore di Genesis, una delle maggiori cliniche per la procreazione medicalmente assistita in Grecia, ci riceve nel suo studio. «Ci sono donne che a causa di una malattia rara nascono senza utero, altre che hanno subito un’isterectomia per via di un tumore, altre ancora che hanno problemi al cuore e che per avere un figlio hanno bisogno dell’aiuto di un’altra donna. In tanti casi è un’amica di lunga data oppure fa parte della famiglia». Pantos ci presenta orgoglioso Anastasia, che all’età di 67 anni ha portato avanti la gravidanza per conto di sua figlia Dina. «Quando ho scoperto di avere un cancro all’utero», racconta Dina, «ho pensato all’adozione ma ci sarebbero voluti circa 10 anni perché l’iter burocratico è lungo. Così prima di farmi togliere l’utero ho congelato i miei ovuli e mi sono messa alla ricerca di una madre surrogata. Nel giro di due settimane ho trovato tre donne disposte ad aiutarmi ma volevano essere pagate e non sapevo se fidarmi di loro. Poi un giorno mia madre scherzando mi ha detto che avrebbe potuto farlo lei». La madre aggiunge: «È partito tutto per gioco. Avevo 65 anni e non credevo che si potesse fare. Dalle analisi però è risultato che ero in buona salute, così con l’aiuto dei medici mia figlia e il marito hanno ottenuto un embrione in laboratorio e lo hanno trasferito nel mio utero. Oggi la mia nipotina ha due anni e mezzo. È una bambina molto intelligente».

Da quando la maternità surrogata è divenuta accessibile anche agli stranieri, la Grecia è tra le mete più ambite per il turismo procreativo. «Genesis ha accolto pazienti da 65 Paesi del mondo», dice Pantos, che è anche vicepresidente dell’International Health Tourism Center, un’organizzazione per la promozione del turismo medico internazionale. I corridoi della clinica sono tappezzati di fotografie di neonati e di articoli di giornale che lo ritraggono accanto alle sue pazienti. «Molte coppie vengono qui in Grecia dove trovano strutture qualificate, prezzi competitivi e una legislazione liberale. Senza dimenticare il clima e le bellezze offerte dal nostro Paese». Nel panorama internazionale la Grecia si distingue infatti nel settore per offrire un ampio ventaglio di servizi: test genetici pre-impianto sugli embrioni, donazione retribuita di gameti, anonimato dei donatori, inseminazione post-mortem, ringiovanimento ovarico e una legislazione sulla maternità surrogata senza rivali in Europa. Nella Penisola ellenica la donna che porta avanti la gravidanza non è considerata la madre del bambino e il suo nome non viene riportato nel certificato di nascita. Questo consente ai genitori intenzionali di rientrare col neonato nel proprio Paese senza alcun ostacolo burocratico e a chi lo preferisce di mantenere il segreto.

Il costo dell’intera procedura, comprensivo di assistenza medica e legale, si aggira intorno a 70 mila euro. Alla madre surrogata ne spettano però solo 10 mila. «Per la legge greca deve essere un atto altruistico: il pagamento è inteso come un rimborso spese», spiega Emmanuel Laskaridis, docente alla Scuola per giudici di Atene e funzionario dell’Autorità nazionale greca per la riproduzione medicalmente assistita. «Nella maggior parte dei casi sono ragazze straniere», continua Laskaridis, «vengono dalla Bulgaria, dalla Romania, dall’Ucraina e dalla Moldavia. A volte si trovano già in Grecia per lavorare come domestiche o badanti». Per accedere alla maternità surrogata bisogna ottenere l’autorizzazione di un giudice che, verificata l’impossibilità per la madre intenzionale di avere una gravidanza, dà il via libera al trasferimento dell’embrione nell’utero della surrogata. «Dal 2014 il numero di richieste di maternità surrogata che passano per i tribunali è cresciuto notevolmente», racconta Laskaridis, «Ci sono cliniche che lavorano esclusivamente con coppie provenienti dall’estero». Alla richiesta di dati ufficiali sul fenomeno, Laskaridis però alza le mani: «Non abbiamo ancora un sistema di monitoraggio e purtroppo dopo tanti anni ci sono ancora diverse lacune legislative». Una su tutte: la legge greca non consente alle donne di proporsi come madri surrogate tramite un annuncio pubblico e punisce penalmente chiunque faccia attività di intermediazione. Risulta quindi difficile capire come una coppia, a maggior ragione se viene dall’estero, possa mettersi in contatto con una madre surrogata. Il funzionario ci dice che «a occuparsene sono le cliniche, anche se ufficialmente non potrebbero». Pantos smentisce: «Nella mia clinica non facciamo da intermediari. Le coppie che vogliono fare la maternità surrogata devono essere già in contatto con una donna disposta ad aiutarle prima di venire qua».

Camminando per le vie di Atene, poco lontano dall’Acropoli, i segni della crisi economica che ha messo in ginocchio il Paese sono ancora evidenti: le facciate dei palazzi scrostate, i marciapiedi rattoppati e ai bordi delle strade lunghe file di automobili con la carrozzeria danneggiata. Sotto i portici decine di profughi in fuga dal Medio Oriente, senza fissa dimora e tossicodipendenti. Nell’aria il rombo delle motociclette che corrono a tutta velocità per la capitale. Siamo alla ricerca di una donna che abbia aiutato una coppia ad avere un figlio ma che non sia legata a loro da un rapporto di parentela come lo sono Dina e Anastasia. Vorremmo trovare una di quelle donne di cui ci hanno parlato, magari straniera. Ma il giudizio sociale che pende sulla maternità surrogata non gioca a nostro favore ed è davvero complicato incontrarle. Dopo una lunga ricerca in Rete tra i forum di aspiranti genitori troviamo l’annuncio di Elena, che infrangendo le regole si propone come madre surrogata. Ci parliamo al telefono. Viene dalla Bulgaria, ha 30 anni e due figli piccoli: «Lo faccio per i miei figli, per mettere qualcosa da parte e garantirgli un futuro migliore. Questo per me è un lavoro, è come se fossi una babysitter, con l’unica differenza che il bambino è dentro di me». Per Elena si tratterebbe della prima volta: ha già avuto un paio di proposte ma non ha accettato perché non le avevano offerto abbastanza. «Entrambe le mie gravidanze sono andate bene, ma la maternità surrogata è un’altra cosa», dice. «Devo fare una cura ormonale e se rimango incinta di due o tre bambini devo subire un aborto selettivo: questa è la mia paura più grande».

Per aumentare le probabilità di una gravidanza, in Grecia i medici possono trasferire nell’utero della madre surrogata fino a tre embrioni contemporaneamente e in un secondo momento eliminare quelli in eccesso. Prima di iniziare la gravidanza, inoltre, la donna dovrà sottoporsi a una terapia farmacologica per evitare il rigetto degli embrioni dal momento che il Dna è differente. La maternità surrogata, infatti, in Grecia è ammessa purché non ci sia un collegamento genetico tra la gestante e il nascituro: gli ovuli utilizzati per ottenere gli embrioni devono essere della madre intenzionale oppure di una donatrice. «Una mia amica l’ha fatto per una coppia di italiani per 30 mila euro. Per me 25 mila vanno bene», dice Elena, «ma non di meno perché sono ancora giovane e i rischi sono tanti».

A fare ricorso ai prodigi della medicina non sono solo coppie eterosessuali. Raggiungiamo Dimitri in un bar di Keramikos, punto di riferimento per il movimento Lgbtq ateniese. «C’è stato un momento nella mia vita in cui ho realizzato che volevo mettere su famiglia: è stato quando è morto mio padre», racconta Dimitri, «ma in Grecia gli omosessuali non possono adottare né ricorrere alla maternità surrogata, perciò sono dovuto andare in California, dove ci sono voluti un sacco di soldi e tanto tempo in più. Ho fatto una cura ormonale per migliorare la qualità dei miei spermatozoi e oggi sono il papà felice di un bambino di 5 anni». Gli ostacoli che Dimitri ha dovuto superare non sono stati però solo di natura medica: «La madre surrogata a un certo punto della gravidanza ha iniziato a chiedermi più soldi, poi ha reclamato la custodia del bambino: ma aveva firmato un contratto e ha dovuto rispettarlo. Con la donatrice di ovuli sono stato più fortunato, è una ragazza adorabile, quando il bambino è nato è venuta a trovarci in ospedale per conoscerlo e oggi siamo ancora in contatto. Per me è lei la vera madre di mio figlio perché il Dna è il suo».

Lasciamo Keramikos e proseguiamo verso Exarchia, prendiamo una strada che sale e curva dopo curva arriviamo sul monte Lycabettus, il punto più alto della città. Parcheggiamo la macchina alla fine della strada, in mezzo ai sassi e alla vegetazione bassa. Davanti a noi c’è Atene al tramonto con le sue storie e le sue contraddizioni: desideri che diventano diritti ma solo per alcune categorie di persone e una legge sulla maternità surrogata che non riesce a fare i conti con un fenomeno complesso, fatto di istinti, disuguaglianze economiche e libero mercato.