Registi. Direttori artistici. E persino attori. In ogni categoria del lavoro teatrale gli uomini sono sempre molto più numerosi delle donne. Ora però parte il contrattacco. Nel nome del pubblico. Che è sempre più femminile

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Tra loro si chiamano “le Amlete”, sono un centinaio, sparse per tutta Italia. Attrici di teatro e dell’audiovisivo, obbligate a fermarsi durante il lockdown, hanno trasformato quel momento in un’occasione per riflettere sui loro diritti. Da quei tavoli è nato il progetto Amleta. «L’obiettivo è di evidenziare e colmare le disparità di genere nel mondo dello spettacolo, con un’attenzione particolare al tema della violenza», racconta Cinzia Spanò, una delle fondatrici. «Amleto è il grande protagonista della storia del teatro e noi su questa “o” finale apportiamo una piccola correzione, perché da oggi protagoniste vogliamo essere anche noi donne».

Il movimento nasce dalla consapevolezza che il teatro non sia ancora cosa da donne. «Le percentuali di occupazione sono sproporzionate e le posizioni di vertice restano appannaggio degli uomini», spiega Monica Faggiani, attrice e attivista di Amleta. La conferma arriva dai dati che Amleta ha raccolto, prendendo in esame gli spettacoli del triennio 2017-2020 nei teatri nazionali e nei teatri di rilevante interesse culturale (Tric), cioè quelli che ricevono maggiori finanziamenti e raccolgono più pubblico. Il quadro emerso racconta che la voce delle donne è ancora flebile: se le attrici sul palcoscenico oscillano tra il 34 e il 37 per cento, i numeri si abbattono per le drammaturghe, che sono solo il 12 per cento, e per i registi, per l’87 per cento uomini. Tra i direttori artistici dei teatri nazionali non c’è nemmeno una donna, mentre tra i Tric se ne contano solo sei, a Palermo, Catania, Milano, Napoli, Parma e Ancona.

La mappatura è parte di una ricerca europea che terminerà nel 2022, condotta dall’European Arts and Entertainment Alliance e dall’associazione PEARLE-Live Performance Europe, per fornire una panoramica sull’uguaglianza di genere. I dati sono ancora in elaborazione. Ma da studi precedenti, altrove la disuguaglianza non raggiunge i livelli italiani. Ad esempio, studi condotti in Irlanda nel 2017 e in Spagna nel 2019 denunciano che le percentuali di drammaturghe erano rispettivamente il 28 e il 22 per cento e quelle delle direttrici artistiche il 37 e il 25 per cento. «Qualcosa sta cambiando, però: nel Regno Unito ora ci sono quote di genere per gli attori e in Spagna molti teatri si sono dati la mission della parità di genere, come il Teatro Nazionale della Catalogna che nel 2020 ha avuto 13 spettacoli su 28 scritti da donne» spiega Cinzia Spanò. Per questo si stanno costituendo come associazione, per riuscire a far arrivare la loro voce alle istituzioni e discutere dell’altro tema portante di Amleta: la violenza sulle donne.

Da una denuncia raccolta la scorsa estate e che ha portato all’arresto di un regista accusato di stupro, è nato l’Osservatorio di Amleta. «In quel caso si trattava di un cane sciolto, ma c’è un sistema di abusanti e predatori coperti da anni», denuncia Spanò. L’Osservatorio raccoglie le segnalazioni di molestie e abusi tramite mail e mette in contatto le attrici vittime di violenza con avvocate specializzate. «Nel mondo dello spettacolo non è facile tracciare il confine tra ciò che è lecito o non è lecito fare con il corpo delle attrici durante i casting o le prove. E spesso registi definiti “geniali” hanno in realtà comportamenti scorretti o violenti».

Diritti
Nasce Moleste, il sito che raccoglie le voci delle donne abusate nel mondo del fumetto
23/11/2020
Tra le segnalazioni arrivate c’è anche un caso di revenge porn: scene di uno spettacolo con nudi artistici sono state rubate e caricate su un sito porno. La considerazione del corpo femminile nello spettacolo è un tema delicato, come dimostra lo scarso rilievo e i contrasti che ha incontrato il movimento MeToo in Italia. «A me interessa che non ci sia un sistema che chiede alle attrici di vendersi per lavorare, la risposta della donna è assolutamente secondaria, figlia di quel sistema», dice Faggiani.

L’impegno di Amleta è soprattutto per le più giovani, colleghe che muovono i primi passi e che potrebbero sentirsi sole di fronte a un abuso ma anche per le nuove generazioni di spettatrici, verso le quali sentono la responsabilità della loro narrazione. «La voce delle donne non c’è: la stragrande maggioranza del pubblico che siede in platea è donna e ascolta storie scritte da uomini. Bisogna portare sulla scena il punto di vista femminile».