I piromani politici che soffiano sul fuoco della rabbia non li fermi con una manovra di Palazzo
Serve una visione alternativa, una prospettiva di giustizia. Perché le varie crisi sono state sintomo dell’incapacità di disegnare politiche in grado di ridurre le disuguaglianze sociali
La migliore conoscenza è la conoscenza del contesto, la migliore attività è la salvaguardia del contesto stesso, recita un vecchio adagio. Conoscere e salvaguardare il nostro contesto presuppone un’indagine approfondita sulla genesi e sulla natura delle dinamiche che minacciosamente imperversano, come un vento tempestoso, le nostre vite umane. L’efficacia di un simile esercizio sarebbe altresì determinata dalla capacità di resistere alla tentazione semplicistica di concentrarsi unicamente sugli effetti e sulle conseguenze del vento. A questo riguardo, l’infrastruttura politica ed in particolar modo la sua crisi sono parti integranti della sovrastruttura dell’attuale sistema economico, sociale e culturale.
La crisi che sta attraversando la vita politica in Italia e quella su scala internazionale è sintomo di una crisi sistemica con profonde ramificazioni nella società. Questa situazione rischia di coagulare eterogeneamente il dissenso in un contesto sociale dove milioni di persone impoverite, che vivono in condizione di precarietà lavorativa e vulnerabilità esistenziale, diventano prede dei piromani della politica e dei disorientatori della società.
I piromani della politica, che soffiano sul fuoco della disperazione e predicano l’inimicizia per stare nei palazzi della politica, si sono inseriti e insediati in questo tessuto con un cinismo razionale. Mentre i disorientatori della società, che promettono di farsi portatori delle istanze generali della popolazione, sono finiti per essere fagocitati nella politica di palazzo dalla seducente forza centripeta e calamitatrice dell’esercizio del potere. I piromani e i disorientatori sono abili a intuire e a intercettare i disagi che affliggono gran parte della popolazione senza tuttavia, volutamente o inconsapevolmente, risolverli. Questi ultimi hanno abilmente costruito la propria fortuna politica esasperando le paure e esacerbando le speranze delle popolazioni.
Pensare di contrastare questi attori, ovvero i piromani della politica e i disorientatori della società, attraverso mere manovre di palazzo sarebbe un disperato e illusorio esercizio che avrebbe come effetto il rischio di ampliare il loro consenso. Queste pratiche allontanano la politica dalla vita reale considerato che sono una sorta di fuga dalla realtà fatta di bisogni materiali e immateriali delle persone. Questo allontanamento genera due mondi che divergono in modo parallelo e che a stento si comprendono. Tuttavia, sembrerebbe che l’unico punto di intersezione in cui questi due mondi si sfiorano sia un angusto spazio virtuale della spettacolarizzazione e del trasformismo dove la sfera reale è costretta ad osservare impotentemente il mondo politico impegnato in performance acrobatiche di palazzo non privo di interessi e ambizioni personali.
Negli ultimi anni, il corso ciclico delle varie crisi è stato sintomo dell’incapacità di disegnare politiche che aderiscono alla realtà e in grado di incidere sui fattori che sono alla base delle disuguaglianze sociali. La sfida oggi consiste nell’idratare gli assetati e sfamare gli affamati di bisogni, di sogni e di desideri per una società umana. In questo contesto tentato dalla disperazione e dalla rassegnazione, il vento della disumanità non si ferma con manovre di palazzo ma attraverso una visione di società alternativa all’attuale sistema economico-sociale.
Una visione politica capace di costruire una prospettiva di giustizia sociale, fiscale e ambientale in un contesto in cui la crisi climatica continua a mettere a dura prova la tenuta del nostro unico pianeta. Tale processo deve essere interpretato da un agire politico che abbia il senso del ritegno, che possegga una certa dimensione del pudore, che sappia usare responsabilmente il linguaggio e che articoli il disarticolato. A tale riguardo, come diceva Gramsci, abbiamo bisogno di un impegno politico in cui «l’ipotesi non è di fatti inerti, di materia sorda alla vita; la fantasia in politica ha per elementi gli uomini, la società degli uomini, i dolori, gli affetti, le necessità di vita degli uomini».