Ho vent'anni e vi dico: l’ambiente riguarda tutti ma voi non lo capite
Un problema collettivo. Che giovani e adulti possono risolvere insieme. La testimonianza di una ragazza che il 19 aprile sarà a Roma per manifestare con il movimento “Fridaysforfuture”
ventenne-jpgAmo volare. Era il mio più grande sogno quando ero bambina, stroncato dai miei occhi troppo fragili. Mi sono dovuta rassegnare: non potrò fare l’aviatrice. D’altronde - Greta lo sa benissimo - gli aerei di oggi emettono ancora molti, troppi gas serra; ma il sogno di volare non ha mai lasciato il mio cuore, ed ogni giorno ritrovo questa passione nelle mie emozioni, nello svolgimento dei miei pensieri. Tuffarsi nel vento, vedere la realtà in prospettiva; un balzo che è come un atto d’amore per un mondo che non è stato davvero abbandonato, ma si lascia osservare da un punto di vista nuovo, emergendo sconfinato dall’orizzonte.
Dopo aver accettato di non poter diventare pilota, è nata in me la passione per le etimologie. Quel mondo che desideravo guardare in prospettiva si è rivelato nelle parole. Pensare in prospettiva significa anche sapere che le parole non contengono visioni statiche, ma sono proiezioni di orizzonti nei quali viaggiamo senza sosta. Lo stesso viaggio senza sosta che mi porta a Roma il 19 aprile a manifestare con Greta, la ragazza che non vuole volare, e che pure sta suscitando in milioni di persone un decollo senza precedenti nella consapevolezza, nella realizzazione che il mondo non è un eterno presente ma cambia, muta e può degenerare in tempi brevissimi, se non ci affrettiamo ad uscire dalle nostre torri e non impariamo a guardare il pianeta come un insieme che scorre e può morire se non ce ne prendiamo costantemente cura.
È vero, ecologia deriva dal greco òikos, “casa”, “dimora”, ma anche da lògos, non solo “parola”, “discorso”, ma pure “rapporto”, “relazione”. Così la parola ecologia si mostra in prospettiva e rivela una visione che va ben oltre i limiti del cortile domestico: la gestione corretta delle proprie risorse, delle relazioni nell’ambito dei propri spazi. Quegli spazi che coincidono con il pianeta intero, la dimora di tutti gli esseri umani. Un problema collettivo in cui nessuno può essere lasciato indietro e che non può essere affrontato da un solo punto di vista: una visione che chi manifesta per la giustizia climatica sa essere di per sé complessiva, plurale, inclusiva.
Quando penso a Greta Thunberg non riesco a considerarla una “ambientalista”, termine che non mi è mai piaciuto perché lascia intendere che l’ecologia possa essere una questione di parte, non è così. L’ecologia riguarda tutti, non è una corrente di pensiero fra le tante ma la consapevolezza della responsabilità nel momento in cui compiamo ogni nostra scelta, ben prima dei nostri orientamenti personali. Nessuno come Greta è mai riuscito a smascherare questo equivoco con tanta chiarezza.
Greta ci vuole mettere faccia a faccia con il panico, ci vuole scagliare fuori dal cortile e portarci a vedere il baratro che abbiamo spalancato con le nostre stesse mani. C’è chi lo coglie come un fastidioso rimprovero; io che non ho visto gli anni d’oro dell’industria e del benessere e il mondo l’ho conosciuto in questo stato, lo vivo come una constatazione e un’esortazione a scegliere. Scegliere di morire nel baratro che vedo immediatamente davanti a me, o di imparare a volare. Senza l’aereo. Ma non sarò da sola.