Inchiesta
Esclusivo: così la Russia inonda di soldi il congresso di Verona
Dietro il raduno per la famiglia della destra oscurantista si celano una rete di oligarchi di Mosca, integralisti Usa, cattoleghisti. E una pioggia di denaro offshore
Bandiera russa trionferà? Dal 29 al 31 marzo la splendida Verona, che nel Medioevo seppe dare rifugio a un migrante italiano chiamato Dante, viene trasformata in una capitale nera, teatro della tredicesima edizione del cosiddetto Congresso mondiale delle famiglie. Un raduno della destra oscurantista e integralista, che riunisce nazionalisti ortodossi russi, conservatori evangelici americani e ultrà cattolici italiani in una sorta di fronte neo-crociato. A organizzarlo, con l’appoggio della Lega di Matteo Salvini, è una rete di gruppi e associazioni anti-aborto, anti-divorzio, anti-gay, anti-scuola pubblica, che hanno l’accortezza di rovesciare i loro messaggi in positivo, presentandosi come movimenti per la famiglia, per il matrimonio (tradizionale, s’intende), per la vita, per l’istruzione fatta in casa.
Le polemiche politiche sui valori propagandati e sulla partecipazione di ben tre ministri del governo italiano rischiano però di oscurare l’interrogativo che in questi casi è fondamentale: da dove arrivano i soldi? Chi finanzia, chi controlla questi movimenti tradizionalisti tanto cari alla Lega? I documenti trovati dall’Espresso fanno emergere un fiume di finanziamenti riservatissimi, che partono dalla Russia di Putin, si inabissano nei paradisi offshore e, dopo vari passaggi e triangolazioni, entrano nelle casse di tutte le organizzazioni (e nelle tasche di molti relatori) del congresso di Verona.
Brian Brown è da anni il presidente del World congress of families (Wcf), la casa-madre dell’evento. Spalle larghe, gran sorriso, nato in California nel 1974, padre di nove figli, è cresciuto in una famiglia quacchera e si è convertito al cattolicesimo da adulto. Dal 2007 dirige la National organization for marriage, un’associazione che ha dato battaglia nei tribunali contro le norme liberal sulla famiglia, con risultati alterni. Il leader tradizionalista è legatissimo ai politici più potenti della destra religiosa americana, dai mormoni agli evangelici. Una sua creatura è la piattaforma ActRight.com, che ha smistato centinaia di migliaia di dollari per candidati alla presidenza come Ted Cruz o Mitt Romney. Nella primavera 2012 Brown è arrivato a raccogliere donazioni per 14 milioni. Ma da allora i contributi popolari si sono ridimensionati. Gli ultimi bilanci depositati (per legge) al fisco americano mostrano che la sua organizzazione ha chiuso il 2017 con un passivo di 300 mila euro. Nel 2015, il rosso era stato di oltre un milione, recuperato a fatica l’anno successivo. In compenso, altre carte mostrano che al posto dei dollari, nella rete del Wcf, sono arrivati i rubli.
Brown e la sua rete di organizzazioni americane, con cui compare tra i relatori e gli sponsor del meeting di Verona, hanno rapporti di ferro, economici e politici, con una cordata di oligarchi russi colpiti dalle sanzioni internazionali per il loro sostegno alla guerra civile in Ucraina e all’annessione della Crimea. Il più impresentabile è Konstantin Malofeev, nato nel 1974 nella regione di Mosca, che è diventato miliardario nel mondo della finanza con il suo gruppo Marshall Capital, creato nel 2005, che gestisce fondi d’investimento specializzati nell’acquisto, ristrutturazione e rivendita di aziende occidentali. Il suo nome è in cima alla lista nera degli oligarchi più vicini a Vladimir Putin: Malofeev è stato sanzionati da Usa e Ue con una motivazione durissima. Quindi rischia di vedersi sequestrare tutte le proprietà e conti bancari che venissero scoperti in Europa o Stati Uniti.
Il suo gruppo Marshall Capital controlla e finanzia con decine di milioni anche una fondazione religiosa, Saint Basil the Great, l’ente caritatevole più ricco e influente della Russia. Malofeev rivendica pubblicamente un ruolo di artefice della santa alleanza tra il presidente Putin e i vertici della chiesa ortodossa, ma è anche lo stratega dei legami, tenuti invece più riservati, con la destra religiosa americana ed europea. I suoi rapporti con le organizzazioni di Brown risultano documentati da più di un decennio.
La fondazione di Malofeev è stata per anni un grande sponsor delle precedenti edizioni del congresso delle famiglie, organizzate a Mosca o in paesi dell’ex blocco sovietico come la Moldavia. Ora, dopo le sanzioni, il nome dell’oligarca non è citato nel sito della International Organization for Families (Iof), l’organizzazione al vertice del network di Brown, ma nell’elenco dei suoi “partner” continua a comparire il simbolo della fondazione russa intitolata a San Basilio Magno.
LE PEDINE DELL'OLIGARCA
Alexey Komov, il relatore russo più atteso a Verona, è il rappresentante ufficiale del Wcf a Mosca ed è anche il braccio destro di Malofeev, che lo ha inserito anche nel direttivo della Saint Basil Foundation. In Russia la fondazione ortodossa ha ispirato, con attività di lobby e supporto ai parlamentari integralisti del partito di Putin, le più discusse leggi anti-gay e pro-religione. In questi anni Komov è diventato, tra l’altro, anche il segretario esecutivo della Commissione patriarcale per la famiglia, l’ente religioso che è presieduto dall’arciprete ortodosso Dmitri Smirnov, altro illustre ospite del congresso veronese.
Tra i grandi finanziatori del fronte neo-crociato c’è un altro potente oligarca russo, Vladimir Yakunin, ex presidente delle ferrovie statali, che fa parte della cerchia dei fedelissimi di Putin, cresciuti a San Pietroburgo e diventati miliardari sotto il suo governo. Anche Yakunin ha creato il suo ente religioso ortodosso, la Saint Andrew Foundation, che a sua volta è sponsor delle organizzazioni di Brown. Eppure anche lui è stato colpito dalle sanzioni di guerra americane, mentre non è stato inserito nella lista nera in Europa, dove la lobby filo-russa resta molto forte.
La saldatura con la destra cattolica europea si è manifestata al congresso del 2014, organizzato a Mosca. L’anno successivo Brown arringa i suoi fedeli in casa, a Salt Lake City, nello Utah, invitandoli a battersi per l’indissolubilità del matrimonio. La lobby che ha organizzato quell’edizione del congresso, il Sutherland Institute, dichiara al fisco americano di aver raccolto, quell’anno, oltre tre milioni e 600 mila euro. E di averne spesi 3,4 proprio per organizzare il nono congresso mondiale delle famiglie. I raduni neo-crociati, dunque, costano. Purtroppo i bilanci e i finanziamenti dell’edizione di Verona non sono pubblici, almeno per ora. Gli unici dati disponibili riguardano la propaganda su Internet, che è alla base di possibili donazioni dei comuni cittadini. Alla data di chiusura di questo articolo, il video di presentazione del congresso di Verona ha raccolto solo 77 “mi piace” su YouTube. E appena 17 commenti, in gran parte negativi. Su Twitter i fan sono fermi a 250, su Facebook a meno di tremila. Nonostante il clamore mediatico, insomma, la raccolta popolare di fondi si annuncia grama. L’unica certezza, per adesso, è che nelle più importanti edizioni passate, a far quadrare i bilanci sono sempre state le ricche donazioni estere.
L'INTERNAZIONALE NERA
A Mosca, nel settembre 2014, a pagare il conto è la fondazione di Yakunin. In Russia, quell’anno, arriva anche una corposa delegazione italiana. È guidata da Antonio Brandi, il presidente dell’associazione anti-abortista ProVita, oggi alfiere dello sbarco a Verona. I vertici americani e russi del Wcf sono presenti in forze, ma la guerra in Ucraina sconsiglia di usare il marchio made in Usa: la kermesse di Mosca viene ribattezzata “Olimpiadi del movimento pro-life che sostiene la famiglia naturale”. Come rivelano una serie di email degli organizzatori, pubblicate dalla testata online BuzzFeed, gran parte delle trasferte dei relatori vengono pagate proprio dalla fondazione Saint Andrew, cioè dall’oligarca russo. Ed è sempre Brandi a indicare i primi conferenzieri italiani da chiamare a Mosca, tra cui spiccano la psichiatra Dina Nerozzi, oggi relatrice a Verona, e una falange di esponenti di Forza Nuova, il partito di estrema destra che il suo leader, Roberto Fiore, ha potuto creare nonostante la condanna per terrorismo nero e banda armata. Tra gli invitati a Mosca compaiono così altri tre rappresentanti della formazione italiana anti-immigrati e anti-aborto, che sposa tradizionalismo religioso e nostalgie para-fasciste. È invece il russo Komov, il braccio destro dell’oligarca Malofeev, a inserire nella lista degli invitati altri italiani come Alessandro Fiore, figlio del leader di Forza Nuova, e Gianfranco Vestuto, il direttore di Russia news.
La fondazione di Yakunin, per il meeting di Mosca, paga le spese anche a un altro big del fronte integralista: lo spagnolo Ignacio Arsuaga, presidente di CitizenGo, l’associazione resa famosa dalle campagne con manifesti-shock contro l’aborto. Arsuaga è anche nel direttivo di un’altra organizzazione presente a Verona: l’Howard center for family, religion & society, creato nel 1998 in Illinois da Allan Carlson, anche lui atteso nella città dell’Arena. Dove però non sembra in grado di portare grandi contributi. Nell’ultimo bilancio depositato (2016), il suo centro dichiarava 740 mila dollari di entrate totali e 800 mila di spese.
Il presidente dell’Howard center è il solito Brian Brown, mentre nel direttivo, accanto ad Arsuaga, siede un altro personaggio chiave della rete integralista: Vicente Segu Marcos, leader della fondazione “Incluyendo Mexico”, un’organizzazione ultra-cattolica che, come ha rivelato il quotidiano spagnolo El Pais, ha beneficiato di donazioni milionarie. Che arriverebbero in gran parte da Patrick Slim Domit, figlio di Carlos Slim, uno degli uomini più ricchi del mondo, con un patrimonio stimato in oltre 60 miliardi di dollari.
Oltre a incassare soldi da oligarchi russi e miliardari messicani, i movimenti religiosi che sono protagonisti del congresso di Verona risultano anche beneficiari finali di una pioggia di finanziamenti segreti. Provenienti da una cordata di tesorerie offshore collegate alla Russia e all’Azerbaijan, un regime dell’ex blocco sovietico che ha acquistato grandi quantità di armamenti dal governo di Putin. Si tratta di cinque società anonime (Hilux, Polux, Lcm, Metastar e Jetfield) che hanno funzionato per anni come banche nere: tra il 2012 e il 2014 hanno incassato più di tre miliardi e mezzo di euro e li hanno redistribuiti tutti, segretamente, a beneficiari di mezzo mondo, in gran parte rimasti ignoti. Su quell’enorme flusso di denaro sono in corso indagini delicatissime, dalla Gran Bretagna alla Danimarca, dalla Germania agli Stati Uniti, che incrociano le più scottanti istruttorie sulla Russia di Putin. Anche la Procura di Milano ha aperto un’inchiesta su quelle offshore, che tra il 2012 e il 2014 hanno riversato due milioni e 390 mila euro alla fondazione di un politico italiano, il ciellino Luca Volontè, allora parlamentare e membro del Consiglio d’Europa, oggi sotto processo per corruzione.
Il conto della sua fondazione, chiamata Novae Terrae, funzionava come una porta girevole: incassava i soldi russo-azeri e li smistava a una rete mondiale di gruppi della destra religiosa, identificati da un’inchiesta giornalistica dell’Espresso pubblicata nel novembre scorso. I documenti bancari completi, che arrivano fino al 2017, ora mostrano che i fondi neri delle offshore, attraverso la fondazione di Volontè, hanno finanziato quasi tutte le organizzazioni del meeting di Verona. A cominciare dal World Congress of Families.
I bonifici di Novae Terrae, in particolare, finiscono al Sutherland Institute proprio per il raduno annuale del Wcf. Ma vanno anche a CitizenGo, guidata a Roma da Filippo Savarese. Alla costola italiana del gruppo francese La Manif pour Tous, poi diventata Generazione Famiglia con Jacopo Coghe. All’avvocato Gianfranco Amato, già organizzatore del Family day, che ora guida i Giuristi per la vita e il movimento politico Nova Civilitas. All’associazione Meter di Don Fortunato Di Noto. E alla Federazione europea delle associazioni famiglie numerose, di cui fa parte in Italia l’omonimo ente guidato da Mario Sberna. Tutti relatori attesi a Verona.
UN FIUME DI SOLI OFFSHORE
Gli importi dei singoli bonifici smistati da Volontè non sono mai esagerati: variano da duemila a ventimila euro, incassati dalle associazioni o dai loro rappresentanti, e vengono giustificati come donazioni o rimborsi spese. Ma nell’insieme le cifre sono notevoli, la distribuzione dei soldi prosegue per anni e le carte bancarie confermano che di fatto provengono tutti dalle tesorerie russo-azere. Il sistema è costruito sulle triangolazioni: a toccare i soldi delle offshore è solo il politico italiano, che provvede a girarli agli amici. In questo modo tutti i beneficiari finali possono dire, legittimamente, che ne ignoravano la reale provenienza.
Lo schermo di Novae Terrae resiste fino al 17 febbraio 2015, quando la Guardia di Finanza perquisisce la fondazione. Volontè, ormai indagato, lascia la presidenza al suo braccio destro (un amico che conferma di aver sempre preso ordini da lui). Dopo quella data-spartiacque, nel direttivo di Novae Terrae entrano anche il giurista Amato e un politico in carriera, Simone Pillon, oggi parlamentare e leader dei catto-leghisti, che rinuncia alla poltrona solo dopo il primo articolo dell’Espresso. Nel direttivo resta tutt’oggi Amato, che intanto con la sua Nova Civilitas stringe rapporti con la destra romana.
Di fatto tra il 2015 e il 2017, nel triennio di gestione allargata a Pillon e Amato, la fondazione Novae Terrae continua a distribuire soldi russo-azeri: almeno 560 mila euro incassati monetizzando obbligazioni bancarie comprate in precedenza proprio con i fondi delle offshore. Dopo le perquisizioni, il flusso russo-azero si blocca. E a soccorrere la fondazione ormai inquisita arrivano le prime donazioni di amici eccellenti. Dal Messico, il miliardario Patrick Domit Slim manda 66 mila euro divisi in quattro bonifici. La causale è una donazione per una ricerca accademica pagata da Novae Terrae, chiamata Indice globale della dignità umana. Altri 15 mila euro, con la stessa giustificazione, arrivano dal cardinale di Vienna, Christoph Schoenborn. A firmare la ricerca «in collaborazione con Novae Terrae» è l’università Cattolica di Milano, che la affida a un team di cinque studiosi che comprende Giovanna Rossi, docente di sociologia della famiglia, ora relatrice al congresso di Verona, e Gian Carlo Blangiardo, professore di demografia alla Bicocca, da poco designato presidente dell’Istat dalla Lega di Salvini, tra mille polemiche.
Altri bonifici, sempre tra il 2015 e il 2017, arrivano dagli alleati di CitizenGo e della National organization di Brown, che accoglie tuttora nel direttivo del Wcf mondiale l’italiano Volontè. Che a Verona, dopo i guai giudiziari, non compare tra i relatori ufficiali, anche se nel sito di Novae Terrae campeggia ancora la sua foto, tra i big russi e americani, all’ultimo congresso del 2018 in Moldavia. L’edizione più fortunata resta però quella di Mosca. Alexey Komov, commentando con l’oligarca Malofeev il successo mediatico del meeting del 2014 in Russia, si lasciò scappare una frase da guerre stellari, degna di un nostalgico degli zar: «L’Impero colpisce ancora».