Presentato a Roma il primo studio di impatto economico e sociale della Lega Pro. Alla presenza del ministro Spadafora e del sottosegretario Manzella

Esiste il calcio di serie A, quello dei Ronaldo e degli Ibrahimovic, che produce favolosi guadagni, business milionari, addirittura miliardari per i diritti tv (e anche tanti debiti...). Ma esiste anche un calcio minore, quello di serie C, il cui valore economico non era mai stato misurato. Fino a oggi. E che, fatte le debite proporzioni, contribuisce comunque in modo significativo, alla crescita del sistema Italia.

Stamattina all'hotel Boscolo Circo Massimo di Roma, alla presenza del ministro per la Gioventù e lo Sport Vincenzo Spadafora e del sottosegretario allo Sviluppo Economico Gian Paolo Manzella, è stato presentato il “Primo studio di impatto di Lega Pro” realizzato in collaborazione con ItaliaCamp. I dati più significativi: la terza serie del calcio italiano genera un valore economico e sociale per il Paese di 580 milioni di euro l'anno. Ogni euro distribuito o investito dalla Lega Pro e dalle sessanta squadre divise in tre gironi che formano i campionati produce 2,9 euro per l'intero sistema economico. E va ad aiutare, soprattutto, quell'Italia di provincia dove i team sono radicati. Non per caso la serie C ama definirsi la “Lega dei Comuni d'Italia” per la capillare distribuzione sul territorio da Nord a Sud: 17 regioni rappresentate, 1230 calciatori professionisti tesserati, 12770 ragazzi nei settori giovanili, 318 attivi nella quarta categoria, il campionato dedicato ai portatori di disabilità intellettive e relazionali; 17 milioni di appassionati coinvolti, 1,5 milioni di spettatori alle partite del girone di andata di questa stagione.

Alla presentazione del rapporto erano presenti anche il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina, naturalmente il presidente della Lega Pro Francesco Ghirelli con la sua vice, l'attrice Cristiana Capotondi.

Ghirelli, oltre a sottolineare l'importanza dello studio che definisce il perimetro economico entro il quale si muove la sua organizzazione, non ha voluto nascondere i problemi. Ha detto: “C'è un problema di sostenibilità. Non possiamo rischiare di ridimensionare il numero dei club perché verrebbe meno una parte fondamentale di quel reticolo economico e sociale che contribuisce a tenere il piedi l'Italia”. Chiaro il riferimento alla richiesta di defiscalizzazione per le società di serie C, misura sulla quale è aperto il confronto con il governo e che nel dicembre scorso ha portato anche al bocco di una giornata del campionato.