Matteo Zuppi
Leader della sinistra
Dio ci deve delle spiegazioni, diceva Freak Antoni, dopo aver sostenuto che Egli esisteva, ma ci odiava. Stefano Benni scrisse che ci fa una figura migliore a non esistere, invece, se - il non detto - il suo creato è ’sta sbobba qua. John Lennon immaginava un mondo senza religioni e forse è per questo che non è finito né in Cielo né sottoterra, che peraltro sosteneva non esistessero, ma nella nostra memoria. Che, scintilla dopo scintilla, diventerà la memoria altrui. Frutto della finita trascendenza che l’Uomo porta con sé, pedestre e pauroso com’è. Tutto questo per dire, senza tema di noia, che il vostro recensore non crede. Credeva, credette, ha creduto, causa rimbalzi familiari e consuetudine ambientale, per la precisione cattocomunista. Ma un bel giorno ha conosciuto pure lui, pure io, quel bel monologo di Steve Carlin sull’essere perfettissimo che tutto vede, tutto dispone, tutto governa attraverso la lista delle dieci cose che non devi fare, trasgredita una sola delle quali ti manda a soffrire per l’eternità, ma ti ama, e vuole il tuo 8x1000 (questo nella versione di Daniele Luttazzi). E ha smesso, ho smesso, di credere.
Così, a differenza dei cattolici, posso scegliere. Loro no. Loro dovrebbero prendere il pacchetto completo, che non prevede l’obbligo di baciare madonnine in pubblico, ma quello di amare il prossimo, da dovunque venga, su un barcone tra la Libia e l’Italia o in viaggio tra Gerusalemme e Gerico. Loro, non io, non dovrebbero fare figli fuori dal matrimonio, non dovrebbero tradire, dovrebbero porgere l’altra guancia. Loro, non io, dovrebbero considerare il Papa infallibile anche quando, invece di alzare barriere, abbatte muri. Di Berlino o, più recentemente, di ipocrisia. Loro non possono scegliersi i cardinali da ascoltare, io sì.
A Bologna, dai cui lombi provengo, ci toccò in sorte Giacomo Biffi. Parlandone da vivo, un destrone mandato da Giovanni Paolo II a redimere le pecorelle rosse. Molto distante dalla Misericordia, almeno quella che frequentiamo noi senza Dio, ma di spessore. Gli succedette Carlo Caffarra, uno che pareva un filo troppo spigoloso persino a Ratzinger. Un cerbero. Un fustigatore. Un uomo d’altri tempi, se per altri tempi si intende il Concilio di Trento.
Poi Papa Francesco ha nominato Matteo Zuppi. E Matteo Zuppi fa quel che ogni sacerdote potrebbe e dovrebbe: parla ai “propri” ma parla anche a quelli come me.
L’altra sera, ospite da Fabio Fazio, con quella voce alla Flavio Insinna, il sorriso in levare, la parola pacata ma non debole, ha spiegato che possiamo fare grandi cose se non parliamo da grandi, ma se da grandi vogliamo bene. Ha aggiunto che l’amore è la vittoria sulla paura, il nemico che tutti cavalcano, e che non può essere neutrale, che si schiera sempre, si schiera con l’uomo. Ha difeso il suo principale dal turbinio di hater che usano l’odio per la loro essenza di cattivi cristiani. Dalle mie parti, la terra un tempo più rossa d’Italia, abbiamo sempre usato quell’aggettivo, “cristiano”, come sinonimo di persona. Ringrazio il mio vescovo per aver sovrapposto quei termini anche nel suo parlare. Aggiungendo che l’inferno non ha le fiamme: l’inferno è la rassegnazione. Una delle cose più di Sinistra che abbia mai sentito da quando sono nato. Grazie.
Giudizio: Amen