È uno degli editorialisti più autorevoli del Venezuela. Poi ha criticato il regime. Da allora Tulio Hernandez è in fuga. Qui racconta come il Paese è arrivato a questo punto. E spiega perché ora tutto è in mano all'esercito

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Tulio Hernandez è stato costretto a lasciare il Venezuela nel 2017. Sociologo e giornalista, ha subito una serie di minacce e attacchi dai media governativi in risposta alle sue posizioni anti Maduro espresse in una rubrica che ?per 20 anni ha pubblicato sul quotidiano El Nacional.

Lei è stato costretto all’esilio perché volevano arrestarla. Cosa è successo?
«Il numero di persone che ha dovuto lasciare il Paese per sottrarsi a processi truccati, mandati di cattura arbitrari e minacce di morte e detenzione è molto grande, difficile da calcolare perché fa notizia solo quando si tratta di persone pubbliche. Nel mio caso fu lo stesso Nicolás Maduro, su una rete televisiva nazionale, a dichiarare che “Tulio Hernández doveva essere imprigionato”. Ma l’incidente decisivo si è verificato quando gruppi paramilitari governativi (una specie di camicie nere di Mussolini) hanno preso d’assalto l’abitazione di mio fratello. A quel punto scrissi ?un tweet in cui dicevo che le persone avevano diritto a difendersi. Il giorno dopo qualcuno è morto per una bottiglia di acqua ghiacciata lanciata da un edificio, da lì è iniziata una campagna contro di me. Sono stato accusato di aver dato l’ordine di uccidere la vittima di quell’incidente, un’attivista chavista. Hanno detto di avere una telefonata in cui davo l’ordine. Cosa falsa, non hanno mai prodotto quella intercettazione semplicemente perché non esisteva».

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«Sostengo la Costituzione che ordina al presidente dell’Assemblea nazionale di assumere la guida ad interim della Repubblica in assenza del presidente. Le elezioni che hanno rieletto Maduro sono state irregolari. In primo luogo, perché l’Assemblea costituente nazionale che ha convocato il voto,  un organismo creato ad hoc da Maduro, era incostituzionale per non parlare dell’impedimento alla partecipazione alle elezioni dei partiti politici d’opposizione (Prima la Giustizia, Azione Democratica e Volontà Popolare) e la mancanza di tempo per garantire le funzioni elettorali standard. Guaidó è stato dunque costretto dalla Costituzione a guidare la transizione verso il ritorno ?alla democrazia, chiedendo elezioni libere».

L’esercito sta riaprendo, quale posizione prenderà in fine?
«È molto difficile prevedere cosa farà l’alto comando delle Forze Armate. Conosciamo tutti il ??grande malcontento che esiste nelle caserme, ma anche che ?gli ufficiali che gestiscono le truppe sono sorvegliati, marcati uno ad uno come nel calcio, da agenti dei servizi segreti, in particolare da uomini del G2 cubano e delle agenzie di intelligence iraniana e turca che sostengono il regime di Maduro. Sappiamo anche che ci sono più di 300 ufficiali di alto e medio livello detenuti e molti di loro sono stati torturati. Eppure, dal 23 gennaio quasi ogni giorno un generale, un colonnello o un tenente, rilasciano dichiarazioni pubbliche riconoscendo Guaidó. C’è anche il fenomeno di picchetti pieni di polizia ?o di guardie nazionali che si rifiutano ?di reprimere e aprono la strada a manifestazioni di protesta abbracciando ?i manifestanti».

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«È un comportamento già noto ai venezuelani. I chavisti sono guide terribili, amministratori indisciplinati, ignoranti nell’esercizio della gestione pubblica, ma sono molto astuti, usano ogni stratagemma e trucchi per rimanere al potere. Ogni volta che vengono messi all’angolo ricorrono alla risorsa del dialogo che rifiutano sistematicamente quando riescono a reprimere le insurrezioni. Ma non c’è dialogo possibile perché non siamo in una guerra civile, né in uno sciopero nazionale. L’unico dialogo possibile è con la gente, gli elettori, i cittadini, che vogliono decidere in libere elezioni con osservatori internazionali e un arbitro neutro. Maduro non ha scrupoli. Ha insultato la Chiesa cattolica, ha detto che i cardinali sono diavoli con l’abito talare dietro cui si nascondono pedofili. Ha fatto distruggere le chiese in cui si sono rifugiati i manifestanti in fuga dalla la polizia e ora chiede la mediazione di quella stessa istituzione che odia con tutta la forza ?del suo cuore perché la considera “l’oppio del popolo”».

Non è possibile mantenere il Paese in equilibrio con due presidenti. Cosa succederà?
«Questa è una partita a scacchi che si gioca su tre diversi tavoli: i consigli nazionali, la resistenza democratica con il sostegno popolare e il chavismo di Maduro con il supporto delle Forze armate, i gruppi paramilitari e i fronti di guerriglia dell’Eln colombiano. Ciò che i venezuelani vogliono di più, è che prevalga il rispetto della Costituzione, affinché il ruolo chiave sia dei civili, senza spargimento di sangue ?a causa di colpi di Stato o interferenze di truppe straniere. Ma tutto dipenderà da ciò che decide l’esercito. Poiché sappiamo già che Maduro preferirebbe immolarsi ?piuttosto che ricorrere alla Costituzione».