Nel giorno in cui è stata prolungata di altri 45 giorni la custodia cautelare per Patrick Zaki, il presidente egiziano arriva in Europa. Ad attenderlo, a Parigi, non c’è la riprovazione per gli abusi, ma un'accoglienza trionfale 

La storia è spesso fatta di coincidenze.
Quelle legate alla visita di stato del presidente egiziano al-Sisi in Francia sono lo specchio del doppio standard europeo sui regimi autoritari.
Ieri, il programma ‘Quotidien’ di Yann Barthès ha mostrato le immagini del conferimento ad al-Sisi della Legion d’Onore, la piu’ alta onorificenza francese, da parte di Macron.
Le immagini del cerimoniale provenivano, però, non dai media francesi ma dagli organi di stampa ufficiali del regime egiziano.
I media francesi, infatti, a testimoniare gli onori militari e la serata di gala non c’erano.
Ammessi alla breve conferenza stampa di lunedì scorso, seguita all’incontro tra Macron e al-Sisi, ma significativamente, non invitati a coprire gli impegni successivi che, peraltro, non figuravano sull’agenda del Presidente francese.
"Perché l'Eliseo ha voluto nascondere queste immagini?" ha chiesto il presentatore di ‘Quotidien’ Yann Barthès durante il programma.
Già, perché?
Per le coincidenze in cui si muove la storia, forse.
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Al-Sisi visita Parigi nei giorni delle udienze per la liberazione dello staff di EIPR e dello studente egiziano dell’università di Bologna Patrick Zaki.
Arrestati i tre, con l’accusa di terrorismo, una forma di ritorsione dopo un incontro con numerosi diplomatici occidentali.
Hanno trascorso due settimane dormendo su letti di ferro senza materassi né abiti invernali, nella tristemente nota prigione di Tora, considerata una delle peggiori al mondo.
Le organizzazioni in difesa dei diritti umani denunciano da anni le terribili condizioni del carcere, le sistematiche violazioni dei diritti umani e le torture perpetrate al suo interno.
Dopo la liberazione, il Tribunale del Cairo per l’antiterrorismo, accogliendo l’accusa della Procura generale dello stato ha congelato i conti correnti bancari dei tre esponenti di EIPR, decisione assunta senza aver prima ascoltato la difesa presentata dai legali dell’organizzazione a cui è stato di nuovo negato l’accesso agli atti giudiziari.
La Legion d’Onore a al-Sisi, altra singolare coincidenza, giunge pochi giorni dopo la decisione dell’Unione Europea di stabilire un regime simile al ‘Magnitsky Act’ americano che consente ai 27 stati membri di sanzionare – congelando beni e imponendo divieti di viaggio - i responsabili di violazioni di diritti umani, atti come il genocidio, la tortura, la schiavitu’, le esecuzioni extragiudiziali, arresti e detenzioni arbitrarie.
L’accordo prevede che il Consiglio europeo, composto dai 27 governi, agisca su proposta di uno Stato membro o dell’Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e stabilisca e riveda l’elenco delle sanzioni. Dilemma, e limite dell’accordo: per applicarlo serve l’unanimità.

L’Europa che una volta ancora si dichiara unita in difesa dei diritti umani, eppure le parole, in fila, ’abusi, torture, detenzioni arbitrarie’, sembrano la descrizione precisa del trattamento degli oppositori politici sotto al-Sisi.
Invece il presidente egiziano arriva in Europa nel giorno in cui è stata prolungata di altri 45 giorni la custodia cautelare per Patrick Zaki, ricevuto tra lussi e sontuosità.
Ad attenderlo, a Parigi, non c’è la riprovazione per gli abusi, ma una parata militare tra l’Arco di Trionfo e l’Eliseo.
Intanto Zaki scopriva di essere destinato al carcere di Tora per un altro mese e mezzo.
Decisione, quella del Tribunale del Cairo, che non incrina l’incontro tra Macron e al-Sisi, per paradosso, lo rafforza.

Le organizzazioni internazionali in difesa dei diritti umani hanno contestato la visita, 17 gruppi umanitari hanno rilasciato una dichiarazione congiunta accusando Macron di chiudere un occhio sulle crescenti violazioni delle libertà da parte del governo di al-Sisi, ma la posizione del presidente francese è stata di assoluta prossimità e vicinanza con l’omologo egiziano.

Macron ha affermato, durante la conferenza stampa di lunedì scorso, che non condizionerà la vendita di armi all’Egitto alla difesa dei diritti umani, perché non intende indebolire il governo di al-Sisi nella sua azione di contrasto al terrorismo nella regione: "È più efficace avere una politica di dialogo esigente che un boicottaggio che ridurrebbe solo l'efficacia di uno dei nostri partner nella lotta al terrorismo", ha detto.
Francia e Egitto condividono interessi geopolitici: l’instabilità della regione del Sahel, e la posizione in Libia, l’appoggio cioè al generale Khalifa Haftar nella parte orientale del paese. E naturalmente l’interesse economico principale, che risponde alla voce armi: tra il 2013 e il 2017 la Francia è stata il principale fornitori di armi in Egitto.
Anche durante la sua visita di stato a Parigi, al-Sisi ha continuato a respingere le accuse di violazione dei diritti umani, sostenendo una volta ancora che sia inappropriato per altri stati suggerire a un presidente come deve agire per tutelare il suo popolo e la stabilità del suo paese.

Kenneth Roth, direttore esecutivo di Human Rights Watch, durante la visita del presidente egiziano, in Egitto, ha scritto un lungo e severo editoriale su Le Monde “le azioni contro l’EIPR – dice - sono arrivate sullo sfondo di un'altra mossa sfacciata dell'Egitto verso l'UE, che sta negoziando un nuovo accordo di aiuti con l'Egitto. In tutto il mondo, questi accordi sono normalmente condizionati al rispetto dei diritti umani da parte del destinatario. In passato, il governo egiziano aveva regolarmente firmato tali accordi. Ma negli ultimi due anni, ha rifiutato questa condizionalità.”
Roth critica i governi occidentali, suggerendo che facciano troppo pochi sforzi per chiedere, imporre, il rispetto di standard elementari dei diritti umani.
Come avevano già fatto, d’altronde, in seguito alla strage di Piazza Rabaa, quando in poche ore, nel 2013, l’anno del colpo di stato, 820 manifestanti dei Fratelli Musulmani furono trucidati dalle forze di sicurezza legate a Al-Sisi che allora era Ministro della Difesa.
L’impunità di quell’estate è stata la pietra angolare degli abusi degli anni successivi.
Scrive ancora Kenneth Roth a nome di Human Rights Watch “Sisi ha abilmente giocato la sua mano per fare appello agli interessi europei, presentandosi come un baluardo contro il terrorismo e le migrazioni, un amico di Israele e un prolifico acquirente di armi. I governi europei hanno accettato questo sporco affare al prezzo dei diritti e delle libertà del popolo egiziano. Ciò ha solo incoraggiato Sisi a mettere a tacere la manciata di voci indipendenti rimaste nel paese.”
Il cambio di amministrazione negli Stati Uniti sarà un ulteriore banco di prova della ricerca di al-Sisi di nuove alleanze o del tentativo di rafforzare quelle esistenti.
Nel settembre 2019, a Biarritz, in Francia durante il G7, mentre aspettava al-Sisi, Trump disse - abbastanza forte per essere udito da tutti i presenti – ‘quando arriva il mio dittatore preferito?’.
Otto mesi dopo, Mohammed Amashah studente con la doppia cittadinanza americana e egiziana, è stato rilasciato al Cairo dopo 16 mesi di detenzione.
Era stato arrestato nel marzo 2019 mentre esibiva in piazza Tahrir un cartello con la scritta "libertà per tutti i prigionieri politici".
Dopo la sua scarcerazione Joe Biden ha scritto ‘Arrestare, torturare ed esiliare attivisti o minacciare le loro famiglie è inaccettabile. Niente più assegni in bianco per il "dittatore preferito" di Trump.”
Niente piu’ assegni in bianco, ha scritto Biden.
L’Egitto sarà una delle prove del suo mandato, come da anni lo è per i governi europei, che si sono dimostrati distratti sugli abusi e concentrati sugli affari.
La tutela dei diritti umani è uno dei temi di rilancio delle relazioni transatlantiche approvate dal Consiglio d’Europa lo scorso sette dicembre.
“È giunto il momento di tener fede al nostro sostegno al multilateralismo, anche attraverso riforme indispensabili in seno alle organizzazioni internazionali, secondo modalità che ne preservino i principi fondanti — sanciti nella Carta delle Nazioni Unite — e rispettando i diritti umani” si legge
nelle conclusioni del Consiglio sulle relazioni Unione europea - Stati Uniti.
Ne preservino i principi fondanti.
Come difendere i diritti degli almeno 60 mila detenuti politici egiziani.







 

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